SONO UNA TROIA

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Il lessico per i bovini si differenzia fin dopo la nascita di vitelli/e.
Le femmine diventano MUCCHE a cui spuntano corna da difesa subito tagliate senza anestesia (all’interno ci sono terminazioni nervose sensibilissime) e sottoposte all’ inseminazione artificiale in modo che partorendo le ghiande mammifere secernano latte (sì le tette/mammelle entrano in funzione per un paio di mesi esclusivamente per la nutrizione del neonato, non sono strumento attrattivo estetico/sessuale né organi di produzione lattea acciocché credano mammiferi umani). Quindi le madri sono chiamate VACCHE termine che nessun timorato benpensante userebbe per una madre di famiglia che, indossando reggipetto sui seni avvizziti allo svezzamento del bambino, lo ingozza con latte vaccino, quello che i vitelli neanche appena partoriti hanno mai succhiato: gli umani glielo hanno subito sostituito con una generosa sbroda salatissima le cui conseguenze sono sete continua quindi alimentazione forzata e rapido accrescimento di peso. La nurse è stretta e buia in modo che il cucciolo non si alzi sulle zampe e le sue bianche e tenere carni macellate siano prive di ferro e muscoli al fine d’ essere cucinate con cura per ogni umano dentino, così innocuo ed inetto rispetto alle feroci zanne dei carnivori.
Intanto l’uomo munge e ingravida la vacca. Il ciclo naturale di vita di un bovino supera i vent’anni, ma la mungitura delle vacche che tra i 2 e i 4 anni non si reggono più in piedi per le continue gravidanze è antieconomica, quindi con una bolla d’accompagnamento che le identifica “animale punzonato a terra” vengono trasportate al mattatoio: la punzonatura di tutti gli orifizi garantisce che durante il viaggio gli organi interni non prolassino sporcando camion e strade ( la trasgressione alla norma è provata da feti di vitello trovati in carreggiata autostradale), mentre la dicitura “a terra” impone la manovra di scarico tramite ragno automatico (quello degli sfasciacarrozze). Onestamente la carne bovina è venduta a basso prezzo.
I maschi invece hanno destini diversificati a seconda dell’utilizzo che comunque comporta il taglio definitivo di contatti fisici con qualsivoglia femmina bovina al momento dell’espulsione del loro sacco amniotico (nonostante il reciproco richiamo sonoro duri incessante): alcuni diventano manzi poiché la mole maggiore consiglia di rimandare di qualche mese la macellazione; pochi,e sempre meno, vengono castrati come buoi da lavoro; pochissimi lasciati in vita come tori da monta su marchingegni che ne raccolgono il liquido seminale per la riproduzione in provetta. Però tra i finanziamenti all’agricoltura, la UE stanzia un fondo per circa ottanta allevatori di tori, tutti concentrati nella cattolicissima Spagna, dove vari enti di turismo e spettacolo gestiscono innumerevoli feste religiose che prevedono tutte la pubblica e corale tortura di animali d’ogni genere, specialmente giovani tori, preventivamente sfiniti e invalidati da apposite sevizie.

A partire dalle chiese rupestri sul Galgano dove l’apparizione del toro salvifico era ierofania dell’Arcangelo a tramandare la metamorfosi di Giove che rapisce Europa, mito costitutivo della nostra comune cultura, i riti lungo il cammino di Santiago degenerano nella vendicativa ferocia delle corride. Al contrario nell’Oriente sincretista la vacca è la sacra generatrice che rilancia con la sua voce in senso inverso l’AUM, suono-sostanza della divina creazione.

Tornando alla natura, ogni branco ha capacità di autodifesa ed ogni predatore teme le corna dei bovini, oltreché di capricorni e arieti (che non sono segni zodiacali ma i possenti maschi di capre e pecore). Lo sappiano gli animalisti che a pasqua riscattano il tenero agnellino che il furbo pastore gli rifila a prezzi ben superiori a quelli di mercato: in breve convivranno con un irsuto montone molto più grosso e territoriale di un cane da guardia!
Sappiano gli ambientalisti che se le greggi e le mandrie fossero composti da individui ambosessi non mutilati delle loro corna la gestione degli alpeggi non comporterebbe il rifornimento per i cani da guardiania e la manutenzione per i recinti elettrificati. Ma per l’ottimizzazione dei costi/ricavi all’allevatore non conviene accollarsi il “peso morto” dei bellicosi maschi, quando invece cani e recinti sono sussidi forniti da Regioni che non controllano il loro utilizzo e conseguente presenza fisica del pastore, ma indennizzano comunque i danni da predazione senza indagarne né modalità né tantomeno responsabilità in un territorio orbato di polizie provinciali e  specialmente del Corpo Forestale dello Stato!
Poi però le lamentose associazioni a tutela di agricoltura e zootecnia pianificano braccate di cinghialai con un armamentario tecnologico, un dispiegamento di forze e un’organizzazione strategica da far invidia alla NATO, per disintegrare un nemico che ha la potenza d’urto d’un Panzer dotato com’è di 4 zampe motrici, una mole di anche 100 chili, ben 4 zanne anteriori e l’estrema forza disperata di chi difende se stesso e specialmente i numerosi figli lattanti, incapaci di correre e mordere, mentre è accerchiato da decine di battitori, mute di cani e da sparatori in alto sulle antane, attrezzati per colpire un bersaglio ad un km di distanza.
Ma si sa tutti i suini maschi e femmine sono pericolosi, hanno denti atti a grufolare schiacciando ghiande (per questo gli allevatori glieli estraggono con le stesse tenaglie con cui gli tagliano coda e testicoli per praticità senza anestesia) e poi sono bassi e tarchiati quindi urtando le gambe di un uomo possono sbilanciarlo: ecco perché come uso dei vecchi contadini si immobilizzano in una gabbia contenitiva sdraiati a vita su un fianco in posizione parto e allattamento senza neanche un inutile volger la testa ai figli; del resto sono messi all’ingrasso come tacchini e le zampe non reggerebbero il peso (come accade a tutti quelli etichettati pollame che, pensate, sarebbero dei volatili con ali, le quali nell’avifauna non sono porzione povera rispetto alle cosce, ma arti per volare!). Ammetto che mi piace il maiale, specie quello del contadino a km zero quando si rincorre e gioca a saltare la cavallina con gli altri, liberi, agili, rosei,un po’ setolosi e molto allegri: sono una leccornia i tartufi che mi procurano!
La mia piccina all’asilo raccontò che indossando scarpe e vestiti miei drappeggiati con lungo strascico faceva la principessa nel castello giocando nell’abitazione col cancelletto sempre aperto di Serafino che mai insudiciò con uno scarto o uno spruzzo o un escremento la sua porcilaia. Fu grazie a questo legame di profonda stima con vecchi porci che ebbi un episodio rivelatore. Mi trovai acquattata tra due squadre convergenti di cacciatori che non si conoscevano e tuttavia si raccontarono reciprocamente mirabolanti imprese che mi venivano addebitate, mitizzando oltremisura me, vecchia pianista di peso 58kg per 1,62m d’altezza, nominandomi con epiteti nei quali onestamente non mi riconoscevo. Finché uno mi definì TROIA ed io sobbalzai di gioia identificandomi totalmente nella scofa, femmina e madre intelligente, socievole, giocosa, frugivora, mite, coraggiosa del maiale. Sì mi sento orgogliosamente troia ed oggi dò voce a tutte quelle femmine che subiscono violenza dall’uomo, solidale con tutte le donne in divisa che cercano di combattere ogni maltrattamento, vivendo una realtà professionale tanto più discriminante quanto più bassa è la presenza di personale femminile e più alta la esaltazione della virilità.

Antonella Giordanelli

  

 

INCONTRI

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Antonella Giordanelli – A Gubbio nel 1220 Francesco mostrò come rapportarsi con gli animali: alla morte naturale la lupa fu sepolta sotto una pietra nella chiesa della Vittorina insieme alla vana predicazione del santo di cui rimane in Umbria solo il nome di luoghi di culto turistico.

Stefania Panozzo – Credo sia doveroso però fare una precisazione circa la morte della lupa ritrovata nei pressi di Fosse di San’Anna d’Alfaedo nell’agosto 2012, primo caso di bracconaggio per i lupi presenti in Lessinia,.
La morte non era avvenuta solo per avvelenamento…
Il comunicato stampa pubblicato in seguito all’autopsia riportava che il corpo dell’animale presentava lesioni traumatiche a livello di sterno-costato, del muso e del collo, presenti anche in profondità fino alla trachea, compatibili con la presa di un laccio. L’analisi del contenuto gastrico aveva evidenziato la presenza di un’esca ancora non completamente digerita contenente un pesticida, purtroppo spesso utilizzato negli avvelenamenti dolosi. La diagnosi definitiva di morte per avvelenamento acuto non escludeva comunque FOSSERO STATI INFLITTI ULTERIORI REATI DI MALTRATTAMENTO NEI CONFRONTI DELLA LUPA ANCORA IN VITA!
Una triste verità che molti conoscono ma che viene, ovviamente, sempre taciuta….

Alessandro Ghezzer – Sarebbe bello poter uscire finalmente, una volta per tutte, dall’ambiguità: quale sarebbe questo “punto di equilibrio”?si continua a girare alla larga, mi pare. Tutti invocano un punto di equilibrio ma nessuno si azzarda a dire quale. A me pare possa essere quello della prevenzione, punto. Gli abbattimenti non servono e sono anche più dannosi. Ma si continua a stare sul vago, vagheggiando appunto abbattimenti senza dirlo esplicitamente.

Ivan Mazzone – é tutto pilotato dalla politica e da coldiretti, il progetto green economy dopo la fiera Exspo di Milano ha dato lo sblocco delle deportazioni di animali da reddito all’estero firmato nell’anno 2016, quindi mucche maiali pecore ecc…vengono vendute vive e macellate in paesi esteri, per far questo e per avere un prodotto dop doc o come cazzo lo chiamano loro, devono avere animali da pascolo e quindi non stressati quindi quelli degli allevamenti intensivi non possono essere utilizzati, per ottenere questo hanno bisogno di spazio e come il Caro Enrico Borghi disse in una seduta parlamentare, DOVE SE NON NEI NOSTRI PARCHI, ecco perché c’é questa guerra al lupo, LA PRIMA MINACCIA PER IL BESTIAME

Tamara Panciera – C’è stata un ‘altra aggressione del lupo ai selvatici che vivono nella zona che da anni sto cercando di proteggere. Dispiacere senza fondo. Non ce l’ho col lupo, ovviamente, mica posso pretendere che diventi vegano, lui preda perché non ha alternativa. Quest’aggressione è la seconda, qui. Una terza era stata riportata dalla stampa qualche settimana fa, ma, parlando con una persona che ha seguito la vicenda, in realtà molto probabilmente la preda, un capriolo, era morta per altre cause ed è stata successivamente aggredita da volpi ecc. Infatti la carcassa era quasi integra( il tutto per dire che si grida al lupo anche a sproposito). Resta il fatto che, cervi e caprioli, animali vegani che sono l’ incarnazione di mitezza e grazia, vengono aggrediti da ogni fronte: cacciatori, predatori ed investimenti stradali che aumentano proprio durante la stagione venatoria perché, poveri, spaventati da fucilate improvvise, o cuccioli privati dell’insegnamento delle madri uccise, attraversano incautamente le strade; incidenti che spesso vengono strumentalizzati perché li si vuole ricondurre a presunti esuberi. Mi chiedo come possano vivere nella costante angoscia e paura. Dulcis in fundo, curiosamente, riferendo di quest’episodio, la stampa, anziché riportare dichiarazioni di esperti, ha riportato le dichiarazioni allarmistiche di cacciatori che, proprio loro!!!, avvertono che il lupo ormai si aggira intorno alle abitazioni. Non ho potuto fare a meno di chiedermi se egli abbia semplicemente preso esempio dai diretti ‘concorrenti’!!
E’ successo lo scorso anno durante la caccia al cervo. Quando nel buio ho visto l’auto appostata ho fatto rumore e il branco di cervi che pascolava tranquillo sul prato è partito. Prima le femmine, poi lui, la vittima designata. Nella corsa frenetica per scampare al pericolo, quando si è trovato vicino alla mia macchina, il suo palco lo ha sbilanciato. E’ stato un attimo, ha girato il muso verso i fari della mia auto e ho visto in quegli occhi tutta l’angoscia, la paura e l’umiliazione del mondo. Mi si è fermato il cuore. Grazie a dio si è subito ripreso e ha proseguito la sua corsa verso la vita. Non dimenticherò mai quell’inciampo, e la tenerezza feroce che il suo sguardo terrorizzato mi ha scatenato dentro.  Eppure, per taluni, egli rappresenta il tanto ambito trofeo. Domenica le fucilate saranno per lui, e a seguire per femmine e piccoli. Sarà tutto uno sgomitarsi per accaparrarsi le corna più lunghe. A uno così spari solo se non ti senti all’altezza, a uno così spari solo per invidia.

In provincia di Belluno, continuano i massacri nei boschi( soprattutto a femmine e piccoli ). Hanno vinto la lobby delle armi e l’infamia di chi si accanisce contro una natura già devastata con un calendario venatorio, che non sono riuscita ad estrapolare dal sito della Provincia di Belluno, come dovrebbe essere per trasparenza, il quale presenta anomalie negli orari di caccia. Dunque: in questi mesi, si è spostata l’asse terrestre… Il mio comune Mel è insignito alle Bandiere Arancioni per il turismo: poveri turisti escursionisti.

Elena Leoni – Terricciola, sera… tornando a casa, mio marito ha visto in un fosso un giovane esemplare, di 4 5 mesi, con evidenti problemi gravi al posteriore.
Dopo lunga ricerca di chi contattare ho parlato con l’università di Pisa di veterinaria che mi ha messa in contatto con la associazione Amici Animali che su attivazione da me richiesta dai carabinieri di zona, ha inviato i volontari per il recupero.
Al recupero era presente mio marito. *Il capriolo è morto non appena lo hanno spostato ed è stata visibile la ferita ampia e mutilante da arma da fuoco (non trauma da investimento come ipotizzato in precedenza). *
Abbiamo saputo tramite la associazione amici animali che in giornata nella nostra zona vi era stata una retata dei carabinieri, data la presenza di bracconieri di ungulati”. Brava gente insomma gli sparatori……….

Sonja Crnkovic – anche io oggi o deciso di prendere licenza di caccia , così anche io sarò autorizzata di sparare a ogni cosa che si muove e dove mi pare come fanno loro, tanto se ammazzi qualcuno e solo un INCIDENTE DI CACCIA, mica ci vai a galera paghi multa e sei a posto . Io da stamattina che sto dando caccia a cacciatori intorno a casa mia ,prima poi finisce nel sangue . Forze dell’ordine hanno mani legate e impossibile prenderli nel fragranza di reato per far qualcosa . Stamattina o mandato via tre oggi pomeriggio un altro. Io domenica lo passo così a caccia di cacciatori, mi sono stufata di farmi sparare addosso a casa. Sinceramente cacciatori se li prendi di petto scappano più veloce del lepre . Ultimo oggi pomeriggio lasciava uno di cani mentre scappava con macchina , non ce la fatta scappare lo cacciato. Non dobbiamo chiudersi in casa e aspettare bisogna che li mandiamo via quando sono vicino case

Christian Fraccascia – L’ ha sparata da un metro di distanza fuori al cancello di casa nostra, sotto gli occhi miei e di mio figlio.ha sparato con fucile a pallettoni per cinghiali, poteva colpire il bambino che giocava li fuori.E’ stato come sparare sulla croce rossa o rubare le caramelle a un bimbo.Gli ha tirato mentre gli andava incontro,aveva anche i piccoli nascosti. La fortuna non è stata dalla sua parte , in quanto sono riuscito a fermarlo mentre cercava di scappare con la pavona nel cofano.

Anna Costa – Povero ragazzo. Povera famiglia. Incredibile succedano queste cose. Morire per una …non so come definirla la caccia…sport? No! Passatempo? No! Quella roba li che fa girare tanti soldi e permette di utilizzare armi . un pericolo per tutti noi, per la comunità . si inventino un tiro al bersaglio con sagome da centrare in un posto riparato e se amano la natura vadano a farsi una passeggiata senza fucile che agli animali ” di troppo” ci pensano i predatori …se non li fan fuori a fucilate!

Roberto Melis – Ve ne racconto uno, successo settimane fa, si discuteva, sulla tutela e difesa, sui lupi arriva un Bracconiere, esibizionista o cacciatore, mi chiama per nome e mi dice “ecco come faccio io a far fuori i lupi”  e io “occhio che i lupi sono più furbi”, salvo la foto e la mando ad un mio amico ispettore della Forestale, poi dopo li faccio Games Over

Mauro Malossini – Ora con i leghisti al potere quanti lupi troveranno morti e non ci sarà mai un colpevole . Hanno deciso di adottare questo sistema il più facile e il più veloce per eliminare il problema lupo .. I carabinieri forestali avranno un gran lavoro non nel fare indagini, ma ha raccogliere lupi morti … la gente non capisce che gli orsi nel bosco sono a casa loro ed è normale ogni tanto vederli, il mio primo incontro con un orso molto ravvicinato lo ricorderò sempre, stavo salendo un sentiero sul Brenta, ad un certo punto mentre svolto dietro a una curva sento un verso e vedo un animale scappare, si allontana dal sentiero una quindicina di metri poi si siede e mi guarda, è lì che mi rendo conto che è un orso. Certo che non capita tutti i giorni trovarsi su un sentiero con un orso che ti guarda a 15 metri, per me è stata un’emozione unica ed anche una rabbia perché avevo la macchina fotografica nello zaino, sarebbe stata una foto memorabile, ma il mio atteggiamento non cambiò, nonostante la sorpresa e l’emozione di trovarmi così vicino a un orso, visto che non avevo la macchina fotografica a portata di mano, ho fatto finta di nulla e ho proseguito sul sentiero. La strategia con un orso vicino è fare finta di nulla e andare avanti come se fosse un albero. Mi è capitato anche con un orsa con i piccoli, stavo guardando con il binocolo giù per la Valle seduto su una roccia, dietro sento un rumore, mi giro e a 50\60 metri vedo tre orsi che si allontanano, l’orsa con i due cuccioloni, bellissima e pensare che c’è chi ha una paura folle degli orsi, io ci convivo ..

Vincenzo Battista – Campo Imperatore, in cammino verso l’enigma di un masso di pietra scolpito con lo stemma degli Aragonesi, alle pendici di monte Prena: un sigillo, un logo stipato in un sito particolare, identificativo della giurisdizione finanziaria nella gestione delle terre alte dell’Appennino, siamo intorno al 1447, per affermare il dominio dell’enorme economia armentizia in arrivo dal Tavoliere delle Puglie, in questo paesaggio di avvallamenti, depressioni del terreno e risalite sui rilievi delle gobbe erbose, tante conche che da lì, dalle piccole alture, si possono osservare, per poi ridiscendere al centro con questi fossi ondulati, dove la vista è chiusa, impedita come in un imbuto, ma solo per alcune decine di metri. Il territorio si presenta lunare, senza soluzione di continuità, ma poi accade, sì accade, quando di nuovo riprendo a camminare dalla quota delle piccole doline, avviene ” l’incontro”, davanti e me, a pochi passi. Forse il paesaggio nascosto in quella fossa ha creato un riparo, una sosta; forse il vento contrario che non fa fiutare il suo olfatto: non sono sottovento.
Forse lui è concentrato in qualcosa che annusa, ma che scoprirò dopo, più tardi. Ma adesso, le mie pulsazioni aumentano, si mescolano, i battiti accelerano, uno strano tremore si miscela all’ansia: resto così, bloccato, solo, senza difese, non ci sono alibi, forse stringo i pugni, il cervello inizia a viaggiare a velocità inaudita per cercare, sondare, come un motore di ricerca possibili uscite,” risoluzioni”; prova a resettare uno stato d’animo scomposto, ribelle, prova a cercare un programma non emotivo, ma invano, l’atmosfera dentro questo “adesso” non è possibile riassemblarla in un diagramma di battiti cardiaci che mi alzano su i picchi, sempre di più. Non mi resta che guardarlo, bloccato come sono, come un totem muto e silenzioso. Lo guardo, mi ricambia, ci guardiamo entrambi, fissi, io e lupo davanti a me, a una decina di metri, per un tempo che sembra un’ eternità. Ci guardiamo, i suoi occhi obliqui, neri, profondi nel muso allungato, le zampe lunghe, dallo spessore possenti piantate nel terreno, forse un maschio adulto: non si scompone , dovrebbe fuggire ma non ha fretta, non ha paura il lupo poiché viene dal Paleolitico (tra uno e due milioni di anni fa), e nel complesso rapporto con l’ uomo, chissà quante ne ha viste il lupo nel suo codice ereditario. Rimane lì, attimi ma molti di più, non so, ma tanti se riesco così, quasi a indagarlo nel colore del pelo folto, nel mantello con le sue sfumature di grigi, bruni e neri che si mescolano, e la sua testa e gli occhi centrali da predatore e le orecchie triangolari dritte come due antenne.
E‘ fermo, non si muove il lupo con la testa bassa, non digrigna i denti come ho letto da qualche parte e continua a tenere sotto il muso qualcosa, mi controlla nella sua calma, esattamente il rovescio della tempesta che mi scuote, ci continuiamo a fissare forse perché in me non vede una minaccia, poiché il suo software millenario rielabora rapidamente il suo equilibrio di predatore, il suo linguaggio genetico identificativo, forse per lui , sono solo un esile ostacolo a Campo Imperatore , adesso, facilmente da bypassare per il suo vero obiettivo nelle lunghe marce: il richiamo dei compagni, le mandrie al pascolo, i branchi di pecore, non molti distanti da noi. Ma poi, il colpo di scena per me, non per lui, non poteva essere altrimenti, il lupo si gira lentamente con la sua corporatura snella e robusta, gira la testa, muove le zampe e con un’ eleganza da Cavaliere con il suo blasonato coraggio da guerriero, mi dà le spalle, non trotta, non si gira nemmeno per allungare un ultimo sguardo su di me, non ne ha necessità, ma lentamente cammina sulle zolle erbose, risale la piccola dolina con un andamento curvilineo, lo vedo adesso sul rilievo con il controluce che lo inonda nella sua fiera magnificenza, come un fotogramma ( più tardi penserò a film Lady Hawke) sullo sfondo di Monte Prena, una quinta teatrale, il lupo scompare.
Io invece resto lì, mi siedo, scendo lo zaino, in pochi attimi tutto è ridiventato normale, si normale, penso, la “normalità” di quel San Franco, l’eremita di Assergi, che nel XII secolo chiedeva al lupo di restituire ai boscaioli il neonato che gli aveva sottratto: fu accontentato (affresco nella chiesa di Santa Maria Assunta); oppure il lupo scolpito nell’ambone della chiesa di Santa Maria Assunta a Bominaco, che afferra alla gola un giovane cervo; invece nel santuario della Madonna d’Appari a Paganica, in un bassorilievo in pietra, un lupo vuole entrare nel cerchio magico del simbolo della Trinità, fino a Carlo Ruther (sec. XVIII, nella grande tela della Basilica di Collemaggio), che dipinge Celestino V e il lupo mansueto nell’atto di porgere nella sua bocca il cibo. Messaggi subliminali, icone sulla pietra e della pittura, testimonianze di un mondo in perenna lotta tra il bene e il male, e lui, il lupo senza peccato, al centro della disputa, per secoli.

Antonia Di Marco – Bellissimo il rapporto tra un uomo pacifico e un lupo nel suo habitat , guardingo ma rispettoso… lo stato mentale agitato e l’ impotenza di risorse per un’ eventuale difesa … descrizione bellissima !!! Io ho risentito gli ululati in una notte della neve del 56. Ero piccolissima…ma li ho registrati, paurosi e divini !!!

Giuseppe Zaccagnini – un racconto stupendo che mi ha risvegliato due ricordi. Uno della mia infanzia, lontano e vago, dell’unico lupo che io abbia mai visto, ahimè morto ammazzato – forse da qualche pastore che difendeva il suo gregge – e portato in processione per le vie di Assergi, steso su una scala a pioli con una mela in bocca. E uno dei primi anni ‘70, quando con un mio caro zio feci la salita del Monte Prena, dove cogliemmo le stelle alpine (in numero allora permesso, che credo fosse 3) e facemmo il picnic co’ pane salame e casce e ‘na buttija de vine.

Giampaolo Concas – Discorso alle 10 di sera con una persona sulle montagne di Villacidro.
Lui: Mamma mia che giornata sfortunata.
Io: perché dici che è stata una giornata sfortunata?
Lui: Come perché? Sono uscito stamattina alle otto per cercare funghi, dovevo rientrare a casa per pranzo e invece mi sono perso e verso l’una ho chiamato per chiedere aiuto dopo di che il telefono mi ha piantato e oltretutto ha cominciato a piovere e mi sono bagnato sino alle ossa, non capivo assolutamente dove ero e si è fatto buio, sino a quando non ho visto i lampeggianti e sentito la sirena ero disperato, meno male che l’oroscopo diceva che oggi doveva essere una giornata fortunata!!!
Io: Dai che poi non ti è andata così male, pensa che ci hanno avvertito alle cinque del pomeriggio che c’era un disperso, siamo arrivati dove avevi la macchina e i carabinieri ci hanno raccontato la tua telefonata dove gli avevi descritto quello che vedevi permettendoci di capire dove potevi essere, tempo di arrivare dove pensavamo potessi vederci abbiamo acceso i lampeggianti e la sirena per farti capire che c’eravamo siamo riusciti a sentire le tue urla e a venire a prenderti, questa notte dormi a casa e non all’aperto inzuppato di pioggia, la tua fortuna è stata che ci fosse una pattuglia del Corpo Forestale che conosce queste montagne come il cortile di casa propria! Come vedi l’oroscopo non aveva tutti i torti!

Emanuele Cabriolu – non é stato e non sara’ mai l’ultima volta perché nel silenzio e nella indifferenza generale il cfva continua a soccorrere dispersi, feriti e pure morti, in ogni dove, montagne del Sulcis o Supramonte, trovandosi di fronte anche a tecnici, turisti presunti esperti in ciabatte senza acqua , dotati di semplici magliette, con una natura che esige rispetto; pure qua da noi alcuni si sono avventurati tempo fa sulla scogliera senza trovare poi la via del ritorno intrappolati tra le falesie e la mareggiata, cosa che io da antiochense non ho mai fatto! poi alla fine l’oroscopo…funziona sempre bene grazie a tanti colleghi forestali.

COSTI/BENEFICI

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NALA – Dal capitolo “nella fattoria industriale” del libro Liberazione Animale, si parla di vitelli.
Tenuti 22 ore al buio totale, al caldo perché sudino in modo da non bruciare energie per riscaldarsi, assetati quanto basta per mangiare piú cibo privo di ferro perché la carne sia anemica e quindi più bianca possibile, tenuti in box larghi 75 centimetri non possono naturalmente sdraiarsi a terra con le gambe allungate, l’ importante per il produttore non è se il vitello sta male, la salute a lungo termine è irrilevante, purché esso sopravviva fino al momento di essere venduto per la macellazione dopo circa 22 settimane (in natura vivrebbe fino a 20 anni) Per non parlare di tutte le malattie che sviluppano per le condizioni innaturali e che gli allevatori debellano iniettando ogni tipo di farmaco.

Paolo Selleri, veterinario – Un giorno il bene vincerà sul male. Intanto ancora tanta violenza. Un piccolo bufalo maschio abbandonato a morire in campagna con le gambe legate. Tanta meschinità questa volta è stata contrastata dal cuore di due persone che lo hanno raccolto e portato in clinica. Speriamo di riuscire a tirarlo su.

Mauro Cheli – I cinghiali sono oggettivamente molto prolifici. Arrecano danni all’agricoltura e alle altre specie di fauna che soffrono moltissimo la presenza di questo ungulato. Però ammazzare una femmina con i piccoli è crudeltà allo stato puro, che può essere benissimo evitata, scegliendo per la caccia, periodi più appropriati. I cacciatori di un tempo non avrebbero mai fatta una cosa simile. Quando si accorgevano che le femmine di lepre erano rimaste poche, in una determinata zona, smettevano di cacciarle.

Lidia Bernardini – Io mi rifiuto di chiamare certi ominidi cacciatori. Mio marito è andato a caccia per 50 anni non ha mai impallinato nessun umano, mai ucciso un animale protetto, mai ucciso animali in tana nè cuccioli nè adulti, i suoi cani bravi o meno sono morti tutti di vecchiaia coccolati da tutti in famiglia, mai usato richiami vivi o elettronici. Si è rifiutato di censire il lupo durante i censimenti per gli ungulati sapendo che sarebbe finita in una caccia al lupo cattivo. Ha appeso il fucile al chiodo schifato. Mi meraviglia ci siano politicanti che per una poltrona chiudono occhi, orecchi e cervello per sostenere un gruppetto di facinorosi pericolosi e dimenticano che i selvatici sono proprietà indivisibile dello stato e appertongono quindi a tutti i cittadini non solo a chi paga una licenza. Parrebbe che le licenze di caccia rilasciate nel 2016 siano state circa 580 mila, gli abitanti dell’Italia sono circa 60 milioni possibile che 580 mila persone debbano condizionare la vita di 60 milioni di persone?

Roberto Melis – ho visto un video su una strage di pecore ma, la cosa anomala che mi ha colpito, erano senza testa: ho scoperto che il più delle volte viene fatta una simulazione per intascare l’assicurazione; per quel mi riguarda i lupi alla preda in fatto di pecore la testa non la staccano e il video l’ha girato un pastore Sardo: se è in Sardegna i lupi in Sardegna non ci sono ma i cani vaganti sì; se si trovava fuori, ho un altra ipotesi: i cani randagi nei boschi, o dei cacciatori che non tornano più e fanno danni.

Francesco Cortonesi – La foto scattata nei pressi di un laghetto di caccia nella baia della Somme, in Francia, dal fotoreporter Lucas Dplne mostra alcune anatre usate come richiami che, con le loro grida disperate, finiscono per attirare altre anatre, spingendole a sorvolare il piano d’acqua dove le attendono i cacciatori. In Italia l’utilizzo di richiami vivi era stato vietato (per prevenire l’influenza aviaria), ma, nell’agosto di quest’anno, è stata emessa un’ordinanza dal Ministero della salute che permette nuovamente l’utilizzo dei vivi acquatici su tutto il territorio nazionale. Queste anatre, recluse in minuscole gabbie, sono costrette a diventare la più subdola delle forme di adescamento, mostrando, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la violenza di ogni forma di caccia. D’altra parte la vigliaccheria è intrinseca nella pratica venatoria e, nonostante gli assurdi proclami dei cacciatori (che ritengono la caccia “leale”) questo viene affermato dalle stesse organizzazioni che la promuovono. Nel nostro Paese, ad esempio, la G&G Hunting Service che organizza battute di caccia all’anatra, senza alcun pudore dichiara: “organizziamo battute di caccia nei luoghi ideali: vengono scelte location dove tira molto vento in modo da costringere la preda a rifugiarsi a pochi metri dalla riva facilitando la battuta”. In Italia ogni cacciatore può uccidere 10 anatre al giorno. Recentemente, in provincia di Cremona, alcuni cacciatori ne hanno uccise 190 in una sola battuta.

Antonella Giordanelli – Fintanto che non saranno i cacciatori a segnalare e denunciare gli sparatori e i bracconieri li considererò tutti parimenti colpevoli; quanto alla concessione della LICENZA data all’1,5% dei cittadini italiani di deprivare il patrimonio dello Stato per uso privato non sarà mai adeguatamente esosa stante che mai è stato chiesto il consenso del 98% della popolazione a cui viene sottratto l’innocuo godimento di un bene pubblico.

Franco Perlotto – Le aree di wilderness, protette o meno, sono sempre più indispensabili all’umanità. Ora purtroppo, con la maschera del turismo sostenibile si occupano intere montagne con un degrado effettivo sempre più palese. Non è solo adottando i rifugi di montagna di impianti ad energia rinnovabile o scarichi a norma di legge che si ottiene la sostenibilità di una struttura, di un sistema, se poi questi rifugi si trasformano in ristoranti grand gourmet in alta quota. Certo questo attrae una clientela sempre più vasta e sofisticata, ma perdendo la semplicità di vita tipica della montagna ne subisce l’intero ambiente. La montagna trentina da tempo sta subendo una delirante onda di voluta antropizzazione, che pur rispettando le regole del cosiddetto turismo sostenibile, sta devastando una delle più belle regioni d’Italia, con il tacito supporto degli enti pubblici e delle associazioni di diritto privato proprietarie delle strutture stesse. Rifugi di montagna con affitti spropositati, costringono i gestori ad aumentare a dismisura la capacità di incasso per far fronte agli impegni con i vari proprietari. Accessi sempre più facilitati su sentieri che fra non molto tempo dovranno avere la corsia di sorpasso e di incrocio, come già avviene in alcuni tratti attrezzati sulle Dolomiti. Vie ferrate rocambolesche con scale a spirale e ponti tibetani sempre più lunghi ed arditi per accontentare la ricerca di adrenalina di chi in montagna altrimenti non saprebbe come andarci.
Antiche malghe deformate in ristoranti. L’esempio più lampante di questa politica è il nuovo progetto della TransLagorai che, con il palese intento di aumentare il giro d’affari su quelle montagne, andrà a devastare di fatto una delle pochissime aree di vero wilderness rimasto in Trentino. Questo assurdo e devastante progetto va fermato.

Alessandro Ghezzer – Il guscio vuoto.
Dunque avevamo visto giusto: il progetto Translagorai è un guscio vuoto.
Non ci sono seri piani economici, non c’è valutazione di impatto ambientale, non ci sono i progetti, non ci sono valutazioni di rischio idrogeologico. Esiste solo un generico progetto preliminare dell’arch. Donazzolo (chi si incazzò perché lo pubblicammo), costato 12.561 euro, che è stato accantonato dalla SAT (che pure figurava come autore del “concept”), come ha detto la pres. Facchini.

Carlo Quercophilus Papalini – Il valore di soglia nei disboscamenti.Analisi costi -benefici taglio di boschi.
Quando si taglia un bosco maturo per vendere la legna il danno per la società è difficile da calcolare .
Specialmente per le zone a rischio la probabilità alta di frane e alluvioni abbassa il livello della soglia del’analisi costi/benefici a valori inaccettabili per qualunque bravo amministratore .
Ho calcolato che per un beneficio del’introito vendita della legna
L= qxp di 150.000 euro il valore della soglia limite C.m/2800 di spese per danni e manutenzioni è di appena di 2800 euro.
Quindi se si prevede una spesa di appena euro 2800 euro è antieconomico tagliare il bosco.
Considerato che ogni anno almeno per 15 sC si potrebbero ripetere danni alla stessa probabilità s .
I danni sono di diverso tipo:
Turismo – al paesaggio alla flora e fauna.
Alluvioni – allagamenti case e terreni coltivati erosione.
Frane – strade bloccate trasporti inefficienti perdita di produttività agricola industriale e commerciale.
Perdita di fertilità agricola.
Inquinamento
Inoltre il deflusso veloce delle acque limita il riempimento della falde acquifere oppure nella peggiore delle ipotesi il mancato filtraggio boschivo trasporta materiali inquinanti nelle riserve.
Diminuzione di produttività energetica per rilascio di sedimenti nei bacini.
Diminuzione del l’accumulo di carbonio forestale a causa della maggiore luce sul terreno.
Il valore di soglia potrebbe quindi essere usato per fare pressione sugli amministratori e magari convincerli che si potrebbe pagare il proprietario di un bosco ,magari 2800 euro l’anno per x anni salvaguardando il suo diritto di proprietà e il bosco come lo intendiamo noi .

Giorgio Corrado – Le briglie e le sistemazioni montane idrulico-forestali sono state realizzate per la prima volta in ITALIA, con la legge forestale del 1923, a seguire con la Legge Serpieri sulla bonifica integrale del 1933 e poi ancora con la legge della montagna del 1952, durata sino agli anni 70. Da allora quasi più nulla di organico. Nulla di quello che faceva il Corpo Forestale dello Stato sino al 1972, quando le competenze passarono alle Regioni!!!! I risultati dopo anni di incuria e di abbandono si sono visti e peggio si vedranno. Purtroppo!! Il problema è che già il CFS al momento della sua “liquefazione” ed inglobamento nell’Arma aveva perso da anni quella configurazione di CORPO TECNICO PLURIDISCIPLINARE, per essere diventato progressivamente uno dei 5 Corpi di Polizia dello Stato. Infatti quella configurazione era venuta meno a partire dal 1972 (DPR 11/72) e proseguita nel 1977 (DPR616/77), quando le competenze tecniche relative alla tutela del territorio, al vincolo idrogeologico, alla gestione delle foreste e agli incendi boschivi sono state trasferite alle REGIONI, che poi ne hanno fatto, in massima parte, pessimo uso. All’attualità, riproporre la riunificazione delle competenze tecniche con quelle di polizia in ambito ambientale, mi pare non più praticabile, in ragione della complessità della materia giuridica, che merita una specialità propria. A distanza di anni, di fronte al fallimento quasi totale di quel decentramento amministrativo e politico, soprattutto nelle regioni del Centro Sud, ci sarebbe urgenza di rivedere nel profondo quest’assetto istituzionale. Sono sempre più convinto che quelle specifiche competenze tecniche debbano tornare in capo allo Stato: Ministero dell’Ambiente? Protezione Civile? E’ necessario superare l’emotività e la nostalgia. Si dovrebbe aprire una riflessione politica sul tema e da queste valutazioni riproporre un NUOVO CORPO FORESTALE (con funzioni di polizia giudiziaria esclusivamente in ambito forestale, come era con la legge 804/1948) che possa essere quello strumento tecnico operativo del quale c’è urgente bisogno per la salvaguardia del nostro patrimonio forestale e per un decente assetto del territorio, terribilmente manomesso e degradato da frane e cemento. Mentre altra cosa dovrebbe essere o continuare ad essere la polizia ambientale. Sicuramente l’errore più grave è stato quello di assecondare le OO.SS. che spingevano in modo progressivo verso un Corpo di polizia e non volevano più alcuna forma collaborativa (attraverso le CONVENZIONI) con le REGIONI in materia di vincolo idrogeologico, Martellate forestali, incendi boschivi.

Gildo Nurra – Allora si faceva ANCHE la sistemazione dei CALANCHI – Cose non molto semplici da REALIZZARE – Considerato che questo genere di movimenti franosi avveniva su suoli prettamente argillosi – EPPURE SI FACEVANO

Franco Borrello – Le poche briglie rimaste non vengono neanche pulite ….figuriamoci se ne creano delle altre….

Mario Actis Grosso – Non è necessario imbrigliare ogni corso d’acqua…andrebbero fatte solo dove servono e con costruzioni di bioingegneria naturalistica…la prima opera è quella di non costruire in aree golenali, nelle conoidi ..ricordate Bussoleno? se andate a prendervi delle cartine scoprirete che la zona alluvionata da fango è una conoide: eppure negli anni 70 è stato dato permesso di costruire…..

Maria Grazia Boverio – Non sono competente e quindi non esprimeró opinioni. So solo che il mio orto confina con una roggia. La casa della mia vicina ha le fondamenta direttamente nella roggia. Hanno pensato di abbassare l’alveo. Risultato: la casa della vicina, dopo qualche tempo, ha iniziato a presentare fessure di alcuni centimetri dalle quali si vedeva fuori. Cioè, si vedeva da dentro casa sua il pelo dell’acqua. Povera donna, una cosa sconvolgente!

Damiano Zanon – Il mose non è ancora in funzione, quindi non criticare per niente. A Chioggia il mini mose funziona benissimo fino a una marea di 135 cm, purtroppo la marea era di 150 e purtroppo non è riuscito a contenerla, purtoppo anche il mini mose a i suoi limiti.

Paolo Cappelli – MOdulo Sperimentale Elettromeccanico significa che potranno ammettere che non funziona … o peggio che funzionerebbe ma costa troppo la messa in esercizio …… capolavoro dei CAPACI …. fare le giacche per fregarsi i bottoni !

Nicoletta Meccariello – Opera totalmente inutile!!! come le pale eoliche che hanno messo nella valle del Sannio dicendo agli abitanti di quelle valli che avrebbero avuto detrazioni su’ bollette di energia elettrica cosa totalmente falsa!!non solo le pale non funzionano!!!ma la regione Campania che ha rubato per anni con la ricostruzione del terremoto dell’Irpinia!!!ha giustificato ai cittadini che il costo della manutenzione delle pale era troppo alto quindi? niente sconto!! mi viene da ridere ma ci sarebbe tanto da piangere!! come si dice cornuti e mazziati!!

Nicola Lalinga – Tutti gli impianti eolici o fotovoltaici hanno rimborsi sull’energia nominativa cioè sul potenziale che potrebbero raggiungere non su quella che producono realmente quindi se funzionano o meno le grosse imprese che hanno installato questi impianti prendono lo stesso gli incentivi..quindi la situazione è ancora più grave!!! 
Quanto ai costi del MOSE: 5 miliardi + un miliardo all’anno di manutenzione ..secondo ingegneri danesi che hanno un’opera simile ma più piccola si dovrebbe sollevare al contrario come hanno fatto loro quindi figuratevi un po’!!

Andrea Fiordelmondo – La Tap porta un gasdotto nelle spiagge più belle del Salento: è nel Comune che ha Torre dell’Orso; a Taranto non si sposta una acciaieria mortifera da dentro una città con tremila anni di storia; e adesso questa porcata sotto il Vettore. Ma vaff@@@@@
Enrico Tassetti – La ricchezza dei Sibillini è il suo ambiente naturale, il suo paesaggio incantato. Qual è il senso di tutto ciò? 
Mirko Revoyera – Una rivoluzione nel panorama architettonico mondiale. Il verde sul tetto è una citazione colta, ci si vede un omaggio a Le Corbusier. Le vetrate sono figlie della lezione di Frank Lloyd Wright. Per non dire delle gronde e delle calate, un chiarissimo richiamo di scuola Razionalista italiana. Sono commosso.

Raissa Niroteci – Gli antichi greci, in un posto così, ci avrebbero costruito il Partenone. La nostra società un centro commerciale. Tutto torna!

Sergio Barboni – L’ignoranza ha vinto, non hanno più il paese ma hanno i loro otto ristoranti……nel frattempo, aspettando la primavera (inoltrata) ci metteranno le pecore.

RAMIFICAZIONI

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Evelina Cornelii – Belluno! Bruciano i monti! Belluno, sede di un nucleo elicotteri ex CFS! Anche il reparto di Belluno rottamato! Come tutto il CFS! A Belluno prestavano servizio piloti e tecnici operativi in antincendio boschivo! Sempre presente in base un AB412 dotato di gancio baricentrico necessario per le operazioni di antincendio e trasporto materiali! Il personale è stato smembrato, distribuito in modo irrazionale tra CC e VVF! La base non più operativa per questo tipo di emergenze. VERGOGNA
P.s. non raccontateci la favola del…..è intervenuto l’elicottero dei VVF di Venezia! Sarebbe intervenuto lo stesso e gli elicotteri sarebbero stati due! La somma delle “nuove parti” è , nel risultato ottenibile, sempre inferiore del vecchio efficiente, “insieme”! ANCORA VERGOGNA

V.R. – Italia 2018. Un Forestale bada agli incendi badando a non farsi scoprire. Osserva, sa perfettamente ciò che si dovrebbe fare ma vede altri fare l’esatto contrario. Vorrebbe dare consigli ma non può. Quindi, mentre vede intere montagne bruciare, non può far nulla per evitare il travaso di bile.

Tamara Panciera – Abitare in mezzo ad un bosco, dove vivo da 30 anni, ti dà la misura spaventosa dei cambiamenti climatici in atto. In questa giornata surreale in cui tutto sembra perduto( le bombe d’acqua e le raffiche di vento sono impressionanti) il mio pensiero va ovviamente anche agli animali del bosco, esposti, vittime, del fuoco tre giorni fa, ora dell’acqua incessante. Non hanno alcun riparo, in un mese sopra casa mia sono stati tagliati centinaia di abeti, alberi che sono in grado di ripararli, in parte. Stamattina, dopo una notte di pioggia, li ho visti brucare l’erba, di fretta, il pelo bombo d’acqua, sembravano straniti, forse perfettamente consapevoli che tutto sta precipitando.   Non vedo lepri da quando è passato l’uragano, anche il concerto di uccellini si è molto ridotto, inoltre non dimenticherò mai lo sguardo perso di quel cervo che ho incontrato la mattina dopo la bufera, nel bosco. Ora parte il grosso della caccia a femmine e piccoli. E’ un pensiero intollerabile.

Mauro Cheli – Occorre fare le sistemazioni montane….occorre fare le briglie che servono, nei torrenti di Montagna…… occorre fare i rimboschimenti con specie forestali indigene con apparato radicale fittonante e resistente….le piante che, con l’età perdono questa caratteristica e l’apparato radicale invece diventa superficiale e debole, non devono essere piantate anche se talvolta, ragioni commerciali lo vorrebbero. Occorre la gente in Montagna a curare il territorio. Occorrono urgentemente operai forestali specializzati in numero sufficiente a curare la Montagna in aree di Demanio Regionale e/o Statale. Occorre restituire alla Montagna la dignità che Le è stata tolta dal cinismo prepotente degli ultimi anni. I discorsi, è proprio il caso di dire, li porta via il vento…. altrimenti saremmo di nuovo a piangere le vittime di tante tragedie che potevano, in tanti casi, essere evitate….. occorre previsione e prevenzione e occorre conoscere e rispettare le dinamiche della Natura……..

Cristiano Manni – il Corpo forestale rimboschiva i versanti e tutelava i boschi e i fiumi, applicando le norme di polizia (non pulizia) idraulica. I fiumi venivano dragati per estrarre sabbia e alimentare l’economia edilizia, la speculazione e l’abusivismo. Tutto grazie agli interessi mafiosi e agli stolti che credevano alle storielle positiviste dell’uomo padrone del giardino dell’Eden. Che poi questi misconcetti siano diffuso anche tra chi opera o operava nel CFS, la dice lunga sulla gravità dell’approccio culturale al problema. Non si dimentichi il motto PRO NATURA (NE PRO HOMINIBUS) OPUS ET VIGILANTIA
Esiste un quadro normativo molto frammentato, ma per quanto riguarda gli interventi sui fiumi la norma di riferimento è il DPR 14/04/1993. Quasi tutti lo ignorano, non solo chi esegue i lavori, ma anche tanti forestali. L’ho appurato in molte indagini. La pecca di tanti forestali è, piuttosto, una carenza culturale e deontologica. Io direi intanto di rispettare le leggi che ci sono, e di lavorare per migliorarle.
Le regioni hanno delle norme tecniche attuative di questo DPR. In Toscana, ad esempio, la DCRT 155/1997. Dicono cose ben chiare, basterebbe la loro applicazione, senza che ci si inventino interventi che non sono minimamente legali… Il problema, in questo ed in altri campi, compreso quello forestale, è il cd regime delle deroghe, che da interventi occasionali e mirati, applicabili a specifiche situazioni da documentare e motivare ampiamente, divengono la regola, il famoso codice de “così fan tutti ®”anche se sembra strano per il senso comune, gli alberi che cadono in alveo hanno un importantissimo ruolo, perché funzionano da vere e proprie briglie, qualora si dispongano trasversalmente al deflusso, oppure da vere e proprie difese di sponda, qualora si dispongano longitudinalmente. Questo almeno insegna l’idrologia integrata. Poi ci possono essere, e ci sono, situazioni che richiedono interventi diversi, più incisivi, ma in questo caso si devono fare progetti ad hoc.
Il fiume è come un elastico che tende a tornare alla sua posizione di equilibrio, data da profilo dell’alveo. Ogni allontanamento da questa situazione costringe il fiume a ricercarsi un assetto… E il fiume lo trova sempre, ovviamente, per quanto solide possano apparire le difese.
Gli antichi romani ritenevano i fiumi come divinità capricciose e irascibili, e rilasciavano delle vere e proprie foreste lungo lo sponde. Servivano da filtri, in modo che i tronchi non arrivassero ai ponti. E fare ponti allora era cosa seria: la più alta carica politica antica era il Pontefice Massimo, titolo che ha, per tradizione, conservato addirittura il Papa. Con tutti i soldi spesi per la “sicurezza idraulica” si sarebbero potuto rifare tutti i ponti a rischio. Ma la cultura dei ponti, in Italia, sappiamo qual è: essi vengono lasciati crollare, o vengono idealmente tagliati (e Salvini è un tagliatore, piuttosto che un costruttore di ponti), quindi il miliardo appena stanziato dal governo per il dissesto andrà probabilmente a finanziare i soliti interventi sbagliati, dannosi, per riparare danni altrui. Paghino le spese coloro che hanno edificato inopportunamente, o piegato il bosco a meri scopi produttivi. La collettività non può più sostenere i costi delle scelte sbagliate dei singoli o degli enti territoriali. Salvini ha detto dello “alberello che presenta il conto” e di un certo “ambientalismo da salotto”. Un discorso che, da un punto di vista sintattico e semiologico, è grosso modo a livello di 5a elementare. Ma non è questo, ahimè, il tragico. Siamo nell’ambito delle leggende metropolitane, pericolose perché la famosa aliquota “sigma” di stupidi, teorizzata dal prof. Mario Cipolla, ci crede. E le sinistre hanno fatto anche peggio.
1-l’alberello sulla riva è essenziale. Lo dice l’idrologia, ma anche la legge (DPR 14 aprile 1993).
2-gli ambientalisti non fanno le leggi, né scrivono gli atti amministrativi: fanno legittimamente le loro brave rimostranze politiche come tutti gli altri gruppi di interesse. Ringrazio Salvini. Grazie al gioco sporco (ma per fortuna maldestro) della Lega, è finalmente venuta a galla la grande speculazione che sta dietro ai fiumi…. Centinaia di Milioni (pubblici) di euro spesi ogni anno per aumentare il rischio idraulico, ignorando le leggi, tagliando alberi ripari e sagomando alvei.
Ed oggi che sono finiti gli alberi dei boschi ripari, per fare biomasse, ecco che si parte all’attacco di sabbia e ghiaia negli alvei.
La cosa incredibile è che l’italiano medio crede fermamente che si debba “ripulire” i fiumi (come crede che si debba tagliare il bosco, sennò muore). E l’italiano medio vota sempre di più Lega.
Mala tempora currunt.

Alessandro Conti – per dragare qui c’è gente che pensa che si debba portare via anche ghiaia dal fondo per abbassare il livello ed evitare che il fiume straripi. Purtroppo, come spesso capita, cavalcando l’onda dell’emotività, si pensa che continuare ad intervenire sulla natura per tamponare i danni fatti dall’uomo, per speculazione edilizia e piantagioni di colture redditizie, si risolva qualcosa. L’intervento nei fiumi non è propriamente opera da decidersi al bar dello sport dopo tre birre. Esistono secolo di studi di ingegneria idraulica che valutano cosa significhi dragare i fiumi. Pulire e dragare non sono sinonimi. Se gli abusi sanati ora hanno portato a questo, uniti agli abusi mai rilevati (o mai voluto rilevare), va anche tenuto conto della geniale operazione di taglio della spese della PA, che per la voce risparmio permettono di non spendere in una decina di anni un pulviscolo di quello che servirà per tentare di ripristinare i danni fatti in un giorno a causa di questi tagli. La lungimiranza e la disonestà umana hanno portato a ciò, l’ingegneria idraulica però è ben altra storia.

Alessandro Bottacci – Dopo secoli che le Scienze forestali hanno evidenziato la funzione fondamentale del bosco per la riduzione del dissesto idrogeologico, all’improvviso i forestali diventano tutti contro il bosco evoluto e in ogni dove pubblicizzano i tagli, tanto esaltati dal Testo unico Foreste e soprattutto dagli investitori nelle centrali a biomasse.
Io lo ritengo un grande e pericoloso fallimento della scuola forestale degli ultimi 30 anni, incapace di preparare tecnici attenti e idonei a gestire la complessità
.

‎Erminio Il Montanaro‎ – Sento parlare di ripiantare gli abeti rossi sulle zone colpite dal vento… ma guardate che la vegetazione si riprende da se, già i boscaioli fanno danni entrando nelle foreste con mezzi pesanti (danneggiano le ife fungine tanto utili per la simbiosi delle radici),
La foresta è in grado benissimo di rigenerarsi senza nessun intervento umano!
IL suolo è già in situazione climax! (“Definizione classica di climax: stadio finale della successione progressiva costituito da una vegetazione durevole e stabile, condizionata principalmente dalla situazione climatica ed in equilibrio con il clima
Riguarda una situazione abbastanza teorica, verificabile come stadio finale di una serie mesarca (climatofila) in condizioni geomorfologiche con pendio lieve ed uniforme o in suolo pianeggiante di tipo idromorfo. Viene definito come climax climatico.
Oppure in modo più generale: vegetazione finale con struttura evoluta ma diversificata a seconda della situazione edafico –geomorfologica.
Anche il suolo deve passare attraverso vari stadi di pedogenesi fino a raggiungere la massima complessità ( climax edafici).
Il concetto di climax non va confuso con quello di vegetazione durevole; si denomina in questo modo la vegetazione (associazioni vegetali) di ambienti naturali in cui la serie dinamica progressiva rimane bloccata per svariati motivi in una fase più semplice rispetto a quella del climax possibile in quella zona e in quelle situazioni climatiche”).
Certo ci vorranno decine di anni ma l’intervento umano rallenta questo processo.
Sono millenni che questi fatti si susseguono!
Il suolo i funghi gli alberi formano un tutt’uno con le temperature la piovosita’ il tipo di roccia e questa simbiosi dura secoli e a volte millenni
Se conosci la natura saprai che ci sono insetti detritivori che si nutrono solo di legno marcescente e sono utilissimi al ciclo biologico della foresta
Per la lotta al bostrico sono funzionali le trappole ai feromoni o “alberi-trappola”

Sandro Baldi – d’accordo che il bosco si rigenera da solo… Ma in quanti secoli se non elimini le piante cadute? Prima che una di queste piante cadute marcisca e diventi terra passano almeno almeno 70 anni… (Non sono ramoscelli) passati questi ci vogliono almeno altri 100 anni ben che vada per vedere qualche alberello…(sicuramente non come ora) … Mentre se elimini le piante cadute e fai una bella pulizia in 40/50 anni hai già qualche pianta che cresce spontanea sana (non ammalata) e anche un po’ più forte ….

Enrico Rovelli – Fino ad ora ho evitato di commentare approfonditamente quello che è accaduto in Veneto ed in Trentino perché ero curioso di vedere fino a quale punto potesse arrivare la strumentalizzazione dell’evento per scopi meramente politici. Ora, che è passato un po’ di tempo dall’evento, mi sento di dire la mia. Premesso che l’evento meteo avvenuto è uno di quegli eventi con tempi di ritorno piuttosto lunghi, soprattutto nelle regioni Trentino e Veneto. In passato, di eventi simili ce ne sono stati a bizzeffe. Di schianti generalizzati se ne parla anche nei libri dell’Ottocento e, qualcuno, è anche documentato iconograficamente (es: Camaldoli). Per reperire informazioni sugli ultimi eventi catastrofici che hanno colpito le Alpi è sufficiente risalire a pochi decenni orsono: chi si ricorda della “tempesta del secolo” che colpì le Alpi Occidentali nel dicembre 1999 ? Oppure, quella del 1990 che spazzò via anche il 50% della foresta vergine di Derborence (Vallese, Svizzera) ? In entrambi gli eventi, se non ricordo male, furono misurate punte di venti di 200km/h ed anche allora i danni furono ingenti. A mio avviso, la differenza dell’ultimo evento con quelli passati risiede nel fatto che, questa volta, la differente configurazione barica, con centro sul Tirreno centro-occidentale (parziale Genova-low) ha spostato la direzione del flusso tempestoso da W/SW a S/SE. In soldoni, questo significa che il versante alpino interessato dalla tempesta cambia completamente. Se nei casi passati era il versante esterno a ricevere la maggior parte dell’energia eolica, in questo caso l’energia eolica si è scaricate sul nostro versante interno orientale, pienamente sopravvento alle correnti dominanti. Ad aggravare il tutto ci si è messa anche l’orografia, particolarmente favorevole all’accelerazione delle correnti (effetto Venturi), nonché la ripetuta formazione di celle temporalesche le quali, con i loro downburst, non hanno fatto altro che peggiorare un quadro già di per sé drammatico. Per ultimo, ma non da ultimo, il fatto che la stragrande maggioranza degli alberi delle foreste colpite non fosse in grado, strutturalmente parlando, di resistere a flussi eolici tanto violenti quanto costanti e questo NON perché fossero formazioni coetanee ma perché piante cresciute in condizioni di scarsa ventosità, su suoli molto ricchi, e quindi staticamente inette a sopportare sollecitazioni violente, e l’effetto domino, dilagante nei boschi crollati, ne è una parziale conferma. Le formazioni di quota non hanno subito danni evidenti o rilevanti e questo depone a favore della mia teoria. Tuttavia, sarebbe interessante andare a vedere lo stato dei cembri secolari in quota i quali, secondo me, non hanno riportato alcun danno. Non mi uccidete

Lazzaro Manlio Detti – A ciascuno il suo ambiente lavorativo per il benessere delle generazioni future. I forestali sono dei tecnici prima che Agenti e Ufficiali di PG !!!

Giovanni Bernabei – Il tecnicismo e le funzioni di PG sono inscindibili per la difesa della Natura e dell’ambiente. Il Corpo Forestale dello Stato deve ricominciare dove aveva lasciato il 2016 con le stesse prerogative e funzioni!

Alessio Santi – Per salvare la foresta la prima cosa e’ rimettere al suo posto il Corpo della Forestale … migliaia di uomini e donne che controllavano il rispetto della natura e dell’ambiente , la tutela del patrimonio boschivo e forestale nazionale che Renzi ha soppresso …chissà perché ?

Salvatore Parrino – forti di avere alle spalle un governo compiacente è stato fatto di tutto, ma proprio di tutto affinché dei due secoli di storia non rimanesse alcuna traccia. Figuriamoci a voler ricordare e festeggiare il 196 anno di vita di un corpo fatto a pezzettini sul quale si sono lanciati come gli avvoltoi su una preda indifesa, abbandonata anche da chi aveva l’obbligo di proteggerla. Non si può dimenticare che non appena era scattato il primo gennaio 2017, si è cercato di oscurare, nascondere tutto ciò che potesse ricordare il CFS.

Monia Guadagnoli – OPERAZIONE BOSCO SICURO. Operazione?!? Ma non si chiamava servizio di istituto? Ah, no.. quello era il CFS che faceva prevenzione in silenzio..
Valter Reali – Bosco sicuro è sinonimo di bosco militarizzato?
Rocco Raiti – Da ridere,se non fosse che viene da piangere,un lavoro certosino fatto giorno dopo giorno con il rispetto di chi sopravvive in montagna,presentato come un evento straordinario,una ruspa per schiacciare una formica,le teste di minchia non capiranno mai cosa vuol dire lavorare nel bosco
Carmine Aiello – I dati ufficiali dicono che i risultati sono aumentati però. Come mai?
Antonella Giordanelli – da 2 anni i forestali impiegano metà del loro orario di servizio in ufficio per disbrigare gli obblighi amministrativi: due/tre ore per richiedere autorizzazioni ad interventi esterni e al rientro due ore per relazionare e compilare statistiche, quindi ora rimane il breve tempo intermedio per l’operatività sul territorio… Adesso è importante SCRIVERE, NON FARE e adesso ogni poco è documentato sulla carta, mentre prima era testimoniato dalla terra…come dire CARTA CANTA E VILLAN DORME … intendendo il sonno del villano non necessariamente positivo.

Ninni Colletti – Purtroppo da quando non esiste più il C.F.S. il controllo rurale non esiste quasi più!!!

Max Draven – Esiste una regione italiana che si chiama Friuli Venezia Giulia. È vero che è una Regione a Statuto Speciale ma garantisco che le tasse le paga.
Esiste una zona in Friuli denominata Carnia ed è la zona montana. Da giorni questa zona è piegata dal maltempo. Ci sono stati fiumi esondati, ponti crollati, strade spaccate, tetti scoperchiati, alberi abbattuti e divelti.
Ci sono persone che da giorni sono senza acqua, luce, connessioni telefoniche.
Ci sono centinaia di volontari della Protezione Civile e del Soccorso Alpino, vigili del fuoco, addetti alle manutenzioni che lavorano ininterrottamente per ridare servizi, sotto la pioggia incessante che solo ieri ha dato tregua e oggi è ricominciata. A tutti loro va il nostro GRAZIE.
Ci sono sindaci che piangono per i danni subiti e nello stesso tempo si rimboccano le maniche per fare ricognizione dei danni e per gestire le emergenze, per parlare con la popolazione.
Ci sono persone che si aiutano con ciò che si ha e con ciò che si può perché, anche solo spostare una tegola caduta, fa la differenza.
Perché scrivo tutto questo papiro? Perché nessuno ne parla a livello nazionale e poco si è sentito.
Ancora una volta il nostro “fasin di besoi” ci contraddistingue!

Angelique Gagliolo – Un’alluvione e una tromba d’aria. Ecco cos’è successo in Carnia.
Tutto il resto è una conseguenza: strade e ponti crollati davanti ala forza rabbiosa della natura, alberi sradicati, boschi devastati, intere vallate isolate, senza corrente e senza telefoni per giorni.
Ma noi non ci lamentiamo, poteva andare peggio. E così, senza lamentarci, senza perderci in inutili polemiche, ci rimbocchiamo le maniche e ci diamo da fare, cerchiamo di arginare l’emergenza del momento e ci adattiamo ancora una volta alle dure prove a cui il nostro territorio ci sottopone. Noi ci siamo abituati: sappiamo che qui non è facile viverci in condizioni normali e siamo consapevoli di quanta forza riusciamo ad avere in condizioni straordinarie.
Non c’è la luce? Accendiamo le candele e acquistiamo generatori. Siamo isolati? Tanto dove vuoi andare con questo tempo, prendiamo la pala e paliamo il fango. Senza lamentarci e senza pretendere aiuto da altri.
Orgogliosamente friulani.
Siamo abituati a fare tutto da soli, a bastarci, ad aiutarci tra noi pochi.
I giornalisti qui non vengono perché non trovano persone che si lamentano per un nonnulla, che fanno scenate teatrali, che gridano all’abbandono per un’inezia, non trovano gente ferma a piangere su un albero caduto, sul frigorifero spento o davanti alla propria casa allagata. Trovano gente che non ha tempo da perdere, indaffarata, impegnata con motoseghe per tagliare l’albero caduto e con pale per cercare di ripristinare la viabilità.
Dopo butteremo via il cibo andato a male per la mancanza di corrente e conteremo i danni con il cuore a pezzi, ma più forti di prima. Come sempre.
Noi siamo un esempio di quello che si può essere e di quello che si può fare.
Ma chissà perché davanti a certi esempi è meglio girarsi di spalle.

Paolo Scarian‎ – Molti ci chiedono cosa sarà capitato ai selvatici durante le trombe d’aria qui in val di Fiemme.
Mi sono recato nel parco Paneveggio e sono salito fino al Rolle dove poi mi sono addentrato nella foresta dove dimorano i cervi. Sotto malga Bocche la potenza del vento ha colpito in modo drammatico
Se all ‘ interno di quella zona vi fossero stati dei cervi o altro , credo che la loro sopravvivenza sarebbe stata messa a dura prova. Ai bordi dei boschi in prossimità di Juribello ho visto un piccolo branco di cervi:
anche in questa zona il bosco a subito danni, addentrandosi nella foresta si notano diversi alberi caduti, ma gli animali in questo caso non dovrebbero aver subito grandi problemi, e vista l ‘ora in cui si è verificato il fenomeno molti di questi si saranno sicuramente trovati a pascolare in prossimità di radure se non nei pascoli alti. Poi dal furgone l’istantanea: una femmina di capriolo con il piccolo stanno percorrendo la strada che porta verso Paneveggio, in strada poiché ai lati e per le scarpate vi erano diversi ostacoli provocati dalla caduta delle piante.
Chiaramente in questi casi non bisogna stare troppo vicini e dare il tempo a questi animali di trovare il luogo giusto per ritornare nella foresta .
Il peggio per questi animali deve ancora venire, perciò sarebbe opportuno che tutti noi non ostacolassimo i loro spostamenti, evitando di entrare in zone che hanno subito molti schianti.

Lu Paer – Stamattina mi sono svegliata boccheggiante per un’ansia terribile dovuta al dietrofront di Zaia in merito allo stop della caccia in Veneto. Me li vedo, i leprotti sopravvissuti, privati del riparo delle loro tane allagate, braccati da più cani, altre vittime, e cacciatori, col cuore gonfio di terrore. Oggi i fucili si scateneranno più che mai per la tregua forzata di soli due giorni. E’ l’impellenza, il bisogno di uccidere. Infierire su chi è già in ginocchio è mostruoso, eppure chi lo fa vive in mezzo a noi, spesso con la tacita connivenza e omertà locali. Tuttavia, credo che ancora una volta, il cambiamento lo possano fare le donne, c’è troppo sostegno politico a questa lobby vergognosamente paraculata. La rivoluzione deve partire dal basso. Donne : se avete un cacciatore in casa sbattetelo fuori o, perlomeno, distratto dai fucili, fatelo cornuto, così gli date altro di cui occuparsi. Mio padre era cacciatore , ma allora tante cose non le sapevo, l’unica evidente brutalità che mi si parava davanti erano gli uccellini che rinchiudeva in minuscole gabbie e che puntualmente liberavo. Sono stata stupida troppo a lungo, e di questo mi dispiaccio. Ora non abbiamo più scusanti: i media che contrastano una stampa sovente di parte, sono in grado di fornirci tutte le informazioni che vogliamo, e di aprirci gli occhi.

Andrea Zanoni – DOPO L’URAGANO SI TORNA A SPARARE NELLE FORESTE RASE AL SUOLO. La legge prevede che il presidente di una regione vieti la caccia “per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.” Perciò credo che Zaia abbia violato la legge dando in pasto ai pseudo “amanti della natura” i pochi #animali scampati al disastro. La ritengo una cosa poco etica e umana, come si fa a permettere di cacciare in zone come queste in contrasto con la legge?

Patrizia Abraxa Ferrari – L’industria delle armi …l’Italia è fra i maggiori produttori…così continuano,intoccabili, a seminare morte !

 

APPARTENENZA

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Michele Sanvico – E ora che tutto è praticamente finito, che il cemento è stato ormai gettato, che il “Deltaplano” a Castelluccio di Norcia è stato effettivamente costruito, al di là di ogni ragionevole buon senso, senza prendere in considerazione alcuna voce contraria; ora che la stagione, lassù a Castelluccio, è praticamente terminata, con gli ultimi turisti che si attardano tra le bellezze del Pian Grande, incalzati però ormai dai primi freddi e dalle nebbie che già calano dalle montagne, riempiendo l’enorme pianura, ogni mattina, di un gelido manto bianco; ora che nessuno potrà più fare nulla per fermare l’incongrua assurdità edificata in vista di quello straordinario paesaggio, regno di colli erbosi e torreggianti montagne, né si potrà più essere accusati di voler trafiggere vilmente i terremotati alle spalle, propagando dal proprio casalingo divano false e infondate notizie; ora che quel “Deltaplano” siede effettivamente lì, sul colle di Castelluccio, con i suoi tre corpi di fabbrica che risplendono al sole come le vetrine di un concessionario di automobili che sia stato sradicato, con mano sicura, da una delle nostre periferie urbane, e trapiantato senza preavviso alcuno tra l’erba e il vento che regnavano incontrastati sotto l’occhio corrucciato del Monte Vettore…
… Ora che tutto questo ha avuto luogo, ci resta una sola domanda. Perché?
Perché effettuare questa operazione, così palesemente sconcertante, quasi delirante in un tale contesto paesaggistico e ambientale, giunto fino a noi, nei secoli, praticamente intatto, e così prezioso e unico da costituire motivo di affascinata attrazione per schiere innumerevoli di turisti, ammaliati proprio dall’incontaminata bellezza della distesa ondeggiante di prati, incorniciata da colli e montagne i cui profili sembrano tracciati col pennello – profili oggi interrotti, disturbati, come da un fastidioso moscone, dai montanti verticali e metallici, dalle vetrate, dai parcheggi di una struttura il cui stile è indistinguibile da quello di una piscina comunale coperta al Tuscolano o di una galleria commerciale alla Bovisa?

Antonella Giordanelli – L’impassibile maggiordomo in guanti bianchi allarga le braccia al cielo ululando sguaiato in un sgangherato salto, il bimbino scalcia contro i possenti stinchi paterni per contrastare il variopinto corteo imposto e sfuggire fino in seno alla contrada natale, la settimana insonne in vicolo del casato condiviso con la vittoriosa Aquila per aver preso casa nell’Onda: cartoline della mia prima partecipazione agostana all’esaltante unicità che corrispondeva il nome universalmente conosciuto di Accademia Chigiana come sinonimo di Siena. Perfettamente in sintonia con gli strumentisti e i cantanti lirici dei cinque continenti convenuti a perfezionarsi musicalmente, m’impegnavo d’interpretare il linguaggio comunicativo dei senesi, a noi soggiornanti stranieri indifferenti ed ermetici a cominciare dall’indicazione per trovare palazzo Chigi “dov’è l’albero”… LO albero, l’unico albero presente in tutto il tessuto urbano. Eppure non mi sentii abusiva vestendo fortunosamente il biancoazzurro della più internazionalmente aperta delle contrade, tanto intellettuale quanto irrilevante agonisticamente, anzi, mi fu segno di riscossa quando, decenni dopo, nel mio anno terribilis l’Onda riscattò il titolo di “nonna e vinse il Palio. Sbaglia chi paragona la “carriera” alle altre giostre, poiché non v’è nessuna speculazione turistica che anzi l’identità dei cittadini è data dall’esser contradaioli e se i proprietari delle case affittano le finestre che affacciano sul Campo, il senese prenderà posto nell’infocata piazza con ore d’anticipo per attendere l’arrivo dell’estenuante corteo storico e poi l’infinità ritualità in cui è il cavallo l’oggetto di culto tanto simbolico per quanto svalutato dalle compagnie assicuratrici. E’a lui che la sorte impone di portare, anche scosso via il cavaliere, i colori della contrada, è a lui che i contradaioli devono tributare cure ed onori. No il palio non è una delle carnevalate per richiamare americanati turisti e per riempir le casse esentasse di improvvidi ristoratori e per alimentare il mercimonio colluso di cavallari e veterinari immondi. No il palio è l’anima profonda e violenta di una città che riattualizza la sua rovinosa storia nell’affidarsi a mercenari che mostrano con la dritta aperta garanzia di professionalità nascondendo a manca sordida venalità amorale. Siena torni ai senesi, liberando i cavalli da fantini stranieri e prezzolati che cambiano città, cavallo e casacca tutto contrattando in illecite pratiche: dalla vittoria alla vita, indegni della nobiltà civica ed equina. Sia una irruente corsa di cavalli scossi !

Samanta Jain – Per l’Eid al adha musulmano vengono sgozzati, anche in Italia, centinaia di animali a morire lentamente per dissanguamento ancora coscienti. Chiunque al mondo di qualunque nazionalità, pagherá con lo stesso male per ogni azione violenta fatta a queste povere creature indifese. Nessun Dio immaginario vi salverá.
Si alla vita! No al sacrificio di eid al adha!
Mahavira era fortemente contro i rituali del sacrificio degli animali, attraverso l’uccisione di un animale con l’intento di gratificare e adorare dei e divinità, non solo non si ottiene grazia o vantaggio, ma l’evoluzione spirituale è ostacolata in quanto la moralità si può raggiungere solo con l’ impegno che uno mette nella sua vita. Nessuna divinità come tale avrebbe chiesto ai suoi fedeli la privazione della vita degli esseri viventi in cambio di un progresso spirituale. Uccidere è la causa del peccato più grande e non può salvare il peccatore.

LovePets – Il toro è ormai finito, il torero lo ha massacrato ed è agli ultimi respiri. Il cavallo, si rende conto che il toro sta morendo, si avvicina a lui e con infinita tenerezza strofina il suo muso su quello del toro

Salvina Inzana – Davanti alla Chiesa di via Arsia. Sembra dormire. Non ha ferite, gli occhietti serrati e la pelliccia è ancora lucida. Invece è stato ucciso, sicuramente da poco. Probabilmente a farlo morire è stato un potente ( provoca dolori lancinanti) topicida. Lo so. C’è chi li odia. C’è chi non li sopporta solo per via della coda lunga e sottile ( gli scoiattoli si salvano perché hanno una coda diversa?!?). Eppure sono animaletti, mammiferi come noi, intelligentissimi e genitori attenti e affettuosi. E anche loro esistono perché hanno un ruolo in questo mondo, nella biodiversita’ che noi umani, nel nostro delirio di onnipotenza, vorremmo forgiare a nostro piacimento. Pensatela un po’ come volete… ma io, guardando questo topolino, morto in mezzo al prato, ho provato una gran pena.

Mauro Cheli – Io devo molto al CFS. Senza aver lavorato per la mia amata e talvolta odiata Amministrazione non sarei quello che sono. Ho cercato di trasmettere a tutti, anche ai miei figli, l’amore per il Creato….non so se ci sono riuscito, ma ci ho provato. Il mio mestiere non si fa solo per lo stipendio, non riuscirebbe bene. Occorre sentirlo come una missione, come sentirsi obbligati moralmente a difendere la Natura e tutte le sue manifestazioni. Se lo si prende come un lavoro e basta, non si riesce a sentire interiormente quelle gratificazioni che sono indispensabili per essere stimolati a migliorarsi. È questa la cosa più brutta di tutta la faccenda della soppressione del CFS. Penso che sia così anche per i colleghi della Polizia Provinciale che hanno dovuto subìre un trattamento simile a quello che hanno riservato a noi. La logica dei numeri alti non dovrebbe condizionare chi deve controllare che il Creato venga salvaguardato. È più importante la previsione e la prevenzione…..e il dialogo con la gente di Montagna…..poi bisogna mostrare fermezza ed intransigenza con chi vuol fare il furbo…. questo sì….ma sarebbe importante concentrarsi bene su chi deve essere sanzionato perché lo merita…..e avere il tempo necessario a questo scopo….. è un lavoro delicato il nostro…..occorre equilibrio e conoscenza profonda delle dinamiche della Natura….. speriamo che il buon senso torni a regnare sotto il cielo azzurro della nostra amata Patria

Cettina Sirugo – SIRACUSA, restituito al suo maltrattatore: una “signora” russa che dichiara, davanti a noi Enti di Tutela, davanti ai carabinieri e al veterinario ASP, che “in tutto il mondo si fa così per educare un gatto”.
Questa la sorte toccata ad un micino di appena 4/5 mesi che ieri è stato strattonato con violenza, picchiato e immerso ripetutamente con la testa in mare dalla sua padrona, una russa che ha apertamente dichiarato che questi sono i metodi da lei usati per educarlo e per punirlo perché graffia il divano.
Ebbene, a parte il fatto che quando siamo arrivati ci hanno identificati quasi fossimo noi i delinquenti, dopo la farsa … art. 727 C.P. , dichiarato dal veterinario, ecc…, dopo le testimonianze di chi aveva visto (Tiziana Calì, che è stata aggredita dalla russa per aver tentato di salvare il gattino) e sentito al telefono ( la tizia ha detto ad Ilaria Fagotto che lei solitamente puniva il gatto immergendolo con la testa nell’acqua per educarlo a non graffiare il divano), i carabinieri non verbalizzano alcuna dichiarazione, si rifiutano di consegnarci copia dl verbale e, udite udite, arriva il verdetto: il magistrato ha disposto la restituzione all’aguzzina perché il micio non ha, da quanto dichiarato dal veterinario, lesioni fisiche.
COS’ALTRO VOGLIAMO AGGIUNGERE?
Magistrato Dragonetti, Lei è sicuro di aver garantito giustizia e fatto rispettare la legge?
Dottor Brunno, Lei è sicuro di aver esercitato la sua professione secondo deontologia?
RIFLESSIONE: L’INCIVILTA’ PROMANA DA CHI DOVREBBE DARE ESEMPIO DI CIVILTA’ E TUTELARE LE VITTIME DI INCIVILTA’

Alessandro Sahebi – Angela Rizzo è carabiniere in forza al comando provinciale di Firenze, lo stesso in cui prestavano servizio i due militari accusati di stupro da due studentesse americane. Angela sostiene che nel 2015 un maresciallo l’abbia molestata con palpeggiamenti, minacce e ritorsioni. Nel gennaio del 2017 il tribunale militare di Roma ha condannato l’accusato per “minaccia ad inferiore aggravata e continuata”, pena confermata in appello e in attesa di giudizio definitivo dalla Cassazione. In questi difficili mesi la donna ha raccontato il suo dramma alle telecamere di Presa Diretta e per questo è stato aperto un procedimento disciplinare contro di lei, per aver screditato il prestigio dell’Arma dei Carabinieri con alcune sue dichiarazioni. C’è tuttavia da aggiungere che il maresciallo accusato non è stato condannato per molestie sessuali perché nell’ordinamento militare, nonostante le continue richieste di riforma, non sono previsti i reati a sfondo sessuale.
Di tutta questa storia francamente c’è solo da chiedersi di che prestigio si stia discutendo.

Alessandro Bottacci – 15 ottobre 2018, ricorre il 196° anniversario di fomdazione del Corpo forestale dello Stato.
È il secondo anno che lo festeggiamo con il peso sul cuore di una legge ingiusta che ha privato l’Italia di un servizio che ha fatto tanto per questo Paese.
I Forestali veri ( non gli opportunisti che hanno già tratto vantaggio dalla.nuova situazione) lo celebrano con un combinato di tristezza e di speranza.
Anche la foresta spezzata dall’uragano piano piano torna ad essere rigogliosa.
Hanno provato e proveranno a tagliarci le radici con una freddezza cinica, ma il nostro cuore resterà per sempre verde.

Stefano Santoro – TAP una sintesi VERA: 1)da mesi ormai il cantiere e’ FERMO perche’ hanno seri problemi di natura ingegneristica (ricordo a tutti che il microtunnel vorrebbero farlo in una zona paludosa fatta di acqua, sabbia e cavità carsiche…dove dovrebbero passare 10 mld di mcubi l’anno…follia solo pensarci in un ambiente cosi’ instabile) 2) Nel tratto marino Albania Italia (con profondità di oltre 800 M) non hanno fatto 1 centimetro 3)Un pezzo di cantiere è SEQUESTRATO 4) C’e’ un’indagine della magistratura sull’aggiramento della Legge SEVESO…anche un ragazzino capirebbe cosa hanno fatto i “furbetti del quartierino”…soltanto che qui si parla di VITE UMANE 5)il famigerato PRT (la centrale che sfiata in emergenza 45 tonnellate gi gas in 15 minuti…roba che manco in Corea del Sud si sarebbero sognato) a 500 da persone non hanno fatto NULLA , ZERO. 6) ci sono denunce con documenti INCONTROVERTIBILI sulle VIOLAZIONI gravissime perpetrate da questi CRIMINALI 7) La BEI non ha erogato 1 CENTESIMO e non puo’ erogarli perche’ le istruttorie sui temi AMBIENTALI E SOCIALI non sono MAI state condotte 8) Nel tratto Melendugno – Mesagne NULLA e’ stato fatto…ripeto NULLA e c’e’ un’opposizione fermissima all’opera. 9) …le pecentuali di TAP sullo stato avanzamento lavori sono menzogne che dicono solo perche’ nessuno le puo’ verificare…ma se solo si usasse la logica ci si renderebbe conto che l’80%…FA SEMPLICEMENTE RIDERE 10) I CONSUMI DI GAS continuano a SCENDERE . (dati ufficiali del ministero)…la strategicità e’ solo per SNAM…a scapito della pellaccia di 20000 persone. Potrei andare avanti , mi fermo. La gente ha capito tutto il malaffare che c’e’ dietro quest’opera … PREPARATE L’ESERCITO o in ALTERNATIVA LA GALERA PER QUEI COLLETTI BIANCHI che hanno avallato fin qui questo scempio

Sandro Ciucci – Qualcuno sa darmi notizie sui 6,6 milioni di dollari spariti dalle donazioni unicef del cognato del fenomeno fiorentino? Non riesco neanche a riderci sopra se penso a quello che ha fatto a me e altre 8000 colleghi..
Giovanni Sorgi – una parte sullo yacht, una parte sulla megacasa al centro di Firenze, un’altra parte agli amici vicini e lontani di quello che ha sul conto corrente solo 15.000 euro!!! 
Cara Cri Bina – …..poi era la forestale a costare troppo…..lasciamo perdere va…..

Antonio Ventriglia – No!!!??? Ma dai! Chi l’avrebbe mai detto. I vertici dei cc che ordinano comportamenti illeciti per coprire un reato ancor più grave ed evitare la denigrazione mediatica?! Io non lo credo possibile.

Rosario Roy Orlando – Prima hanno processato i colleghi della polizia che per caso si erano trovati in quel contesto… e li hanno assolti. Poi hanno processato i colleghi della polpen che lo avevano in custodia… e li hanno assolti. Poi hanno processato i medici che lo hanno avuto in cura… e li hanno assolti. Poi alla fine mettono sotto processo i carabinieri che lo hanno arrestato. E’ cambiata molto la giustizia in questi anni. Di solito si cominciava al contrario dell’elenco che ho scritto.

Respiro Animale – Circola una vignetta con cui Vauro, riferendosi al caso Cucchi, paragona il ministro Matteo Salvini ad un maiale.
Un uomo cerca inutilmente di insegnare ad un maiale a chiedere scusa, lo incoraggia, lo invita, ma il maiale, trasformato nella squallida macchietta del brutto, sporco, schifoso, stupido, con la bava alla bocca, risponde con i soliti versi. Il titolo della vignetta, poi, è eloquente: «Impresa Impossibile».
In linea con la peggior versione del più ottuso specismo, il maiale è così stupido da non essere neppure in grado di pronunciare una parola così facile come “scusa”. Il maiale è così schifoso e sporco da costituire un insulto per antonomasia.
Tralasciando il piccolo particolare, oramai risaputo in qualunque ambito, che il maiale è un animale di notevole intelligenza, sensibile e attento alla pulizia, viene da chiedersi come sia possibile sostenere ancora questa squallida metafora. Il maiale, invece, più che il simbolo insultante della stupidità e della sporcizia, potrebbe essere il simbolo dell’oppressione. E’ la vittima per eccellenza. Rinchiuso in spazi angusti e stretti, ingrassato, manipolato e selezionato per raggiungere un peso che le sue stesse zampe non riusciranno più a sostenere, trascorre una vita di sofferenza per essere ucciso nel peggiore dei modi.
Usare e denigrare una vittima per sostenere l’indegna e scandalosa morte di un’altra vittima è un’operazione decisamente squallida e superficiale e, non a caso, anche nell’iconografia nazista, gli ebrei venivano chiamati topi, scarafaggi…
Sappiamo bene che il linguaggio specista è tristemente diffuso e condiviso, sappiamo bene che l’immaginario, sugli animali, è ancora legato a metafore primitive fondate sul dominio, la gerarchia e la sopraffazione, ma arrivare ad un tale livello di falsificazione, ignoranza e disattenzione per le più elementari forme di etica, continua a stupirci.
Purtroppo è ancora difficile fare il collegamento tra oppressione umana e oppressione animale, cogliere quanto sia proprio l’invenzione dell’essere inferiore che può essere schiacciato, sfruttato ed emarginato a generare l’ingiustizia e il privilegio.
E’ davvero troppo chiedere di cambiare, di approfondire, di ricercare altri punti di vista? Chiedere un po’ più di attenzione e di rispetto per quelle vittime che, ora, stanno gridando, con il loro linguaggio, con la loro intelligenza, con la loro sensibilità, nel buio degli allevamenti, dalle gabbie e dai camion che li portano al macello?
Esprimiamo la nostra profonda solidarietà con la famiglia Cucchi condannando lo squallido comportamento del ministro Matteo Salvini.
E il maiale non c’entra niente.

CENT’ANNI

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Erano troppo poche e così ordinò che tutti indistintamente corressero a staffetta, lasciando le biciclette proprio in modo da inciamparci per trovarle nel buio pesto della notte. Anzi lui il più alto e atletico marciava e pedalava sempre al comando della truppa che mai aveva abbandonato: fu premiato con l’oro perché rischiò la mutilazione alla gamba ferita per non essersi ritirato dalla battaglia a Col di Lana, mentre conducendo la trionfale marcia forzata verso Gorizia ebbe la sua vittoria mutilata da quel generalone dei carabinieri addetti al Comando Supremo che pomposamente comodo in auto decapottata sorpassò all’ingresso della città la compagnia d’artiglieria che l’aveva liberata e trafelata stava riordinando ranghi e divise. Erano solo tre le Compagnie autonome durante la grande guerra e una la diedero a quel capitano di complemento di ottime capacità che ordini non ne avrebbe accettati neanche da Cadorna in persona. Quel capitano di complemento che criticando la Croce Rossa si attirò l’attenzione della duchessa d’Aosta che ne era al vertice, e l’amicizia del futuro eroe dell’Amba Alagi. Quel capitano che in un tribunale di guerra ribaltò lo scontato verdetto, contrapponendosi agli alti gradi, col sostenere che gli alpini non disertavano mai perché difendevano letteralmente il loro paese e la loro casa a pochi chilometri dal fronte e la notte andavano a rincuorare la famiglia. Quel capitano che mobilitò tutta la compagnia per soccorrerne l’amatissima mula a ringraziamento del suo valore e non ad occasione di bistecche. Quel capitano che sfidò a duello un maggiore di carriera che a mensa disdegnò la frutta bacata come adatta solo agli ufficiali di complemento. Quel capitano consapevole che con la distruzione dell’impero asburgico l’Europa perdeva la barriera alle storiche mire espansionistiche dell’est. Quel capitano che, volontario nella guerra di Libia, ammetteva la legittimità d’ogni mezzo di guerriglia e resistenza all’invasione. Quel capitano che si rifiutò di parlare a Radio Londra perché “un ufficiale non pugnala alle spalle il soldato che combatte”. Quel capitano che nella sua nobiltà cosmopolita profetizzava sornione “l’Europa delle regioni” che si sarebbe profilata. Quel capitano che coniugava il disincanto della visione storica e la ineluttabilità del dovere ideale. Forse per questo non tornò al suo palazzo vanvitelliano lontano dalla guerra, ma si trasferì tra quella che era diventata la sua gente e le sue montagne.

Quelle montagne martoriate come fabbriche di legna e cimiteri di piombo, indifferenti alle anagrafi nazionali, che ebbero nelle popolazioni alpine e nella Guardia forestale le appassionate restauratrici della bellezza naturale e del bene della patria. Con la stessa sbrigativa efficienza con cui si erano arruolati i ragazzi del ’99 il cui addestramento sommario li rendeva inadeguati ma indispensabili a sostituire i combattenti veterani, si pianificò la conta dei caduti grigioverdi (di clorofilla) per integrare le fila e serrare i ranghi silvani. Così in un triennio, mani femminili piantumarono 10 milioni di abeti rossi della val di Fiemme per rimpiazzare faggi, larici, abeti bianchi e rossi. Ancora non scoppiava il secondo conflitto mondiale che le abetine squadrate erano già un compatto fronte alto 20 metri infoltito da frassini, betulle, aceri, noccioli, sorbi, pioppi, ontani, salici. Tale stupefacente rinascita ha avuto proprio nel prodigioso artificio il suo punto scoperto quando l’epocale inusitato vento in poderosa cascata sulle cime ramificate ha trascinato tutti quei coetanei fitti e ravvicinati, allungati verso il sole con sottili tronchi nudi, senza radici parimenti protese in corrispondente profondità nella roccia dolomitica. 

E i cent’anni della vittoria contano 13 milioni di caduti arborei… come il 4 novembre 1918.
Purtroppo in questo cataclisma non vi sarà soccorso dal Corpo Forestale, ché se il 1917 fu l’anno di Caporetto, nel 2017 vi fu la disfatta dello Stato di diritto; la strenua linea di difesa del 4 dicembre resse contro “il nemico: per l’orgoglio e per la fame volea sfogare tutte le sue brame…” ma , ancora è lontana la riscossa che anzi “si vide il Piave rigonfiar le sponde!” non contro gli stranieri ma contro gli italiani che depredano e cementificano il sacro suolo della patria.
Segni e presagi!
Se i senesi ottennero che la tradotta partisse dopo aver disputato la corsa delle contrade, il palio straordinario per il centenario è stato funestato dal sacrificio tanto più delittuoso quanto totalmente inutile di otto cavalli con Raol vittima simbolo di quell’ecatombe di equini che è stata la grande guerra, come tutte.
In questi primi anni duemila, animali domestici e selvatici non sono più conviventi in cui rispecchiarci, ma oggetti di lucro cui abbiamo tolto perfino la dignità di schiavi.
Maurizio Maggiani racconta che durante la guerra serbo-croata, gli orsi scappavano, sconfinando in Friuli. Profughi di guerra a tutti gli effetti per quel popolo aperto e colto, crocevia di rotte e sentieri. Dieci anni dopo i valligiani trentini avrebbero approfittato dei vantaggi economici legati al progetto d’introduzione dalla Slovenia di un piccolo contingente di quegli orsi bruni che, indigeni sul Brenta, loro avevano decimato fino all’ultimo esemplare nel secolo scorso e che ora hanno immantemente votato all’estinzione in concomitanza con quella dei fondi europei. “I resti di quello che fu uno dei più potenti imperi del mondo” provincializzano” in disordine e senza speranza le valli” che monopolizzano “ con orgogliosa sicurezza” in uno spirito di rivalsa contro tutti QUEI DA FORA… Recinti mentali che impediscono di istallarne elettrici a tutela delle mandrie. 

Se la Forestale dello Stato italiano negli anni ’20 delimitò col filo spinato le piantine del rimboschimento perché è ovvia la separazione necessaria tra l’agropastorale e la silvicoltura, tra armenti e fauna selvatica, i forestali trentini invece rispetto a tutti gli altri che sono un corpo tecnico con funzioni di polizia, si comportano come un corpo autonomo con funzioni politiche. E Trento è confinante petulante, separata e distinta sia rispetto alle regioni ordinare che germanofone. Benché lega in unità d’Italia quest’attenzione solerte dei governi affinché le piccole ma alquanto rumorose bande armate che scorazzano -come comunisti e anarchici irrispettosi di proprietà privata e legge dello Stato- non abbiano a perdere nemmeno per il giorno del 4 novembre il sollazzo di bagnare ancora con sangue innocente le terre irredente all’empatia e alla fratellanza, sconvolte dal cataclisma climatico.

Come si comporteranno i Carabinieri in questa catastrofe? Durante la recente guerra in Slovenia venivano utilizzati nelle strade cittadine contro la resistenza dei cecchini essendo l’unica Arma in grado di fare operazioni di polizia contro la popolazione civile, e questo compito fu prioritario anche nella guerra di trincea dov’erano impiegati non per sferrare l’attacco al nemico ma per stare alle spalle dei fanti tenendoli tra due fuochi e spingerli a scegliere la morte per mano nemica. Carabinieri, nel frattempo infidi al re, ma che anche nella repubblica svolgono intensa attività di retrovia tanto che senza mai essersi esposti frontalmente, stanno invadendo ogni lembo del Corpo Forestale dello Stato: non lo soppianteranno nel cuore degli italiani, ma quale chiamata alle armi contro l’ avanzata di gasdotti, contro i lanciafiamme delle centrali a biomasse, contro i mitragliamenti a tappeto del tuf, contro i gas asfissianti dei petrochimici,contro le mine delle grandi opere, contro le cinture corazzate dei cementificatori?
“S’udiva intanto dalle amate sponde / sommesso e lieve il mormorìo dell’onde.”… 2014 -’18 sembra che il sentiero delle fate sprofondi nell’inferno e il vento Matteo precipiti la montagna a travolgere ogni ombra persa dall’umanità tutta… 

Non esiste più, nonno, il tuo Col di Lana, esploso per una potenza più grande di qualsiasi mina…”è il mio cuore / il paese più straziato”.

prof. Antonella Giordanelli