Paolo Mennuni – Il CFS compilò, in collaborazione con l’ENI, la carta del dissesto idrogeologico che fu anche molto criticata ma non migliorata, chissà perché! ….. Ora chi la deve riprende? I CC?
Giuseppe Salutari – Persi i contatti con la realta’. Durante i corsi di formazione non si parla piu’ di: Dendrometria, selvicoltura, botanica,sistemazioni montane,agrimensura, ecc.ecc.ecc. pertanto i forestali nel bosco non sanno cosa farci.
Cristiano Autolycos Manni -. Ribadiamo alcuni punti, consolidati dalle conoscenze scientifiche.
1) il dissesto idrogeologico NON dipende dall’abbandono delle campagne. Al contrario, l’inselvatichimento (lett. Il ritorno delle selve) sugli ex coltivi ha limitato il dissesto idrogeologico.
2) I boschi, fino al Dopoguerra, non sono stati “ripuliti”, ma saccheggiati, con turni cortissimi, e molti dissodamenti, che hanno portato il nostro paese sull’orlo del baratro. Fu l’azione statale, ed in particolare l’azienda di Stato per le Foreste Demaniali e il CFS, a ricostituire il patrimonio boschivo nazionale.
3) non è l’incuria o la mancanza di manutenzione a creare dissesto e fragilità strutturale, al contrario: l’evoluzione spontanea degli ecosistemi (forestali, fluviali, montani, planiziari, ecc…) porta a strutture sempre più stabili, quanto più vicine alla maturità.
4) le manutenzioni si fanno alle opere umane perché, al contrario dei sistemi naturali, tendono alla degradazione col passare del tempo, e né i boschi, né i fiumi sono opere umane.
5) più l’uomo interviene, peggio è. La società deve adattarsi agli stati di equilibrio degli ecosistemi, non forzarli verso strutture artificiali. Gli ecosistemi, altrimenti, tenderanno sempre a tornare all’originario equilibrio, con processi che spesso noi definiamo catastrofi.
6) la Maremma era, per millenni e fino a nemmeno 200 anni fa, un sistema idrogeologico ed ecologico fatto di fiumi a carattere torrentizio, con alvei ramificati, esondazioni autunnali, pianure alluvionali, foreste planiziarie, sistemi complessi di stagli e lagune (non sempre e non proprio paludi).
7) la Maremma ha subito una radicale trasformazione in pochissimi decenni, è divenuta pianura ad agricoltura intensiva, e a veloce drenaggio dell’acqua.
8) verso quale stato ci aspettiamo che evolvano spontaneamente i sistemi naturali? Quanto ci costa, in soldi, mantenere stati di non equilibrio? Riusciremo mai a ridurre il rischio sotto una soglia accettabile e a costi ragionevoli, visto le difficoltà in cui versano altri settori (scuola, sanità, sicurezza, ambiente)?
Io, purtroppo, la litania che senza il taglio il bosco muore, la sento ripetere anche da gente in buona fede. Non mi spiego perché un tale misconcetto si sia radicato profondamente nella nostra cultura. Anche oggi, dopo gli eventi di questi giorni, si parla di soldi e di interventi di messa in sicurezza. È virale. Interessante discussione è mettere il punto non tanto sulla fragilità del territorio, ma sul fatto che in passato si sono fatte opere e infrastrutture troppo ardite e rischiose. Io ricordo il tratto crollato come una paurosa serie di viadotti che fanno paura come le montagne russe…
Per difendere queste opere si parla, semanticamente in modo errato, di “manutenzione del territorio”, ma ci si dimentica che sono solo le opere ad aver bisogno di manutenzione, perché di degradano col tempo, mentre i sistemi biologici, col tempo divengono spontaneamente più stabili. Eppure questa litania della manutenzione del territorio è diventata doxa, e rischia di ingoiare nuove risorse pubbliche per difendere il mal realizzato, rischiando di degradare monti e fiumi quando forse ci costerebbe di meno adeguare o rifare le opere.
Marco Pezzotta – “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”! Certe posizioni non vengono da ignoranza. Dietro ci sono i fortissimi interessi delle lobbies agronomo-forestali. La posizione “lasciamo fare alla Natura” non porta soldi a nessuno. Tutto qui. E sotto sotto, se vogliamo, c’è l’antropocentrismo cui sono formate e informate le più radicate filosofie di vita. Da “l’Uomo creò Dio a sua immagine e somiglianza” in poi… Facciamola finita, per piacere, con stucchevoli commenti verso i piantatori di alberi! Facciamo solo il gioco degli interessi economici delle lobby dei vivai
Giovanni Barcheri – Le cementificazioni dei corsi d’acqua per portare l’acqua d’estate solo ai coltivi, isola la risorsa idrica dal territorio circostante. Alle piogge autunnali si riversa subito a gonfiare i fiumi perché non è più trattenuta sul territorio e le aree umide che funzionavano come bacini naturali durante le esondazioni sono state pressoché bonificate. Il danno ambientale è enorme perché isolare i corsi d’acqua dal territorio circostante è come isolare i tessuti viventi di un organismo dal flusso dei vasi sanguigni: i vari organi non più irrorati vanno presto incontro alla morte. Eppure c’è ancora un revival di pressapochisti e disinformati che se la prendono solo sulla mancata “pulizia” dei corsi d’acqua. Se così realmente fosse, sarebbe anche un bene perché l’acqua verrebbe meno fatta correre via a gonfiare in fretta i grandi fiumi.
David Diani – Aggiungiamo che in Emilia-Romagna, incredibilmente, non risultano realizzate le Casse di Esondazione che servirebbero lungo il corso del Reno, del Po ed i maggiori affluenti
Carlo Quercophilus Papalini – L’acqua piovana invece di essere intercettata dagli alberi dei boschi massacrati dai tagli e infiltrarsi nei terreni defluisce lungo le ferite inferte al suolo forestale da monte a valle in mille rivoli che diventano mille fossi e raggiungono i fiumi. Possibile che è tanto difficile da capire?
La causa principale delle alluvioni smottamenti e frane è la deforestazione occulta chiamata ceduazione. L’importante è cominciare a studiare i nessi di causalità tra ceduazioni e dissesto idrogeologico senza continuare ad ignorare l’argomento.
Ferruccio Cucchiarini – Intervenire su cedui invecchiati è una cosa estremamente delicata se si vuole garantire una buona e naturale evoluzione forestale. Ho in archivio una bella lettera che ci scrisse anni fa il Dott, Alessandrini, proprio a proposito degli interventi su cedui invecchiati e il rischio di far regredire il bosco con interventi di pura ceduazione. La “nuova estensione forestale è principalmente legata a due fattori, i rimboschimenti effettuati spesso con specie anche esotiche e la naturale ricolonizzazione di incolti, soprattutto in montagna. In entrambi i casi si tratta di formazioni nuove, non ceduabile per ovvie ragioni la prima e sicuramente non opportuno ceduare la seconda in quanto giovani boschi da seme. Queste quindi andrebbero eventualmente guidate verso la foresta matura da gestire con criterio.. Escludendo pertanto le nuove formazioni, quando si parla di ceduo ci si rivolge ai vecchi boschi sempre sfruttati, o in alcuni casi con turnazioni saltate. Il punto è questo secondo me, non possiamo tornare a ceduare i boschi maturi che hanno saltato turnazioni come se fossero semplici cedui per non degradarli e dovremmo fare in modo che lo sfruttamento a ceduo in quelli regolarmente turnati abbia minime garanzie di legalità e tutela della biodiversità. Mi permetto di avanzare alcune perplessità anche sui dati statistici, conosco molte realtà di cedui regolarmente tagliati, ma catastalmente registrati come altofusto, molto tempo fa un addetto mi disse che è prassi per pagare meno tasse, su questo non mi esprimo, ma sarebbe opportuno che i dati catastali corrispondano alla realtà, anche se mi rendo conto della difficoltà dei controlli. Servirebbero grandi investimenti per le foreste, e invece si taglia, questo credo sia un’altro punto cruciale. Per questo servirebbero professionalità e conoscenza che in molte realtà andrebbero forse formate. Il fatto è che la retorica dell’uomo indispensabile alle montagne ritengo sia un po’ abusata. Quando l’uomo si muove in buona sintonia con l’ambiente emergono apporti culturali di grande interesse e valore, ma se la presenza non è responsabile l’ambiente montano paga le conseguenze, e spesso anche noi. Bisognerebbe avere un approccio non ideologico, la visione antropocentrica di fatto lo è, e approfondito. Qui purtroppo l’informazione troppo spesso pecca. Quando piove molto credo che le frane siano un fenomeno normale, ma le ceppaie stressate da tagli continui, il ceduo appunto, amplificano il fenomeno. Non è paragonabile la capacità di tenuta di un apparato radicale in ottimo stato e radici sfinite a causa dei tagli.. Una buona copertura forestale ha la capacità di rallentare il fenomeno erosivo, mentre apparati radicali sani, estesi e ben collegati hanno una maggior capacità di tenuta dei suoli regolando la penetrazione delle acque. Se si cedua si scopre per intero il terreno amplificando il fenomeno erosivo, di seguito lo stress subito in tempi lunghi dalle radici tagliate fa si che il terreno collassi con più facilità, soprattutto in casi eccezionali. Non ci vedo separazione. A parte l’aspetto puramente empirico su cui non mi soffermo, alcune comunità montane con cui mi rapporto sostengono che la quantità di richieste di taglio, migliaia di domande annue, non consentono loro di effettuare controlli approfonditi. Spesso per non rallentare i vari iter sono costretti ad autorizzare. Richieste, a sentire loro, in aumento costante. Penso che la situazione Piemontese, che un po’ conosco, e quella Lombarda siano molto diverse da quella appenninica. Nell’area ligure interessata non mi esprimo, ne ho una conoscenza poco approfondita. In generale però sulla copertura colma ho un idea molto diversa, si taglia molto e spesso male perchè anche nelle ceduazioni non ci si preoccupa di lasciare piante da seme e di età diverse.
Enrico Rovelli – la situazione dei cedui alpini è diversa da quella appenninica.
Giorgio Vacchiano – Dire che il problema delle alluvioni in Italia è dovuto al ceduo o peggio alla deforestazione è come sostenere che il problema del cambiamento climatico è causato dai vulcani. Certamente In determinate condizioni climatiche e geomorfologiche alcune ceduazioni possono determinare erosione e aumentare il deflusso superficiale.Non ho nessun problema a riconoscerlo, ma non tutte le ceduazioni, non tutte le condizioni. E non tutte le foreste sono cedute attivamente, Anzi pochissime. L’abbandono dei terreni montani aumenta il pericolo, la forte antropizzazione in pianura la vulnerabilità. In linea teorica il ceduo può avere questi effetti, ma in pratica le ceduazioni attive riguardano oggi una piccola parte del territorio, mentre la maggioranza delle foreste ha copertura colma da tempo. Sono fenomeni separati, da un lato erosione e scorrimento superficiale se il suolo è scoperto, dall’altro diminuzione della trattenuta radicale in occasione delle ceduazioni (finora dimostrata solo su pochi casi), o ancora ruscellamento eccessivo per precipitazioni eccezionali nei confronti delle quali il bosco non può nulla. I cedui invecchiati pongono numerosi problemi, se quello principale è la sicurezza ritengo che localmente (a piccola scala) si possano anche tentare vie normalmente non percorribili. Di matricinature vergognose ne ho viste anche io, e non le giustifico di certo (tuttavia spesso non ci sono molte piante “da seme” e “di età diverse “ tra cui scegliere) ma le montagne dove giro io invece sono piene di boschi che non si sa di chi siano, completamente senza gestione su centinaia di ettari. Parlo di Piemonte e Lombardia. In boschi del varesotto, cedui invecchiati le ceppaie collassano e si ribaltano, con grave innesco di fenomeni erosivi e debris flow. Questo dimostra che non esistono verità valide ovunque, facili soluzioni comprensibili “anche da un bambino”. L’ambiente e il bosco è complesso e complessi e variegati i suoi fenomeni. Nessuna di queste due situazioni può essere generalizzata dappertutto. Ma c’è una differenza secondo me, in Italia sono forse venti volte più numerosi i boschi non gestiti rispetto a quelli attivamente ceduati.
Renzo Motta – Il problema é che la foresta (qualsiasi foresta) svolge un ruolo fondamentale nella regimazione delle acque e nella stabilizzazione dei versanti quando si verificano precipitazioni molto abbondanti in un periodo di tempo limitato o precipitazioni che durano per lunghi periodi di tempo la capacità di assorbimento/mitigazione viene saturata e quindi oltre una certa soglia (che può variare a seconda del tipo di foresta, suolo, tipo di gestione…) tutta l’acqua che cade non viene assorbita ma scorre a valle creando le problematiche osservate. Quindi quando si verificano condizioni eccezionali il tipo di bosco, la copertura forestale, il tipo di gestione diventano assolutamente ininfluenti. I danni si verificano perché abbiamo urbanizzato gli alvei dei fiumi e canalizzato il loro percorso. Il fatto che i danni (Vara, Genova, Altare) si verifichino nella regione più boscata d’Italia (la Liguria con una copertura boscata quasi del 70%) evidenzia come non sia un problema di “boschi massacrati” (in Liguria…) ma di gestione del territorio.santi ma
Francesco Mezzatesta – Avete visto le immagine del viadotto crollato in Liguria? Una frana ha abbattuto l’infrastruttura e se si guardano i versanti vi sono microalberi tagliati A CEDUOOOOO! Il problema è che NESSUNO SE NE ACCORGE! Addirittura politici che non guardano mai fuori dal loro naso antiambientalista ripetono che bisogna curare la manutenzione. Ma certo che la manutenzione è importante e va fatta ma in questo caso il problema principale è il dissesto idrogeologico. Per tanti,troppi anni e ancora oggi, non ci si occupa di come prevenire o limitare le frane del nostro Appennino. E’ incredibile l’ignoranza della politica nell’occuparsi della corretta gestione forestale dei versanti anche andando contro l’interesse dei singoli proprietari degli appezzamenti di terreno boscato lungo i terreni declivi. Si guardino le foto tra le tante che si potrebbero documentare sul nostro Appennino che dimostrano la responsabilità della “politica anti ambiente” che permette di tagliare insensatamente lasciando scheletrini arborei e giustificando il tutto con la frase “taglio a bosco …ceduo”!
Alessandro Bottacci -Questa è la “selvicoltura” che va di moda in Italia. Non considerare i grandi danni ambientali che produce, significa essere ciechi o complici.
Dobbiamo fermate immediatamente le ditte chi distruggono i boschi per cipparli e bruciarli e dobbiamo far si che siano cambiate le leggi troppo permissive.
Un forestale serio e preparato è un esempio per molti colleghi che sembrano aver perso la strada della ragionevolezza.