Giacomo Corda – E si! come da tradizione, pure quel 24 agosto 2016, nella spensieratezza assoluta, anche se temporanea, mi accingevo a festeggiare il santo patrono della mia Lipari, ma una telefonata del mio comando interruppe la serenità, c’era bisogno di NOI nel Lazio ove la natura ancora una volta aveva mostrato i muscoli, ove colleghi della zona trascurando anche i propri cari, accorrevano immediatamente in aiuto alla popolazione colpita, ove tutti gli abitanti, in un contesto rurale montano e pedemontano si attendevano di vedere quella uniforme grigioverde, quegli anfibi sporchi di fango, il pandino verde….. che mai avevano deluso le loro aspettative. Molla tutto e vai dove il dovere ti chiama. Oggi il pensiero corre da voi amici e colleghi soprattutto Amatriciani ove ho operato, ove ho incontrato persone vere, ove seduto su un muretto qualsiasi si discuteva con gli anziani del luogo che non volevano abbandonare le loro abitazioni o aziende completamente distrutte per darsi appuntamento il giorno dopo per scambiare ancora 4 chiacchiere o accompagnarli a fare un giretto. Si, lontano dai riflettori e dalle fotocamere, nell’intimità della montagna come da tradizione FORESTALE. Nell’augurarvi un grosso in bocca al lupo spero che presto possiate tornare alla normalità. Un amico di Amatrice.
Mario Alesse – Anche mio figlio Sergio, Forestale, quella notte del 24 agosto è stato tra i primi ad intervenire ai soccorsi, ho ancora una registrazione di una telefonata che mi fece alle 06,00 mi diceva del disastro avvenuto, nella trasmissione “porte a porta” condotta da Bruno Vespa, andata in onda la sera successiva, nel grande schermo alle sue spalle fu mandata una foto che riprendeva mio figlio in primo piano, tra le macerie, insieme ad altri con una barella che trasportavano in salvo un terremotato, tutti erano ricoperti di uno strato di polvere. Quella foto è stata mandata solo perché il mio ragazzo era in abiti civili, se fosse stato in uniforme sono certo che non l’avrebbero fatta vedere. Successivamente, al Quirinale, ci fu una cerimonia per dare dei riconoscimenti a quanti avevano partecipato ai soccorsi; vigili del fuoco, carabinieri, polizia, volontari, ecc. con esclusione dei tanti Forestali che con spirito di sacrificio e abnegazione, avevano per primi partecipato hai soccorsi.
Un grazie, da parte loro, lo rivolgo al Presidente della Repubblica!!!!!
Pasquale Di Toro – Sì erano loro, i forestali, quel 24 AGOSTO 2016 ad Amatrice ero proprio lì: è stato un miracolato, era sotto metri di macerie (se non ricordo male ho anche un filmato). Era malconcio ma vivo è cosciente ! TROVATO DA UN CANE CHE INSISTEVA SU QUEL CUMULO DI MACERIE e si è scavato a mani nude fino a spuntare la sua testa
Giampiero Tasso – Parliamo del terremoto? Sul piatto in due anni sono stati messi un miliardo 776 milioni di euro. Molti meno di quanto sbandierava prima il toscano e poi Gentiloni. Soldi diceva il toscano messi dal governo PD.
Falso, falsissimo. Il governo ha messo di suo appena 570 milioni il resto del mucchio il fondo solidarietà della comunità europea. Un miliardo e 196 milioni.
Hanno fatto peggio delle menzogne, non sono riusciti nemmeno a spenderli, manca da assegnare 569 milioni di euro. Oggi a guardare i conti veri si scopre che mancano ancora due miliardi, ancora per coprire l’emergenza. E pensare che avevano promesso di mettere nel conto qualcosa come 7 miliardi e 600 milioni. Dove siano, nessuno lo sa.
Fonte commissione speciale del Senato e protezione civile.
Michele Sanvico – È il 29 aprile 2016. Mancano ancora quattro mesi alla prima scossa, disastrosa, del 24 agosto 2016. Quel giorno, quando ancora nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa sarebbe accaduto nel futuro, ormai tragicamente incombente, di quelle terre, il Consiglio Comunale di Norcia si riuniva per approvare la Deliberazione n. 6 del Piano Urbanistico Attuativo (PUA) per Castelluccio di Norcia.
“DELTAPLANO” ovvero una dissonanza paesaggitica che non c’era (e ora c’è) con una VINCA senza incidenza ambientale (!).
La Valutazione di Incidenza Ambientale, predisposta dalla Regione Umbria nell’ambito dell’iter autorizzativo che riguarda più progetti da realizzarsi a Castelluccio nella fase di emergenza post-terremoto, descrive il progetto del “Deltaplano” sul colle con incantevole vista sul Pian Grande a pag. 41. Dedicando ad esso una misera paginetta, più un paio di pagine di planimetrie e diagrammi.
Tutto qui? Sì, tutto qui.
La descrizione di questo progetto, così impattante sul colle di Castelluccio e ben visibile dal Pian Grande, si limita a meno di 300 parole, 21 righe di testo, che descrivono, tra l’altro, anche un’area di parcheggio che, poi, non sarà approvata dall’Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Si tratta delle stesse parole già diffuse alla stampa a fine luglio 2017, quando il progetto fu presentato al pubblico: «logica di rinaturalizzazione del sito e miglioramento paesaggistico dei progetti rivolti verso il Pian Grande», orientamento «al risanamento ed alla bonifica dell’ex-cava adiacente all’area in oggetto», «attento lavoro in sezione, incassando i due corpi di fabbrica per adeguarli alle linee del terreno», «prato per i tetti e materiali a basso impatto ambientale per tutte le opere di sistemazione e strutture portanti».
Nemmeno una parola sugli sbancamenti previsti sulla carne viva, naturale, vergine del colle. Nemmeno una parola sulle tre platee in cemento lunghe 40 metri. Nemmeno una.
Ma la VINCA non finisce qui. Comincia infatti, a pag. 51, la sezione dedicata all’«Identificazione delle potenziali incidenze ambientali». Si parlerà, in questa sede, di impatti sulla conservazione del sito, di soluzioni alternative, di ripristino futuro dello stato dei luoghi?
Se ne parla. Ma nei seguenti termini.
A pag. 55, si dichiara che «gli interventi previsti saranno realizzati in aree nelle quali non è segnalata la presenza di Habitat comunitari di cui all’All. I Dir 92/43/CEE, come rilevato anche in seguito ai sopralluoghi», e dunque la percentuale di «sottrazione Habitat» è esattamente «Nulla». Anche perché, scrivono, «in seguito ai sopralluoghi effettuati, non si rileva la presenza di specie vegetali di All. II e IV Dir. 92/43/CEE». Inoltre «la natura degli interventi e la loro ubicazione non coinvolgono direttamente habitat faunistici delle specie considerate e quindi l’incidenza può ritenersi non significativa».
Ma come è possibile, tutto ciò? Significa, forse, che il fianco della collina di Castelluccio, naturale e intatto nel punto dove è stato costruito il “Deltaplano”, non è parte dello stesso insieme di colli e montagne, parimenti intatti, che circondano il Pian Grande? Non contiene forse la stessa tipologia di vegetazione che circonda l’intero Pian Grande? Non fa parte dello stesso complesso naturalistico e paesaggistico? Non è soggetto agli stessi vincoli di conservazione del Sito di Interesse Comunitario IT5210071 “Monti Sibillini – versante umbro”?
Questa prateria è un “habitat” di interesse comunitario, esplicitamente menzionato nella famosa Direttiva 92/43/CEE, quella che istituisce i Siti di Interesse Comunitario, la rete “Natura 2000” e i vincoli di conservazione degli habitat naturali: si tratta dell’habitat classificato, all’Allegato I della Direttiva, con il codice 6210, vale a dire “Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte di cespugli su substrati calcarei (Festuco-Brometalia)”. Si tratta, come ci spiega il sito ‘Habitat Italia’, contenente il manuale italiano di interpretazione degli habitat di cui alla citata Direttiva, di «praterie polispecifiche perenni a dominanza di graminacee emicriptofitiche, generalmente secondarie, da aride a semimesofile […] comunità endemiche, da xerofile a semimesofile, prevalentemente emicriptofitiche ma con una possibile componente camefitica, sviluppate su substrati di varia natura».
In parole povere, sono gli stessi meravigliosi, incredibili, stupefacenti prati che ricoprono i versanti verdeggianti che guardano lo spettacolare oceano d’erba, a carattere maggiormente umido, del Pian Grande.
Ma tutto questo, nella VINCA redatta per il “Deltaplano”, si riduce a «Nulla».
Quindi, in quello specifico punto, non essendoci “habitat” di interesse comunitario da conservare, lì si può tranquillamente costruire. Anzi, se per assurdo portassimo all’estremo questo incredibile approccio, delineato nella VINCA, si potrebbe in tutta tranquillità affermare che l’intero colle di Castelluccio potrebbe essere serenamente edificato: tanto, non contiene “habitat”!
Ma, e ciò suona ancora più paradossale, gli estensori della VINCA trovano l’ardire di scrivere, con mano salda, le seguenti parole: «gli interventi in oggetto in relazione alla loro ubicazione, all’estensione e al contesto in cui vengono realizzati, si ritiene non possano generare alterazioni della qualità ambientale del sito». Per loro, sbancamenti e posa di platee di cemento non costituiscono affatto «alterazioni» del colle di Castelluccio, anche se – ammettono – «tuttavia considerazioni circa la potenziale incidenza negativa degli interventi possono essere fatte per quanto riguarda la fase di realizzazione del progetto (fase di cantiere), legate al disturbo sulla fauna ed al possibile ingresso di specie vegetali alloctone, sinantropiche e/o ruderali».
E dunque, secondo la nostra bella VINCA, si può costruire il “Deltaplano” in tutta tranquillità, essendo sufficiente avvertire gli operai di non fare troppo rumore per non arrecare disturbo ai cari animaletti che vivono nei dintorni.
Seguono, infatti, a pag. 67, le «Mitigazioni e prescrizioni», al fine di potere procedere alla «realizzazione del progetto nel modo più corretto, rispetto alle esigenze di conservazione derivanti dalla particolare natura dei luoghi nei quali saranno eseguiti gli interventi». Si tratta forse di limitare gli sbancamenti, di diminuire le cementificazioni? Niente affatto: sarà sufficiente, invece, prevedere «aree per la manutenzione dei mezzi meccanici, opportunamente rese impermeabili per contenere perdite accidentali di oli minerali e/o carburanti» e, sempre per non disturbare i poveri animaletti, fare uso di «mezzi meccanici […] dotati di filtri ed accessori in grado di attenuare le emissioni sonore e le vibrazioni», senza dimenticarsi che «dovrà essere evitato tassativamente il passaggio e/o la sosta dei mezzi al di fuori dei tracciati esistenti e in generale in aree interessate da vegetazione spontanea».
Con questi piccoli accorgimenti, più alcuni altri di pari significatività, si potrà tranquillamente procedere con le ruspe, per sbancare proprio quella «vegetazione spontanea» sulla quale – Dio non voglia! – bisognerà però accuratamente evitare di passare sopra con i cingoli.
Tutto qua.
Eccovi dunque servita la Valutazione di Incidenza Ambientale, o VINCA, realizzata per comprendere e analizzare gli impatti del “Deltaplano” nel cuore del sito SIC “Natura 2000” n. IT5210071 “Monti Sibillini – versante umbro”.
Conservazione del sito di interesse comunitario? Non è un problema.
Soluzioni alternative? Non se ne parla.
Futuro ripristino degli habitat? Nemmeno una parola.
Ma almeno, viene invocata la necessità di realizzare il progetto “per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica”, in una drammatica situazione emergenziale post-terremoto, così come reso possibile anche dalla legge (art. 9 del D.P.R. n. 357/1997), proprio per giustificare una costruzione che, con sbancamenti e cementificazioni, impatta in modo così pesante su questa porzione del sito SIC?
No. Non ve ne è bisogno. Perché l’impatto del “Deltaplano” sull’habitat, secondo la VINCA, è «Nulla». Perché – guardandosi attentamente in giro – lì «non è segnalata la presenza di Habitat comunitari». Non è quindi nemmeno necessario invocare quelle ulteriori giustificazioni, previste dalla legge, che potrebbero comunque rendere autorizzabile un progetto ad elevato impatto (impatto che – secondo loro – non c’è).
Costruire, dunque? Non ci sono problemi: si può.
Questa, quindi, è la VINCA per il “Deltaplano”. Sottoposta, a partire dal 29/09/2017, alla severa, puntigliosa valutazione dell’Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini, dopo essere stata protocollata con il n. 5181.
In data 29/09/2017, l’Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini la riceve, dalla Protezione Civile Regionale dell’Umbria
Il 10/10/2017, dopo soli undici giorni, l’Ente Parco invia alla Protezione Civile l’esito della propria valutazione.
A prima vista, sembrerebbe trattarsi di un vero e proprio record: ben cinque progetti (delocalizzazione di caseifici, di ristoranti, di negozi, posizionamento di soluzioni abitative d’emergenza (SAE) e di moduli abitativi collettivi), di grande impatto sul sito di Castelluccio, valutati in una manciata di giorni. Superficialità? No; si tratta, invece, di tempistiche ridottissime esplicitamente imposte dalle normative.
Infatti, l’Ordinanza del Capo della Protezione Civile n. 431 dell’11 gennaio 2017, emessa nel pieno del primo inverno della gravissima crisi sismica cominciata nel 2016, aveva stabilito, con l’art. 4, che tutti gli urgentissimi progetti di delocalizzazione, connessi alle esigenze critiche e indifferibili di assistenza alla popolazione, dovessero sì essere assoggettati alla VINCA nel caso ricadessero all’interno dei siti della rete “Natura 2000”, ma che «il procedimento di verifica, da porre in essere nel quadro della normativa e dei provvedimenti statali e regionali specificamente applicabili, deve concludersi entro 7 giorni, comprensivi anche della predetta valutazione, ove necessaria».
Un tempo, dunque, estremamente limitato. E lo stesso Ente Parco, nella propria risposta, non può che segnalare il fatto che «tale norma non consente di espletare il presente procedimento, di particolare complessità, nei tempi e con le modalità canoniche, anche tramite la richiesta di integrazioni e approfondimenti progettuali». L’Ente Parco, quindi, non sarà in grado di valutare la VINCA fornita dalla Regione Umbria con il rigore che sarebbe necessario in un caso così particolare, relativo ad un sito posto nel cuore più profondo dei Monti Sibillini.
Nel provvedimento n. 111 del 10/10/2017, a firma del Direttore l’Ente Parco segnala che il “Deltaplano” non insisterà affatto su di un’area già ambientalmente compromessa (ex-cava), ma sarà invece localizzato «in aree limitrofe al centro abitato di Castelluccio ove attualmente sono presenti seminativi e prati incolti ovvero aree prive di vegetazioni ricavate da ex sbancamenti/cave». Si parla, dunque, in massima parte di terreno vergine.
E ancora, il povero Ente Parco, costretto a un ‘tour de force’ valutativo da eseguirsi, a norma di legge, in soli sette giorni segnala, con toni quasi sconsolati, che, per quanto riguarda proprio il “Deltaplano”, «la progettazione, a differenza di tutte le altre fino ad ora pervenute in seguito all’emergenza sisma per aree SAE e/o delocalizzazioni, è tuttavia carente dei seguenti elementi: non vi è una relazione tecnica; non vi è un computo metrico delle opere da realizzare, non vi è il progetto di cantiere; […] non sono indicati i particolari costruttivi delle opere di urbanizzazione e delle aree esterne ma solo indicazioni sommarie in alcune tavole progettuali».
Insomma, un disastro: viene chiesto al Parco Nazionale dei Monti Sibillini di valutare una VINCA senza che sia stato fornito alcun vero progetto, anche se è chiaro che l’opera non sarà certo piccola, né tantomeno insignificante, essendo relativa alla «realizzazione di tre strutture definite come temporanee delle dimensioni di m. 12,2×64,6, m. 10,35×39,2 e m. 10,30×52», che di certo non sono proprio bruscolini.
E non è tutto. È chiaro che il versante di «seminativi e prati incolti» dovrà certamente essere sbancato, ma «non vi è, in particolare, alcuna indicazione di quali opere verranno utilizzate per il consolidamento dei versanti da riprofilare». Mancano, dunque, dati e informazioni specifiche e rilevantissime.
E poi, uno dei punti fondamentali di tutta questa vicenda. Se le tre monumentali strutture del “Deltaplano” sono «definite come temporanee» dalla Regione – come scrive lo stesso Ente Parco, con ironia quasi involontaria – allora perché «non vi è un piano di smantellamento delle opere a fine utilizzo né un progetto di ripristino dei luoghi»?
Già: perchè palese carenza?
E cosa scrive, l’Ente Parco, a proposito dell’impatto, sul Sito di Importanza Comunitaria “Natura 2000”, di quel “Deltaplano”, con i suoi tre voluminosi fabbricati?
Con tono parimenti sconsolato, il Parco ricorda che già nel parere preliminare rilasciato il 16/08/2017 «evidenziava forti criticità […] e forniva, per questo, soluzioni alternative che potessero garantire un migliore inserimento ambientale e paesaggistico delle strutture (ristoranti) da realizzare».
E di quali «criticità» si trattava? Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini non può che fare il proprio lavoro, segnalando che sussiste «un contrasto degli interventi previsti con le previsioni del Piano per il Parco che in zona “B” di “riserva generale e orientata” non consentono di “costruire opere edilizie […] eseguire opere di trasformazione del territorio, effettuare movimenti di terreno o trasformazioni dell’uso del suolo».
Insomma, anche il Parco non può che affermare la verità lapalissiana: come possono sbancamenti e cementificazioni essere compatibili con l’intangibilità totale dei suoli vergini del Parco Nazionale e di Castelluccio di Norcia in particolare?
Inoltre, continua l’Ente Parco, in tono quasi sommesso, le criticità «in secondo luogo derivano da valutazioni generali di natura paesaggistica e ambientale».
Incredibile: anche l’Ente Parco, come il resto del mondo, pensa che il “Deltaplano” costituisca un elemento di forte impatto sull’ambiente e sul paesaggio dell’area che circonda il Pian Grande. Sembrerebbe proprio che la Regione Umbria sia rimasta la sola a pensarla diversamente. Assieme ad alcuni irriducibili imprenditori castellucciani.
Anche il Comitato Tecnico Scientifico per il Paesaggio, però, mostra subito di albergare qualche perplessità: appare infatti chiaro che «il progetto in sintesi determina una nuova modellazione del terreno», ovverossia si sta parlando di ruspe e di sbancamenti; inoltre, secondo «quanto riferito dalla competente Soprintendenza relativamente alla situazione vincolistica ed ai valori paesaggistici dell’area interessata dall’intervento», qui si sta parlando del «Pian Grande», «noto a livello nazionale e internazionale per la sua ‘fiorita’ oltre che per la coltivazione della lenticchia nota per la sua qualità».
Anche il MiBACT dichiara: sarebbe «forse stata preferibile la localizzazione dell’intervento in altro sito come espresso dalla Soprintendenza» prot. n. 18432 del 12/09/2017.
Però, deve in ogni caso essere «considerata la natura temporanea ed emergenziale dell’intervento».
Nel frattempo, considerata l’emergenza post-terremoto, «si propongono misure per contenere le inevitabili alterazioni e criticità determinate dalle nuove strutture nei confronti del delicato, integro e pregevole contesto morfologico e paesaggistico dei luoghi» dicendo quello che l’Ente Parco dei Monti Sibillini, custode di quei luoghi, non ha avuto il coraggio di affermare: e cioè che vi saranno «inevitabili alterazioni e criticità determinate dalle nuove strutture», e che dunque vi sarà impatto ambientale. Eccome se ve ne sarà. Perché si tratta di «luoghi» caratterizzati da «delicato, integro e pregevole contesto morfologico e paesaggistico».
Altro che le erbette poste a 10 metri di distanza, citate dall’Ente Parco al fine di escludere l’impatto sugli habitat naturali! Il MiBACT ha capito tutto: l’impatto ambientale ci sarà, e lo sta scrivendo a chiare lettere.
E cosa richiede ancora il MiBACT? Il Ministero «ritiene […] senz’altro opportuno un maggiore e preventivo approfondimento progettuale» di quel “Deltaplano” che pare introdurre, in quell’ambiente «integro», così tante criticità, fornisce ulteriori misure, quali «garantire una riduzione delle altezze abbandonando, quindi, la proposta di realizzare volumi a due livelli», o «garantire un migliore inserimento paesaggistico dei volumi tramite una maggiore aderenza all’orografia del terreno», magari riducendo la dimensione compessiva dei volumi e frazionandoli ulteriormente «in modo da creare una varietà di forme e strutture maggiormente in continuità con il terreno».
Tutti dettagli, rispetto al suggello finale posto a questo parere dalla stessa Soprintendenza Arecheologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, la quale, nel comunicare il parere medesimo alla Regione Umbria con nota del 05/10/2017, e nel ribadire le «osservazioni […], quand’anche non prescrittive» già delineate dal Comitato Tecnico Scientifico per il Paesaggio, ha occasione di scrivere le seguenti parole:
«vale dunque sottolineare […] che si parla di un contesto veramente unico non solo nella zona appenninica tra Umbria e Marche ma nell’arco dell’intera dorsale, contesto ad oggi rispettato nella sua peculiare natura tanto da non essere mai stato intaccato con alcuna costruzione autorizzata. Tutti i coni di visuale all’interno della piana sono tali da non consentire l’inserimento di alcuna opera se non con inevitabile modifica della visuale panoramica a 360 gradi».
Già in precedenza rispetto al terremoto, il Piano Urbanistico Attuativo per Castelluccio di Norcia prevedeva l’urbanizzazione di quell’area, facente parte del Colle di Castelluccio e con piena visuale sul Pian Grande: sbancamenti e rinterri per il rimodellamento del profilo collinare; creazione di muri di sostegno; posa di massetti di cemento per pavimentazioni; allacci di servizi. Tutto era già previsto. Una trasformazione totale dell’intera area, che era vergine e in massima parte intatta.
Con il verificarsi del terremoto, l’intero progetto di urbanizzazione ha subìto una drastica accelerazione: sbancamenti, cementificazioni e urbanizzazioni, già previsti dal PUA, sono stati eseguiti rapidamente e in regime di emergenza. E sopra le nuove platee di calcestruzzo, è stato ‘posato’ il “Deltaplano”..
Dunque, mettetevi comodi. Il “Deltaplano” rimarrà. Per sempre. Ecco perché Regione Umbria, Comune di Norcia e Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini non hanno mai parlato di futuro smontaggio e di futuro ripristino dello stato dei luoghi. Essi avevano già approvato – prima del terremoto – la nuova destinazione urbanistica di quell’area: il destino di quella specifica parte del colle di Castelluccio era già segnato.
Solo che – a noi – non ce lo avevano spiegato.
Patrizia Farroni – C’è un piccolo particolare: il PUA non è stato il frutto di una elaborazione democratica , partecipativa, ma un atto d’imperio di un ceto politico autoreferenziale,che e’ stato bocciato e mandato a casa in tutto il paese. Il PUA da essi prodotto non è il verbo rivelato, ma il prodotto scadente di un’angusta visione tecnocratica e nient’affatto coerente con il valore storico culturale dell’area.
E paesaggistico ovviamente.
Ma se l’antico borgo di Castelluccio narrava ancora una storia coerente con il paesaggio, fatta di agricoltori e pastori , la nuova costruzione parla di idiozia, d’incomprensione della contemporaneità , di burocrazia in conflitto con la storia. Proprio perché la modernità ha brutalizzato la natura, la fauna, l’ambiente, l’uomo nella sua unità fisica e psichica, Castelluccio aveva il merito di tenere lontano da se’ le fanfare della società dello spettacolo e del consumo, conservando i suoi legami con la società precapitalistica, e accoglieva quasi consolando l’uomo delle brutture dello sviluppo.Ragione per cui tutti ne erano affascinati . Piazzare li’ quell’orrenda costruzione e’ come pugnalarla, e pugnalare la resistenza, se vogliamo anche un po’ romantica , dei suoi visitatori, che, vorrei sottolineare, sono in numero alquanto maggiore rispetto ai residenti o ai proprietari di seconde case. Sono due anni che denunciamo i torti che hanno subito le popolazioni terremotate. Abbiamo sempre chiesto la rimozione delle macerie, le sae, la riapertura delle strade, l’inizio dei lavori, i sussidi.. Il deltaplano e’ uno schiaffo contro queste legittime richieste. Non solo non hanno ricostruito ma hanno deturpato Castelluccio facendo credere agli abitanti che fosse utile per la ripresa!! Ma non è così ! A Castelluccio bisognava ricostruire subito il paese con criteri antisismici e preservare con la massima cura l’integrità del paesaggio e dei beni culturali. Lo stesso dicasi per Norcia e per gli altri paesi del cratere! Oltre il danno inferto al paesaggio, fa male l’inganno, la protervia, la furbizia di chi lo ha commesso!