DISSESTO FORESTALE

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Paolo Mennuni – Il CFS compilò, in collaborazione con l’ENI, la carta del dissesto idrogeologico che fu anche molto criticata ma non migliorata, chissà perché! ….. Ora chi la deve riprende? I CC?

Giuseppe Salutari – Persi i contatti con la realta’. Durante i corsi di formazione non si parla piu’ di: Dendrometria, selvicoltura, botanica,sistemazioni montane,agrimensura, ecc.ecc.ecc. pertanto i forestali nel bosco non sanno cosa farci.

Cristiano Autolycos Manni -. Ribadiamo alcuni punti, consolidati dalle conoscenze scientifiche.

1) il dissesto idrogeologico NON dipende dall’abbandono delle campagne. Al contrario, l’inselvatichimento (lett. Il ritorno delle selve) sugli ex coltivi ha limitato il dissesto idrogeologico.

2) I boschi, fino al Dopoguerra, non sono stati “ripuliti”, ma saccheggiati, con turni cortissimi, e molti dissodamenti, che hanno portato il nostro paese sull’orlo del baratro. Fu l’azione statale, ed in particolare l’azienda di Stato per le Foreste Demaniali e il CFS, a ricostituire il patrimonio boschivo nazionale.

3) non è l’incuria o la mancanza di manutenzione a creare dissesto e fragilità strutturale, al contrario: l’evoluzione spontanea degli ecosistemi (forestali, fluviali, montani, planiziari, ecc…) porta a strutture sempre più stabili, quanto più vicine alla maturità.

4) le manutenzioni si fanno alle opere umane perché, al contrario dei sistemi naturali, tendono alla degradazione col passare del tempo, e né i boschi, né i fiumi sono opere umane.

5) più l’uomo interviene, peggio è. La società deve adattarsi agli stati di equilibrio degli ecosistemi, non forzarli verso strutture artificiali. Gli ecosistemi, altrimenti, tenderanno sempre a tornare all’originario equilibrio, con processi che spesso noi definiamo catastrofi.

6) la Maremma era, per millenni e fino a nemmeno 200 anni fa, un sistema idrogeologico ed ecologico fatto di fiumi a carattere torrentizio, con alvei ramificati, esondazioni autunnali, pianure alluvionali, foreste planiziarie, sistemi complessi di stagli e lagune (non sempre e non proprio paludi).

7) la Maremma ha subito una radicale trasformazione in pochissimi decenni, è divenuta pianura ad agricoltura intensiva, e a veloce drenaggio dell’acqua.

8) verso quale stato ci aspettiamo che evolvano spontaneamente i sistemi naturali? Quanto ci costa, in soldi, mantenere stati di non equilibrio? Riusciremo mai a ridurre il rischio sotto una soglia accettabile e a costi ragionevoli, visto le difficoltà in cui versano altri settori (scuola, sanità, sicurezza, ambiente)?

Io, purtroppo, la litania che senza il taglio il bosco muore, la sento ripetere anche da gente in buona fede. Non mi spiego perché un tale misconcetto si sia radicato profondamente nella nostra cultura. Anche oggi, dopo gli eventi di questi giorni, si parla di soldi e di interventi di messa in sicurezza. È virale. Interessante discussione è mettere il punto non tanto sulla fragilità del territorio, ma sul fatto che in passato si sono fatte opere e infrastrutture troppo ardite e rischiose. Io ricordo il tratto crollato come una paurosa serie di viadotti che fanno paura come le montagne russe…

Per difendere queste opere si parla, semanticamente in modo errato, di “manutenzione del territorio”, ma ci si dimentica che sono solo le opere ad aver bisogno di manutenzione, perché di degradano col tempo, mentre i sistemi biologici, col tempo divengono spontaneamente più stabili. Eppure questa litania della manutenzione del territorio è diventata doxa, e rischia di ingoiare nuove risorse pubbliche per difendere il mal realizzato, rischiando di degradare monti e fiumi quando forse ci costerebbe di meno adeguare o rifare le opere.

Marco Pezzotta – “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”! Certe posizioni non vengono da ignoranza. Dietro ci sono i fortissimi interessi delle lobbies agronomo-forestali. La posizione “lasciamo fare alla Natura” non porta soldi a nessuno. Tutto qui. E sotto sotto, se vogliamo, c’è l’antropocentrismo cui sono formate e informate le più radicate filosofie di vita. Da “l’Uomo creò Dio a sua immagine e somiglianza” in poi… Facciamola finita, per piacere, con stucchevoli commenti verso i piantatori di alberi! Facciamo solo il gioco degli interessi economici delle lobby dei vivai

Giovanni Barcheri – Le cementificazioni dei corsi d’acqua per portare l’acqua d’estate solo ai coltivi, isola la risorsa idrica dal territorio circostante. Alle piogge autunnali si riversa subito a gonfiare i fiumi perché non è più trattenuta sul territorio e le aree umide che funzionavano come bacini naturali durante le esondazioni sono state pressoché bonificate. Il danno ambientale è enorme perché isolare i corsi d’acqua dal territorio circostante è come isolare i tessuti viventi di un organismo dal flusso dei vasi sanguigni: i vari organi non più irrorati vanno presto incontro alla morte. Eppure c’è ancora un revival di pressapochisti e disinformati che se la prendono solo sulla mancata “pulizia” dei corsi d’acqua. Se così realmente fosse, sarebbe anche un bene perché l’acqua verrebbe meno fatta correre via a gonfiare in fretta i grandi fiumi.

David Diani – Aggiungiamo che in Emilia-Romagna, incredibilmente, non risultano realizzate le Casse di Esondazione che servirebbero lungo il corso del Reno, del Po ed i maggiori affluenti

Carlo Quercophilus Papalini – L’acqua piovana invece di essere intercettata dagli alberi dei boschi massacrati dai tagli e infiltrarsi nei terreni defluisce lungo le ferite inferte al suolo forestale da monte a valle in mille rivoli che diventano mille fossi e raggiungono i fiumi. Possibile che è tanto difficile da capire?

La causa principale delle alluvioni smottamenti e frane è la deforestazione occulta chiamata ceduazione. L’importante è cominciare a studiare i nessi di causalità tra ceduazioni e dissesto idrogeologico senza continuare ad ignorare l’argomento.

Ferruccio Cucchiarini – Intervenire su cedui invecchiati è una cosa estremamente delicata se si vuole garantire una buona e naturale evoluzione forestale. Ho in archivio una bella lettera che ci scrisse anni fa il Dott, Alessandrini, proprio a proposito degli interventi su cedui invecchiati e il rischio di far regredire il bosco con interventi di pura ceduazione. La “nuova estensione forestale è principalmente legata a due fattori, i rimboschimenti effettuati spesso con specie anche esotiche e la naturale ricolonizzazione di incolti, soprattutto in montagna. In entrambi i casi si tratta di formazioni nuove, non ceduabile per ovvie ragioni la prima e sicuramente non opportuno ceduare la seconda in quanto giovani boschi da seme. Queste quindi andrebbero eventualmente guidate verso la foresta matura da gestire con criterio.. Escludendo pertanto le nuove formazioni, quando si parla di ceduo ci si rivolge ai vecchi boschi sempre sfruttati, o in alcuni casi con turnazioni saltate. Il punto è questo secondo me, non possiamo tornare a ceduare i boschi maturi che hanno saltato turnazioni come se fossero semplici cedui per non degradarli e dovremmo fare in modo che lo sfruttamento a ceduo in quelli regolarmente turnati abbia minime garanzie di legalità e tutela della biodiversità. Mi permetto di avanzare alcune perplessità anche sui dati statistici, conosco molte realtà di cedui regolarmente tagliati, ma catastalmente registrati come altofusto, molto tempo fa un addetto mi disse che è prassi per pagare meno tasse, su questo non mi esprimo, ma sarebbe opportuno che i dati catastali corrispondano alla realtà, anche se mi rendo conto della difficoltà dei controlli. Servirebbero grandi investimenti per le foreste, e invece si taglia, questo credo sia un’altro punto cruciale. Per questo servirebbero professionalità e conoscenza che in molte realtà andrebbero forse formate. Il fatto è che la retorica dell’uomo indispensabile alle montagne ritengo sia un po’ abusata. Quando l’uomo si muove in buona sintonia con l’ambiente emergono apporti culturali di grande interesse e valore, ma se la presenza non è responsabile l’ambiente montano paga le conseguenze, e spesso anche noi. Bisognerebbe avere un approccio non ideologico, la visione antropocentrica di fatto lo è, e approfondito. Qui purtroppo l’informazione troppo spesso pecca. Quando piove molto credo che le frane siano un fenomeno normale, ma le ceppaie stressate da tagli continui, il ceduo appunto, amplificano il fenomeno. Non è paragonabile la capacità di tenuta di un apparato radicale in ottimo stato e radici sfinite a causa dei tagli.. Una buona copertura forestale ha la capacità di rallentare il fenomeno erosivo, mentre apparati radicali sani, estesi e ben collegati hanno una maggior capacità di tenuta dei suoli regolando la penetrazione delle acque. Se si cedua si scopre per intero il terreno amplificando il fenomeno erosivo, di seguito lo stress subito in tempi lunghi dalle radici tagliate fa si che il terreno collassi con più facilità, soprattutto in casi eccezionali. Non ci vedo separazione. A parte l’aspetto puramente empirico su cui non mi soffermo, alcune comunità montane con cui mi rapporto sostengono che la quantità di richieste di taglio, migliaia di domande annue, non consentono loro di effettuare controlli approfonditi. Spesso per non rallentare i vari iter sono costretti ad autorizzare. Richieste, a sentire loro, in aumento costante. Penso  che la situazione Piemontese, che un po’ conosco, e quella Lombarda siano molto diverse da quella appenninica. Nell’area ligure interessata non mi esprimo, ne ho una conoscenza poco approfondita. In generale però sulla copertura colma ho un idea molto diversa, si taglia molto e spesso male perchè anche nelle ceduazioni non ci si preoccupa di lasciare piante da seme e di età diverse.

Enrico Rovelli – la situazione dei cedui alpini è diversa da quella appenninica.

Giorgio Vacchiano – Dire che il problema delle alluvioni in Italia è dovuto al ceduo o peggio alla deforestazione è come sostenere che il problema del cambiamento climatico è causato dai vulcani. Certamente In determinate condizioni climatiche e geomorfologiche alcune ceduazioni possono determinare erosione e aumentare il deflusso superficiale.Non ho nessun problema a riconoscerlo, ma non tutte le ceduazioni, non tutte le condizioni. E non tutte le foreste sono cedute attivamente, Anzi pochissime. L’abbandono dei terreni montani aumenta il pericolo, la forte antropizzazione in pianura la vulnerabilità. In linea teorica il ceduo può avere questi effetti, ma in pratica le ceduazioni attive riguardano oggi una piccola parte del territorio, mentre la maggioranza delle foreste ha copertura colma da tempo. Sono fenomeni separati, da un lato erosione e scorrimento superficiale se il suolo è scoperto, dall’altro diminuzione della trattenuta radicale in occasione delle ceduazioni (finora dimostrata solo su pochi casi), o ancora ruscellamento eccessivo per precipitazioni eccezionali nei confronti delle quali il bosco non può nulla. I cedui invecchiati pongono numerosi problemi, se quello principale è la sicurezza ritengo che localmente (a piccola scala) si possano anche tentare vie normalmente non percorribili. Di matricinature vergognose ne ho viste anche io, e non le giustifico di certo (tuttavia spesso non ci sono molte piante “da seme” e “di età diverse “ tra cui scegliere) ma le montagne dove giro io invece sono piene di boschi che non si sa di chi siano, completamente senza gestione su centinaia di ettari. Parlo di Piemonte e Lombardia. In boschi del varesotto, cedui invecchiati le ceppaie collassano e si ribaltano, con grave innesco di fenomeni erosivi e debris flow. Questo dimostra che non esistono verità valide ovunque, facili soluzioni comprensibili “anche da un bambino”. L’ambiente e il bosco è complesso e complessi e variegati i suoi fenomeni. Nessuna di queste due situazioni può essere generalizzata dappertutto. Ma c’è una differenza secondo me, in Italia sono forse venti volte più numerosi i boschi non gestiti rispetto a quelli attivamente ceduati.

Renzo Motta – Il problema é che la foresta (qualsiasi foresta) svolge un ruolo fondamentale nella regimazione delle acque e nella stabilizzazione dei versanti quando si verificano precipitazioni molto abbondanti in un periodo di tempo limitato o precipitazioni che durano per lunghi periodi di tempo la capacità di assorbimento/mitigazione viene saturata e quindi oltre una certa soglia (che può variare a seconda del tipo di foresta, suolo, tipo di gestione…) tutta l’acqua che cade non viene assorbita ma scorre a valle creando le problematiche osservate. Quindi quando si verificano condizioni eccezionali il tipo di bosco, la copertura forestale, il tipo di gestione diventano assolutamente ininfluenti. I danni si verificano perché abbiamo urbanizzato gli alvei dei fiumi e canalizzato il loro percorso. Il fatto che i danni (Vara, Genova, Altare) si verifichino nella regione più boscata d’Italia (la Liguria con una copertura boscata quasi del 70%) evidenzia come non sia un problema di “boschi massacrati” (in Liguria…) ma di gestione del territorio.santi ma

Francesco Mezzatesta – Avete visto le immagine del viadotto crollato in Liguria? Una frana ha abbattuto l’infrastruttura e se si guardano i versanti vi sono microalberi tagliati A CEDUOOOOO! Il problema è che NESSUNO SE NE ACCORGE! Addirittura politici che non guardano mai fuori dal loro naso antiambientalista ripetono che bisogna curare la manutenzione. Ma certo che la manutenzione è importante e va fatta ma in questo caso il problema principale è il dissesto idrogeologico. Per tanti,troppi anni e ancora oggi, non ci si occupa di come prevenire o limitare le frane del nostro Appennino. E’ incredibile l’ignoranza della politica nell’occuparsi della corretta gestione forestale dei versanti anche andando contro l’interesse dei singoli proprietari degli appezzamenti di terreno boscato lungo i terreni declivi. Si guardino le foto tra le tante che si potrebbero documentare sul nostro Appennino che dimostrano la responsabilità della “politica anti ambiente” che permette di tagliare insensatamente lasciando scheletrini arborei e giustificando il tutto con la frase “taglio a bosco …ceduo”!

Alessandro Bottacci -Questa è la “selvicoltura” che va di moda in Italia. Non considerare i grandi danni ambientali che produce, significa essere ciechi o complici.

Dobbiamo fermate immediatamente le ditte chi distruggono i boschi per cipparli e bruciarli e dobbiamo far si che siano cambiate le leggi troppo permissive.

Un forestale serio e preparato è un esempio per molti colleghi che sembrano aver perso la strada della ragionevolezza.

  

IL MILIONE IN AQUA GRANDA

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Antonella Giordanelli – a mio modesto parere quel che non esiste più “terra terra” è l’ordinaria manutenzione MANUALE di ogni cittadino e di quegli operai IDRAULICO-FORESTALI demonizzati con malafede politica a favore di tagli all’amministrazione pubblica e finanziamenti ad imprenditoria privata di megaprogetti costosi quanto improbabili; ora è evidente che addebitare tutto ai cambiamenti climatici consente ad ognuno di noi di lavarsi le mani col fango, indicando la Greta o il Trump come responsabili GLOBALI dei mali del mondo. Viviamo una società dove a mancare è sia il braccio che la mente e il Quoziente Intellettivo non raggiunge neanche la quota del mezzanino del Conservatorio Benedetto Marcello da dove la biblioteca, nel 2014 dopo un anno di lavori grazie allo stanziamento di 190mila euro, di cui 100mila del Miur, è stata trasferita in basso al piano terra di palazzo Pisani, per essere più comodamente fruibile dal pubblico (!). A Venezia (a VENEZIA) si trasferiscono 56mila opere costituite da manoscritti e seicentine al pianoterra, o meglio al pianoacqua…così la città si aggiudica IL MILIONE di MONGOLIni d’oro ! Non solo, ma nessuno accorre a mettere in sicurezza almeno l’archivio storico nei giorni di bora che hanno preceduto l’alta marea astronomica, quando ogni veneziano sa i pericoli dell’eventuale sciroccata che trova il mare ingrossato dalla bora ! Ricordo che nel 1966, quando il Cherubini di Firenze era uno dei quattro conservatori italiani ad avere una classe di musica elettronica, la notte prima dello straripamento dell’Arno si accorse a mettere in salvo i costossimi strumenti !
Daniele Ferrari – Sarebbe molto interessante intervistare il direttore della biblioteca, per capire chi abbia ideato e sostenuto il trasloco al piano terra, e conoscere i nomi di chi, si spera, abbia protestato per iscritto. Licenziare poi in tronco i responsabili del trasloco e chiedere loro il risarcimento dei danni: non si potrà purtroppo riavere quanto perduto, ma si disincentiverà qualche futuro responsabile dal delinquere in tal modo nei confronti della cultura, unico reale patrimonio di tutti.
Poi c’è il comunicato ufficiale della Biblioteca del Conservatorio… Nel “fiume” di parole (mi sia consentito il funereo sarcasmo) spunta “l’assicurazione” scaltramente stipulata dai responsabili: “collegialmente considerati idonei allo scopo”.
Bene! Che sia pubblicato il verbale di quel Collegio Docenti e si sappia chi si è astenuto e chi è invece intervenuto contro la delibera. E si suddivida tra i favorevoli il danno provocato. In casi simili, se non si conoscono i rischi, bisogna avere almeno il coraggio di astenersi, non la viltà di schierarsi per convenienza. Sosterrò sempre che la “democrazia” dell’assemblea è solo apparente: il Collegio è sempre più frequentemente il modo perfetto per pilotare l’approvazione di decisioni prese da pochi, che in questo modo la faranno comunque franca, rimettendosi al parere espresso dal Collegio.
La procura potrebbe procedere al sequestro immediato di tutti gli atti di quel Collegio… ma uno dei partecipanti contrari alla delibera dovrebbe sporgere denuncia, subito!
E pensare che sarebbe bastato trasferire il tutto altrove in attesa di mettere in sicurezza il mezzanino. O mettere in quei 50 (!!!) metri di scaffali pubblicazioni moderne reperibili anche altrove. Un po’ di ginnastica avrebbe comunque giovato a tutti…
Fabio Crescenzi – Il fenomeno dell’acqua alta ha avuto un impennata da quando negli anni dell’ industrializzazione della laguna si decise in maniera avventata di dragarne il fondo per consentire a grandi navi petroliere di accedere con più facilità al polo petrolchimico…milioni di metri cubi di fondale, ora il cambiamento climatico è solo la metastasi di una.malattia iniziata decenni fa…
Franco Tassi – Qualcuno scriverà un giorno la vera storia del MOSE e del Consorzio Venezia Nuova, mettendo in luce lo scandaloso spreco di pubblico danaro, di cui è finora emersa soltanto una parte, e la collezione di clamorosi fallimenti proprio nel luogo, che avrebbe dovuto essere attentamente tutelato come il più straordinario Patrimonio culturale, storico, paesaggistico e architettonico che l’Italia possa vantare. Ho vissuto dall’esterno, con enorme sofferenza, le tappe dell’assedio e della devastazione di quell’ambiente straordinario. Soprattutto quando, negli anni Settanta, lanciavamo a chi non voleva ascoltare, e non sapeva capire, il bellissimo Progetto di creare un Parco della Laguna Veneta, che avrebbe abbracciato e salvato la città, le isole e tutto l’ecosistema circostante. Un colpo dopo l’altro, hanno invece prevalso gli attacchi più assurdi e nocivi: grande industria a Marghera; intenso traffico motorizzato nei Canali; faraoniche e dispendiosissime, quanto inutili opere come il Mose; e infine libere scorribande delle gigantesche navi da crociera … Cosa volevate di più? Oggi siamo arrivati alla resa dei conti, e speriamo almeno che questi segnali di estremo allarme risveglino le menti e le coscienze di un popolo finora insuperabile nell’autodistruggersi. Sottolineando che già in tempi molto lontani, quando non esistevano ancora né i Parchi né l’Ecologia, era stata proprio la Serenissima Repubblica di Venezia ad emanare regole severissime per la tutela dei propri alberi e boschi. Tra le cause concomitanti del disastro anche l’afflusso di acque dolci dalle vallate vicine, per effetto dello scioglimento improvviso delle nevi con l’aumento di temperatura. E non è evidente che la neve, al riparo di una foresta intatta, si scioglierebbe lentamente, e che l’acqua defluirebbe gradualmente? Il “tempo di corrivazione” è stato invece breve, a regime spiccatamente torrentizio, sommandosi con l’arrivo dell’alta marea salata. Quindi la deforestazione c’entra, eccome! Inoltre, su un piano più generale, nessuno puo’ dubitare che sia tra le principali cause dell’attuale preoccupante “mutamento climatico” che l’Italia non contrasta, ma piuttosto favorisce, devastando boschi e foreste, e sterminando persino parchi e alberature cittadine.
Enrico Rovelli – Bastava chiedere ai paesi stranieri come hanno fatto. Invece, il solito squallido sistema italico di approfittare delle emergenze.. la frequenza dell’acqua alta non è conseguenza diretta del disboscamento (attuale), che non esiste. Oggigiorno i boschi del bacino imbrifero di Venezia sono decisamente più estesi di quando il problema dell’acqua alta non esisteva ancora. Certo che sia conseguenza del cambiamento climatico, ma è anche vero che Venezia sta sprofondando da tempo grazie all’estrazione dei gas e dell’acqua dal sottosuolo che c’è stata nel corso degli ultimi 100 anni. Inoltre, l’abbandono dell’itticoltura ha causato l’innalzamento del fondale della laguna, non più regolarmente dragata dai piccoli allevatori, rendendo così più alte le maree (lama d’acqua più sottile). da non dimenticare che per avere l’acqua alta servono tre fattori: 1) venti sciroccali tesi (che pompano l’acqua verso l’alto Adriatico); luna piena (marea magnetica); bassa pressione (alza il livello del mare). Se non ricordo male, nel 1966 ci fu la congiuntura perfetta. L’estate scorsa ci fu un calo pressorio rapido e intenso, accompagnato da un groppo temporalesco, che provocò l’allagamento spontaneo di una parte della riviera romagnola, mi pare Rimini o dintorni. Questo è un effetto molto significativo e visibile dei cambiamenti climatici
Carlo Quercophilus Papalini – L’acqua piovana ha sempre due possibilità: scendere lentamente nel terreno grazie agli alberi e il suolo forestale, oppure defluire attraverso i fiumi al mare. Da qui si consideri i l valore di soglia nei disboscamentie e l’analisi costi -benefici taglio di boschi.
Quando si taglia un bosco maturo per vendere la legna il danno per la società è difficile da calcolare .
Specialmente per le zone a rischio la probabilità alta di frane e alluvioni abbassa il livello della soglia del’analisi costi/benefici a valori inaccettabili per qualunque bravo amministratore .
Ho calcolato che per un beneficio del’introito vendita della legna
L= qxp di 150.000 euro il valore della soglia limite C.m/2800 di spese per danni e manutenzioni è di appena di 2800 euro.
Quindi se si prevede una spesa di appena euro 2800 euro è antieconomico tagliare il bosco.
Considerato che ogni anno almeno per 15 sC si potrebbero ripetere danni alla stessa probabilità s .
I danni sono di diverso tipo:
Turismo – al paesaggio alla flora e fauna.
Alluvioni – allagamenti case e terreni coltivati erosione.
Frane – strade bloccate trasporti inefficienti perdita di produttività agricola industriale e commerciale.
Perdita di fertilità agricola.
Inquinamento
Inoltre il deflusso veloce delle acque limita il riempimento della falde acquifere oppure nella peggiore delle ipotesi il mancato filtraggio boschivo trasporta materiali inquinanti nelle riserve.
Diminuzione di produttività energetica per rilascio di sedimenti nei bacini.
Diminuzione del l’accumulo di carbonio forestale a causa della maggiore luce sul terreno.
Il valore di soglia potrebbe quindi essere usato per fare pressione sugli amministratori e magari convincerli che si potrebbe pagare il proprietario di un bosco ,magari 2800 euro l’anno per x anni salvaguardando il suo diritto di proprietà e il bosco come lo intendiamo noi .
Mauro Cheli – Sto pensando che siamo al parossismo più assoluto. Tutti gli esperti che conoscono le dinamiche della Natura sanno, che non è soltanto colpa dei cambiamenti climatici, se ad ogni pioggia, si registrano allagamenti, esondazioni di torrenti ed altro. Lo dicono ogni tanto in qualche intervista fatta loro, dopo qualche tragedia, dove vengono interrogati dai giornalisti, chi ha dell’onestà intellettuale s’intende. Poi tutto torna a tacere come se la memoria fosse divenuta imbarazzante per chi è stato responsabile di tante scelte scellerate per questo Paese. È inutile che mostrate disperazione, voi, dai ventri obesi e dai cuori a forma di salvadanai. Se non rivalorizzerete la montagna e l’opera preziosa degli operai forestali che voi, avete mandato in via d’estinzione per favorire le attività dove girano grandi somme di denaro, sarete voi, voi, gli unici responsabili della distruzione di questa bella Italia….. siete voi, voi, che avete distrutto la vita di tanta gente, voi che con le vostre logiche perverse di profitto, avete tolto la vita in Montagna e lasciato le cose e le case. Ma la montagna senza vita, non è, e non sarà più in grado di proteggere le vostre città, le vostre banche, i vostri supermercati. E non basteranno più i gommoni o le barche. Mi dispiace soltanto che, alle fine, saranno i più deboli a rimetterci di più…….di questo mi dispiace.

TAGLIATORI COMPULSIVI

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Gaetano Priori – Matteo Renzi non chiamiamolo più “ex rottamatore”. Della sua azione politica rottamatrice è rimasta solo la soppressione del Corpo forestale dello Stato, con infiniti guai per l’ambiente e del sistema della protezione civile italiana. Quando se ne accorgeranno al Governo che è ora di mettere riparo anche a questo?

Lello Ciampolillo M5S Senato – All’alba, gli uomini di Emiliano, hanno attaccato il mio campo di Cisternino per tagliare i nostri ulivi. Hanno violato la proprietà privata, al buio, come ladri, come rapinatori armati di motoseghe, con modi minacciosi e intimidatori, senza esibire documenti. Questi sono gli uomini di Emiliano. Funzionari pubblici, pagati con i soldi di noi cittadini. Questi sono coloro che stanno distruggendo i nostri ulivi, la nostra Puglia. Una vergogna.

Valido Capodarca‎ – Ogni pianta cerca di mantenere l’equilibrio tra l’estensione dell’apparato fogliare e quello radicale. Se viene capitozzata, essa usa tutte le sue risorse per ricostruire un apparato fogliare adeguato; se non ce la fa, muore. I riscoppi sono quei ramoscelli secondari che molte piante emettono lungo il fusto, che non fanno parte della chioma vera e propria. Non a tutti piacciono, perché quasi sempre rompono l’armonia e la linearità di un fusto. Da “dilettanti” pensiamo che una pianta li generi in momenti di crisi della chioma (per capitozzature o eventi meteo avversi) e li tiene come una riserva della chioma stessa. Voglio raccontare un caso in cui una pianta ha fatto estremo ricorso ad essi, purtroppo vanamente. Parlo della famosa Cerqua de Capità, di Montegiorgio (FM).

La Cerqua de Capità era giudicata “la pianta più visibile d’Italia”. Questo per l’abbinamento felice di dimensioni (un fusto di m. 5,19 di circonferenza, un’altezza di 24 metri, pari a un palazzo di 8 piani, e anche 24 la larghezza) e posizione (sul culmine esatto di una collina dominante su tutte quelle circostanti). Nelle giornate serene era visibile anche da 40 km di distanza. La notte del 3 marzo 2003, per una furiosa tempesta di vento, mezza chioma venne giù; dopo qualche settimana, anche l’altra metà seguì la stessa sorte. Ma la quercia dormiva, e sul momento non si accorse di niente. Quando, poche settimane dopo, le radici (cioè il cervello della quercia) si svegliarono, mandarono subito nutrimento alla chioma affinché generasse le foglie necessarie a procurare energia con la sintesi clorofilliana, ma la chioma non c’era più. La quercia si sentì soffocare. Per ripristinare la chioma perduta le radici inviarono tutto il loro nutrimento verso l’unica risorsa rimasta: tra 1 e 3 metri da terra, il fusto aveva generato una miriade di riscoppi, probabilmente a seguito di uno dei non pochi fulmini che in passato avevano colpito la pianta. Con essi la quercia cercò di ripristinare la massa fogliare necessaria. Il disperato tentativo, ahimè, non ebbe buon esito. L’anno dopo, 2004, le radici, ormai allo stremo, riuscirono a ricostruire un po’ di chioma, ma l’agonia ebbe presto termine. Non ricevendo più energia, le radici morirono e, morendo, smisero di mandare linfa alla chioma, che morì anch’essa. A distanza di 15 anni, il tronco è ancora lì, morto, a ricordare che lì era vissuta per 300 anni la Cerqua de Capità, l’albero più visibile d’Italia.

Oreste Caroppo – OGGI IN ITALIA I PROFESSIONISTI DEL BIOCIDIO STANNO DIFFONDENDO LA DEMONIZZAZIONE CONTRO L’EDERA AUTOCTONA PIANTA RAMPICANTE CON LA SCUSA CHE SOFFOCHEREBBE GLI ALBERI!

Certo qualcuno lo soffoca pure, ma ha anche diritto di farlo, perché no!? L’edera ogni tanto si sfoltisce se vuoi, ma mai eradicarla o presentarla come una pianta da estinguere, io l’ho persino diffusa dove mancava in un boschetto che ho piantato! Stai attento a Dioniso, tu che attacchi l’edera a lui sacra!

P.s.: come vi avevo detto i professionisti del biocidio non si fermano davanti a nulla! Io dico che vanno eradicati loro, e nessuna specie/varietà invece che si presenta naturalizzata nel territorio, o che in esso comunque vive! Quando piantiamo un albero dobbiamo farlo non solo per l’albero ma come porta edera perché l’edera è bella ed è sacra a Dioniso, o forse vi è qualcuno che considera l’edera meno importante di un albero? Perché tu non semini mai la. gramigna? Io sì! Un giardino dove è del tutto assente la gramigna è un giardino povero di questa specie!

Cristiano Autolycos Manni – Ho fatto molta apologia dell’edera, simbolo di amicizia (non a caso) per gli antichi. Chi vede l’edera rigogliosa su un albero morto, pensa che l’edera l’abbia ucciso, e non che l’edera si sia sviluppata proprio perché l’albero era morto, e non faceva più ombra con la sua chioma. Questi modo di ragionare è stato definito da Aristotele “paralogismo”, cioè “ragionamento sbagliato “ E’ tipico di persone che hanno una logica molto semplice e lineare , e sono generalmente convinti delle proprie opinioni rifiutandosi di approfondimento: c’è un medico che passa le sue giornate a tagliare edera, pensando che la natura sia così manichea da ospitare nei boschi la battaglia tra il bene e il male, incarnato appunto dall’edera. Ne fa una ragione di vita.

Fabio Crescenzi – Ottima risorsa per gli apicoltori.. la fioritura dell’edera rappresenta l’ultima fonte di nettare prima dell’invernatura degli sciami…

Fabrizio D’Aprile – … da decenni lo dico, lo metto anche nei piani di gestione forestale ma ti guardano come un marziano anche quando mostri delle evidenze chiarissime. Andiamo avanti.

Stefano Wittum – stupefacente! Ma noto che nella porzione di ceduo che ho a Monteloro l’edera fa man bassa di quercioli più giovani e “magri” , ma anche di possenti querce secolari, che – mi sembra – fanno fatica, poichè l’ edera è più veloce a salire di quanto la quercia possa crescere i suoi rami per sfuggire alla “presa mortale”(?). Molti alberi più esili cadono sotto il peso immane di questi carichi di edera, è vero, ma il risultato é piazze vuote di piante in piedi! Mentre sugli olivi è ancora più complicata: l’ edera deve essere tagliata alla base, altrimenti …niente olive. Semmai, la tecnica di NON potare l’ olivo, raccogliendo le olive solo dalle chiome esterne, impedirebbe all’ edera di assalirlo, in quanto la chioma piena dell’ olivo non darebbe all’ edera la luce necessaria. Ma qui si va contro a una ” cultura della coltura” dell’ olivo radicata da secoli: il mito della potatura!!

Alessandro Bottacci – Non tagliate l’edera, è una componente importante dell’ecosistema forestale. Gli olivi sono piante coltivate e quindi esulano da queste considerazioni. Nei querceti l’edera si sviluppa dove ci sono densità basse e dove le piante, per qualche motivo, non hanno un accrescimento adeguato della chioma. In questi casi la situazione di disequilibrio può andare avanti per molti anni e portare a qualche vittima. In condizioni naturali gli alberi tengono benissimo sotto controllo l’edera. L’edera ha una funzione ecologica importante nel sistena bosco. Tra l’altro arricchisce il terreno di sostanza organica, intercetta le preparazioni occulte , incrementa lo stem flew (scorrimento della pioggia lungo il fusto), ospita numerose specie animali, alimenta con i suoi frutti gli uccelli. Dobbiamo avere paura dei tagliatori senza regole, non dell’edera

Il ceduo è una forma di governo barbara, antistorica, antieconomica e soprattutto antiecologica. I fautori del Testo unico forestale e chiunque propugni il ceduo o non conoscono l’ecologia forestale o sono guidati da interessi diversi da quelli volti alla tutela delle foreste. Una cultura della morte sta dilagando nel mondo forestale. ormai dall’ultimo tecnico ai vertici accademico e amministrativi, cercano solo di distruggere alberi e boschi.Mala tempora currunt et pejora parantur

Poi ricordo ai Veneti che la Repubblica di Venezia per secoli ha tutelato le sue montagne e le sue foreste.Ora loro vogliono valorizzarle con tagli insensati, cementificazione e piste da sci. La Natura ci presenta sempre il conto e spesso è salato…come l’acqua del mare. Ora tutti a gridare per salvare Venezia, come se il problema fosse nato solo ieri. Gli onesti che hanno governato il Veneto, e che ora il popolo acclama come salvatori della Patria, hanno speso 8 miliardi di euro per costruire il Mose: un opera dannosa per la laguna e inefficacie per fermare l’acqua alta, ma tanto utile per mettersi in tasca tanti soldi. Se non fermiamo il cambiamento climatico, dovremo rassegnarci a vedere Venezia sempre più allagata.

Massimo Davighi – La Serenissima Repubblica di Venezia, non solo tutelava i boschi severamente, ma anche la laguna. Guai se qualcuno, senza il dovuto permesso, spostava anche solo di un metro un singolo palo, rischiava il carcere. Noi, uomini moderni e “civilizzati”, abbiamo aperto le bocche della laguna per far entrare le navi, scavato canali più profondi, tolti pali e barene, e costruito una fabbrica in sfregio alla laguna. Risultato: la laguna si sta trasformando in mare, ed ogni volta che il mare entra con l’alta marea e poi defluisce, si porta dietro e quindi fuori dalla laguna, tantissimo sedimento, mettendo a rischio ovviamente addirittura la stabilità della stessa Venezia che tende ovviamente a sprofondare. Qual è la morale di tutto questo? Che gli antichi Dogi avevano ragione.

Susanna Vecchioni – Nelle foreste estere tedesche e francesi si sceglie lo “status quo”. Nulla viene toccato, malgrado il “non intervento” trovi alberi di grandissimi dimensioni, querce e faggi che superano di gran lunga le circonferenze italiane. Certamente il discorso va contestualizzato: Foresta, Parco Pubblico e Albero singolo. Alla fine ho fatto pace con l’edera ma anche con gli alberi che la sostengono, forse, l’uomo può pensare di mettere mano (anche se non dovrebbe) su quell’unico esemplare monumentale e lasciare il rampicante libero di appropriarsi degli altri. Sono andata indietro nei secoli, ho voluto porre l’attenzione anche sulle Foreste esistenti ai tempi dell’Antica Roma, al girovagare di Plinio il Vecchio e al suo vagare insieme agli eserciti verso il Nord Europa. Plinio ci lascia delle testimonianze importanti, ci parla di alberi talmente grandi da ospitare dentro 100 uomini… Le foreste erano oscure, buie e fitte. Anche noi avevamo la nostra “Foresta Amazzonica”, ma non era neppure necessario andare verso l’antica Gallia o verso la Normandia… Dalle coste di Ostia verso i Castelli Romani già c’era un chiaro esempio di questo Patrimonio. Tornando a monte, mi sorge una domanda: a suo tempo l’edera e gli alberi monumentali (ma realmente monumentali) non convivevano lo stesso? Sarebbe bello uscire da questo impasse, io dico: ” edera si” ma anche: “albero monumentale”. Un albero salviamolo, tra i tanti e continuiamo a godere da semplici osservatori la meravigliosa ciclicità che la Natura ci ha regalato. Tocchiamo poco, ed se l’albero è alla fine del suo tempo, lasciamolo all’edera. Amo le foreste vetuste e naturalizzate, ho visitato le zone dei Monti della Laga: (Fioli e Padula), immersa per 4 giorni in un contesto naturale abbandonato dall’uomo da 40 anni. Bardane, Calendule, Tarassaci, ma anche Cinghiali, Lepri, farfalle, Bombi e vipere due volte più grandi del normale: Un Jurassic Park abruzzese: Erbe officinali che non vedevo da anni, moltitudini di insetti (che qui stanno pericolosamente sparendo) ti intralciavano il cammino, un “fastidio” che non vivo più mentre cammino nelle nostre località (questo è veramente grave), sono entrata in boschi di ciliegi selvatici, castagni non più potati (immensi e sani) e Dio solo sa cos’altro ho visto: ho bevuto direttamente dai vari fiumi e torrenti che inondano la zona , circondata da una abbondanza da togliere il fiato. L’edera? C’è anche lì, ma non a tutti gli alberi… sembra quasi che ci sia discrezionalità e ci sia scelta, una sorta di selezione intelligente. L’uomo fa solo danni, basta che ci si allontani per godere di un ripristino dell’equilibrio e dell’abbondanza. Un mio consiglio (modesto) è di camminare nei boschi e dentro la foreste, porsi come rispettosi osservatori, basta guardare per capire e per imparare. Amo gli alberi più di ogni cosa ma Madre Terra sa quello che deve fare.

  

PREGHIERA D’ UMILIATI

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Gaetano Priori –  Ricordando Zaccagnini , sig. Presidente Mattarella, lei sottolinea uno dei suoi caratteri distintivi e dice : ” la politica non può essere disumana… ma deve semmai mirare alla ricerca del bene comune, al di là dei confini di ideologie, opinioni e fedi”.

Oggi, la politica dei nostri mediocri politici senza fede ed ideologia arriva ad eclissare ideali e valori, con leggi tanto superficiali quanto dannose. Il decreto legislativo Renzi-Madia che ha soppresso il Corpo forestale dello Stato militarizzando coattivamente donne e uomini di quel Corpo ne è un esempio lampante. La scongiurai di non firmare quel decreto, ma credo che la mia lettera non le sia stata nemmeno sottoposta. Però, non credo che non le sia giunta voce del disagio degli ex forestali. Potrebbe ancora adoperarsi per il ripristino del Corpo e del recupero delle professionalità perdute. L’Italia ha bisogno di un corpo di polizia civile dedicato interamente alla tutela del territorio, qual era la Forestale. Spero che qualcuno a lei vicino glielo riferisca.

Nella sede della Scuola Forestale di Sabaudia, c’è una bellissima Cappella dedicata a San Francesco d’Assisi e a San Giovanni Gualberto, ideata dal compianto Ing. Filadelfo Maglitto e consacrata dall’allora Ordinario militare card. Angelo Bagnasco in una giornata memorabile. Sono i Santi di riferimento di tutti i Forestali d’Italia. San Giovanni Gualberto, in particolare, era il loro Patrono. Con la militarizzazione coatta nell’Arma dei carabinieri, gli ex Forestali hanno perso la loro identità ed ho paura che con il tempo perderanno anche questi riferimenti spirituali e quell’amore per il Creato, magistralmente impersonato da San Francesco d’Assisi. Preghiamo per chi non può lagnarsi e subisce in silenzio una umiliazione troppo grande.  Non ci posso pensare: quel che resta del governo Renzi è la soppressione del Corpo forestale dello Stato! Io ancora non ci dormo la notte! Non avrebbe dovuto firmare il decreto Madia. Anche i grandi costituzionalisti erano ai piedi di Renzi, anzi, sotto i piedi!

Gentile Presidente, Il 15 ottobre 2019 si ricordano 197 anni dall’ istituzione del glorioso Corpo forestale dello Stato, che fino al 31 dicembre 2016 aveva la propria uniforme grigio-verde, che tanto ricordava l’assidua vigilanza nelle nostre foreste; una propria bandiera, pluridecorata al valor civile e militare; una propria Scuola, che ha formato migliaia di donne e uomini, pronti ad interventi di protezione civile e di contrasto agli incendi boschivi fino al sacrificio estremo. Mi rivolgo ancora una volta a Lei, persona sensibile ed attenta alle situazioni di disagio sociale per parteciparLe la sofferenza e la frustrazione di tanti ex forestali, militarizzati coattivamente e senza appello nella pur gloriosa Arma dei carabinieri, affinché si adoperi per la ricostituzione del Corpo, come avvenne nel 1948 dopo la parentesi fascista. Con la riforma Madia ai Forestali è stata negata la propria identità, cacciati dal consesso delle forze di polizia creato con la riforma illuminata del 1981 e le competenze ed i mezzi del Corpo sono stati contesi da altre Amministrazioni, come le vesti di un povero Cristo flagellato e condotto sul Golgota.

Signor Presidente, la Forestale non c’è più a danno del Paese e dei cittadini ignari della vera portata di una riforma sbagliata. Il ruolo dei forestali, ormai ad esaurimento, è stato relegato al rango di specialità, la cui consistenza ed impiego saranno soggetti alle scelte di chi avrà gli oneri e gli onori della guida dell’Arma. In un’epoca in cui la battaglia per l’ambiente dovrebbe essere all’ attenzione di tutti i governi del mondo, l’Italia ha eliminato per sempre l’unica forza di polizia, civile, dedicata totalmente alla salvaguardia dell’ambiente e della salute, valori costituzionalmente tutelati. Ma non è stato tutelato il diritto costituzionale dei forestali di scegliersi il proprio lavoro, forse con la complicità anche di quei giudici che non hanno potuto decidere secondo coscienza e secondo Giustizia. Viva il Corpo forestale dello Stato!

Marcello Ripaldi – lui viene da lì (ex membro della consulta) e in più è del pd. Quindi è parte del sistema. Dobbiamo puntare il riflettore anche per chi è uscito dal carro e dal comparto sicurezza con perdita di soldi, di ferie, qualifiche, sede di servizio con trasferimento a volte di decine di km come i malcapitati nei pompieri o nella pubblica amministrazione e i riformati.

Bruno Lombardi – Insieme a mia moglie abbiamo fatto una scelta, no carabinieri, e sono andato a lavorare a 250 km da casa. Ma al 99% del popolo italiano non interessa assolutamente. In più quello che non capiscono i giovani “green” è che con la soppressione si sono anche tolti la possibilità di un lavoro.

Mauro Cheli – Questa sera ero a cena con due miei colleghi della Polizia provinciale. Percorrendo altre strade, hanno messo in ginocchio anche loro, quando, come in alcune regioni, non le hanno fatte proprio sparire del tutto. A noi ci hanno soppressi. Credo che rimangano pochi dubbi sulla scelta scellerata, voluta, di distruggere chi aveva protetto fino a quel momento, l’ambiente. Che cosa c’è da sperare ancora? Ci hanno voluto fare la festa e basta…non c’è niente altro da capire. Punto. Zamberletti aveva scelto i Vigili del Fuoco e il mio amato CFS, per organizzare la Protezione civile come era necessario. Da quel momento mi sono sentito sempre di più collega dei Vigili del Fuoco, ed oggi il mio cuore è molto triste.

Vincenzo Isidori –  Tra il fuoco degli incendi il fango delle alluvioni la polvere dei terremoti la disperazione delle popolazioni colpite da questi eventi chi avevi al tuo fianco???? Un VIGILE DEL FUOCO ….. Un POMPIERE! !!!