Sono nato Forestale 53 anni fa: merito di mio nonno, Capo vivaista forestale, che mi ha insegnato da piccolo a conoscere e a rispettare le piante e gli animali trasmettendomi così l’amore per la natura.
Nel 1988, anno del mio corso da allievo, il Dr. Carlangelo Bertini, direttore emerito della Scuola Forestale, ci assegnò un tema in cui spiegare le ragioni della scelta di entrare nel Corpo Forestale dello Stato. Nello svolgimento scrissi che le mie motivazioni riponevano essenzialmente nell’amore per un lavoro che non ritenevo un vero lavoro ma qualcosa che andava al di là, qualcosa che trascendeva il mero interesse economico. Ritenevo, scrissi, di avere la clorofilla nel sangue e ancora oggi riassumo così i miei sentimenti più reconditi. Era scritto nel mio DNA e, pur avendo vinto un concorso per Vice Brigadiere dei Carabinieri prima e Agente ausiliario della Polizia di Stato poi, la mia vita era e doveva essere nel Corpo Forestale dello Stato.
Quelli erano anni in cui si entrava nell’Amministrazione per passione attraverso una adeguata selezione e istruzione. Per fare il Forestale era preferibile frequentare l’Istituto Tecnico Agrario e poi, per accedere al concorso, era bene acquisire una serie di attestati e patenti attinenti la professione anche lavorando d’estate da operaio nei cantieri di rimboschimenti, si sistemavano le frane, si salvavano gli animali… Passione non lavoro dunque .
Erano anni in cui i vivai forestali sfornavano milioni di piante che andavano a rinverdire le montagne. Anni in cui di incendi dolosi ce n’erano veramente pochi e non servivano aerei ed elicotteri ma solo pale, flabelli, sudore e sacrifici.
Poi sono arrivate le Regioni, le Comunità Montane e altri enti e con essi l’inesorabile declino. Così il vivaio in cui sono nato al pari di altri luoghi similari sono diventati (metafora dei tempi) desolati monumenti all’insipienza umana.
Nonostante questo delirio dissolvente il Corpo Forestale però è rimasto sempre ben saldo a presidio dei suoi principi.
Poi sono arrivati i sindacati interni. Beceri caproni! Tronfi di un potere “grimaldello” teso solo a rinnegare il passato e a svilire i valori fondanti dell’Amministrazione. Hanno iniziato con l’attaccare l’ASFD divenuta prima ex e successivamente costretta a ripiegare in UTB. All’ASFD veniva addebitato di essere uffici privilegiati, di essere “la Forestale di serie A”. Mi sono sempre chiesto quale forma di pazzia guidasse coloro che reclamavano l’abolizione della serie A per privilegiare la serie B.
Anche il “martello forestale”, simbolo e strumento fondamentale del Forestale per la corretta gestione dei boschi, dava fastidio agli stanchi sindacalisti nostrani! Per loro era meglio che il Forestale stesse sulle strade a controllare gli automobilisti piuttosto che studiare la botanica, la biologia, l’entomologia o la dendrometria, a proteggere insomma la nostra vita.
Stante queste forze disgregatrici fu facile allora per una certa politica reclamare la regionalizzazione del CFS.
Ci volle l’autorevolezza morale del Capo del CFS dell’epoca per neutralizzare il Decreto di regionalizzazione già adottato dal Governo e approvare subito dopo la legge di riforma. Questa, contrabbandata sordidamente sotto altra paternità, ebbe il merito di restituire all’Amministrazione dignità e autorevolezza, di inserirla fra le forze di polizia e di legittimarne la presenza nel Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica nel quale peraltro il Direttore Generale pro-tempore era già stato chiamato in segno di riguardo personale.
Purtroppo quella legge che avevamo salutato tutti come una inaspettata conquista diventò subito dopo uno strumento micidiale di premiazione o di punizione in mano a uomini che rispondevano solo alla politica di un certo colore. La riforma, concepita per accrescere autorevolezza e credibilità, venne subito utilizzata per interessi personali e sindacali ben noti a tutti e per favorire una classe dirigente ipertrofica e per lo più incompetente. Inoltre, imbevuti di protagonismo e incapaci di gestire il potere loro conferito, molti forestali, che tali nell’animo non sono mai stati, si sono compiaciuti di utilizzare le funzioni di polizia per improbabili operazioni giustizialiste facendo imbestialire (o ridere) le forze di polizia tradizionali che certamente se la sono legata al dito, come suol dirsi, farcendoci pagare il prezzo che conosciamo.
Ecco perché un Governo di irresponsabili ha potuto assecondare con tanta facilità le bramosie dei concorrenti decidendo di sopprimere nella indifferenza generale una Amministrazione che ha reso servizi straordinari al Paese per quasi due secoli. Gli italiani, narcotizzati dalle difficoltà in cui si dibattono, hanno creduto a questi millantatori, soprattutto il Capo del CFS, che hanno raccontato che si sarebbero realizzati dei risparmi e che le funzioni forestali sarebbero state potenziate. Sfrontate bugie che offendono il buon senso dato che tutti i Paesi hanno una “Forestale”, anche se con denominazioni diverse, al servizio del bene comune che è la natura.
In realtà la Forestale ha contribuito a rendere l’Italia una nazione migliore dal punto di vista ambientale. E’ stata la protagonista assoluta del riscatto sociale ed economico della montagna italiana, ha difeso piante, animali, aria, terra e acqua. Ha alimentato la coscienza ambientale con i suoi boschi a salvaguardia delle montagne, dei fiumi e dei laghi, ha realizzato la più imponente rete di sistemazioni idraulico-forestali a difesa delle valli, ha custodito la biodiversità nazionale, ha recuperato ambienti e reintrodotto animali dove scomparsi. Ha creato parchi e riserve, aree protette a tutela di uno straordinario patrimonio naturale per il futuro ed il benessere dei posteri.
Per queste cose meravigliose il Corpo è sempre stato amato e rispettato in virtù della sua altissima professionalità che non si improvvisa ma si costruisce giorno per giorno attraverso l’impegno e i sacrifici. Ora tutto è perduto: il 31 dicembre 2016 il benemerito Corpo Forestale dello Stato è cessato di esistere per mano di un potere politico spregevole, di un Capo del Corpo che ha avuto tutto e non ha dato nulla, per la gioia dei tanti giustizialisti che berranno dai pozzi che hanno avvelenato.
Antonio Di Lizia
Ex ispettore superiore pilota del Corpo Forestale dello Stato