EMME COME MAFIA

A tempo perso è divertente risolvere in enigmistica il famoso gioco “unisci i puntini” …  è comparsa una Emme.

M come Mafia

“La mafia ci salverà dal totalitarismo comunista”, sperava negli anni di piombo un lungimirante liceale, poi laureatosi alla Normale di Pisa ed ora docente universitario.

Allora era presidente della repubblica italiana il partigiano Pertini (già responsabile della strage di via Rasella che innescò la rappresaglia delle Fosse Ardeatine). Era già accumulabile al compagno Napolitano (poi responsabile dell’attuale regime dei nominati nipotini costituendi), poiché entrambi avevano pubblicamente plaudito ai carri armati URSS che reprimevano Budapest (1956) e poi Praga (1969).

M come Maremma

Per un paio d’anni,intorno al 2013, c’è uno strano allarme nel centro di Firenze (patria del Mostro della Massoneria perugina) e nella città di Prato (patria cinese dell’industria tessile dei rifiuti tossici): vengono rapiti e scompaiono cani di grossa taglia.
Si sospetta servano a tenere allenati cani da combattimento.
Nella primavera del 2014,  nelle pubbliche vie e piazze dei comuni grossetani di Manciano, Scansano e Semproniano (patria dei coniugi on.Franco Bassanini e on. Linda Lanzillotta, calabrese), sono apposti avvertimenti mafiosi tramite teste mozzate di lupi.
Contestualmente gli allevatori e specialmente i pastori sardi proprietari dei terreni in Maremma, dove un ettaro vale un milione d’euro, subiscono ecatombe di greggi.
Da sempre le pecore al pascolo sono custodite dai cani di razza maremmano-abruzzese. Grazie a ciò in Abruzzo, nonostante la presenza di orsi marsicani e lupi, non si sono mai registrate predazioni. Infatti i lupi (il cui peso oscilla tra i 25/35kg) non possono affrontare i forti e possenti cani da pastore che pesano il doppio. E pur tuttavia nel grossetano è strage di pecore.
Motivo plausibile potrebbe essere che i cani maremmani non sono ferocemente addestrati al combattimento come i molossi che è usanza russa far lottare tra loro o addirittura con gli orsi.
E’ noto che in quel di Toscana invece della favella sarda risuonerà presto la dolce lingua del DA.

Intensi sono i traffici tra l’est Europa e il sud d’Italia e le movimentazioni da sud a nord, passando per la cina nostrana.

E’ un gioco da bambini, ma non è ingenuo, unire i punti delle città toscane sulla cartina geografica: le banche come Monte Paschi di Siena e gli assessori come il calabrese Pasquale Macrì d’Arezzo, anche lui nominato come Matteo Renzi di Pontassieve e Maria Elena Boschi di Montevarchi (fuor di luogo Perugia con Massoneria e Mostro di Firenze)

  • Manovre e movimentazioni dei nuovi padroni della Toscana hanno un nesso con i lupi (che il sindaco di Manciano vuole sopprimere) e la Forestale (che gli onorevoli Bassanini e Lanzillotta vogliono da sempre soppressa)?
  • Coincide solo un nesso di casualità nelle emme di Maurizio Martina e di Marianna Madia?
  • O è un segno che ci deve far riflettere su un nesso logoco: se effettivamente negli anni di piombo ci avesse salvato la mafia, chi ci salverà dal totalitarismo in questi anni affetti da “saturnismo”?

 

prof. Antonella Giordanelli 

NESSUNO CREDE AI FANTASMI

Tale Maurizio Martina è il 34° ministro del fu dicastero dell’agricoltura, quello abolito da un referendum popolare tanto che gli si dovette cambiar nome con un altisonante MIPAAF. In tale dicastero opera il Corpo Forestale dello Stato.

Perché lì? Nessuno lo sa, ma probabilmente perché era proprio il vivo, reale, operativo, competente Corpo Forestale dello Stato che dava sostanza tangibile intorno a cui mantenere un riciclato dicastero cartonato.

Perché non assegnare al neonato Ministero dell’Ambiente gli 8000 agenti  civili e non militari del Corpo Forestale? Probabilmente perché l’indispensabile dicastero preposto all’ecologia avesse operativi in turnazione i 350 carabinieri dei noe che , essendo laici e non santi miracoli non ne potevano fare a tutela del sistema ecologico.

Eppoi, dopo l’eccesso di delega per l’acronimo Ministerodellepoliticheagricolealimentarieforestali, l’accademia della crusca avrebbe derogato un ministero dell’ambiente-foresta/mare/montagna/valle/pianura, della flora-fauna e del territorio agrosilvopastorale montano-rurale a tutela di biodiversità e biodiritto ?

Era in gioco l’italiano…

E’ noto che il CFS si fregia di una storia bicentenaria, invece il ministro Martina, da cui dipende a tutt’oggi non ha avuto neanche un passaggio in cronaca, benché quotidianamente nel settore di sua competenza s’aggiungano nomi negli annunci mortuari, Martina non compare mai neanche in effige:

  • ULIVI del SALENTO – la faccia è del commissario Xylletti,
  • EXPO’ – il marchio è degli sponsor CocaCola e Mc Donald,
  • TTIP – il cartello è delle multinazionali,
  • CFS – la maschera è di Belfagor.
Ecco perché mai nessuno lo ha né elogiato, né contestato, né accusato, né mai nominato. Anzi per essere precisi una volta Martina fu nominato da quel Renzi che appoggia il TTIP e sopprime la Forestale. Quindi per precisione nessuno lo ha mai eletto, né elogiato, nè contestato, né salutato perché lui, per scelta, è un nonvedente e passa non visto anche negli spazi delimitati d’Expò. O forse nessun addetto al cerimoniale gli ha mostrato il colore delle divise forestali affinché potesse riconoscere gli uomini e donne in servizio come agenti del suo dicastero all’Expò.

Tuttavia, per amor di verità bisogna ammettere che fino ad oggi Maurizio Martina, ha dato prova di sapere che esiste la Forestale perché due anni orsono, in occasione del 192° dalla fondazione del CFS, l’ha molto elogiata, concludendo che “chi è forte non teme i cambiamenti”.

Però non sappiamo se sa che ci sono state nel frattempo altre ricorrenze come i 110 anni dall’istituzione della Scuola forestale di Cittaducale, né se qualcuno gli ha spiegato che ora la tutela dell’agroalimentare, dell’ambiente, dei diritti animali, della biodiversità è passata al Mistero della Difesa (già ministero della guerra).

Comunque il 29 gennaio avendo il Consiglio dei Ministri approvato in via preliminare un

decreto attuativo, deve aver saputo che qualcuno lo aveva scritto e così , per non essere da meno, Martina ha scritto una letterina, che però un mailbombing gli ha sdegnosamente respinto al mittente: lui non rispose e non batté colpo e nessuno udì né parola, né lamento, né rumore di catene.

Però, improvvisamente, all’approvazione del decreto legislativo che abolisce la Forestale, il ministro Martina s’è levato per battere ogni primato olimpionico: in un minuto e ventotto secondi ha sparato in una successione mozzafiato:
1) i CC garantiscono un presidio territoriale straordinario (i comandi stazione nei piccoli comuni, anche montani, sono della Forestale, non dei cc)
2) i CC consentono di radicare l’esperienza nei territorio rurale (i cc non hanno alcuna esperienza nel territorio rurale, ma solo nei centri abitati)
3) garantisce il ruolo forestale e la specificità del patrimonio di professionalità forestale (il ruolo è ad esaurimento)
4) ringrazia per la riorganizzazione che abbiamo fatto> (hanno fatto tutto i carabinieri, lui, Martina, non c’era proprio a lavorare a Roma)

5) ringrazia per (non è stato sentito assolutamente nessuno né dei dirigenti né dei funzionari, né dei sindacati né tanto meno dei tecnici, degli agenti e degli operai del Corpo Forestale).

Martina è riuscito a mettere a segno ogni 20 secondi una panzana:
NESSUNO HA MAI CREDUTO AI FANTASMI
ma riecheggia un’infantile filastrocca in questa storia di ingenue letterine, mele avvelenate, intriganti Boschi, melliflui vampiri:
Min Martina agricoltore / dormi tu? dormi tu?

Suonan le campane/ suonan le campane /a morto, a morto.

prof.Antonella Giordanelli

CCOLLASSO del CCONGEGNO

Col massimo rispetto per il ruolo che ognuno si è assunto nella Campagna #SalviamolaForestale vado riflettendo liberamente su analisi e strategie, ognuna delle quali non esclude l’altra, ma anzi è funzionale a colpire il bersaglio.

DUNQUE
Se nel decreto attuativo viene lasciato l’attuale impianto delle modalità di transito ad altre pubbliche amministrazioni così com’è (e pare che questa sia l’intenzione), non si discrimina né tra operativi e tecnici, né tra uomini e donne, cosicché la realtà vera sarà mistificata con l’asserzione che passare nell’Arma è una scelta privilegiata, dato che chi non vuole assumere lo status militi può liberamente andare altrove.

Nel contempo si inducono subdolamente timori immotivati su incognite lavorative dopo i due anni di mobilità solo per far pressione psicologica. Ipocritamente  i capi generali equivocheranno tra comprensibile timore di cambiare pubblica amministrazione come palese volontà di diventare militare.

L’ex vicecomandante generale dell’Arma, Elio Toscano, nel parere che ha redatto per il Consiglio di Stato, ha raccomandato di limitare la facoltà d’abbandono perché basilare nella stipula dell’accordo Del Sette/Patrone è la promessa di un transito in massa dei Forestali nei Carabinieri.

Tuttavia è improbabile che il governo recepisca l’indicazione del Consiglio di Stato perché gli conviene innanzi tutto pararsi proprio rispetto a ricorsi relativi al cambiamento coatto di profilo lavorativo e di status.

Infatti se nel testo definitivo il Consiglio dei ministri seguisse le indicazioni del Consiglio di Stato, darebbe a tutti coloro a cui venisse negata l’opzione di restar civile valide motivazioni per ricorrere.

Nel testo attuale della bozza di decreto il numero dei transiti (la cui entità si rinvia ad un futuro d.p.c.m.) è solo per i passaggi con mantenimento del trattamento economico. I sovrannumerari passeranno  comunque, ma per mobilità, quindi assumendo trattamento economico della p.a. scelta; pertanto, chi vuole restar civile lo resta, ma oltre il numero x non avrà più contratto delle FFPP,  ma quello dell’Ente dove va (scuola, enti locali, sanità, ecc.)

L’alternativa è diventare militari. Ministri e generali non avranno pudore nell’ affermare che chi passa nei carabinieri o nella guardia di finanza l’ha scelto liberamente, dato che consentono a tutti di restar civili. Del resto l’avvocatura del diavolo presenterà anche i Forestali assegnati ai Vigili del Fuoco come arbitri del loro destino!

E’ chiaro che tale sistema è studiato a tavolino: al Forestale che vuole restare civile si cambia contratto di lavoro (e con le modifiche già fatte al testo unico del pubblico impiego la mobilità non è più provinciale ma regionale, quindi oltre al contratto si rischia pure la sede).

TUTTAVIA
poiché, dopo il blocco delle assunzioni, non c’è pubblica amministrazione che non abbia vuoti d’organico, anche se tutti gli 8000 andassero in mobilità, i posti per ricollocarli ci sarebbero (al più, al sud e nel Lazio, si rischia il cambio sede, nel resto del Paese neanche quello).

E si creerebbero davvero grossi problemi.
Non c’è metodo più efficace per distruggere un sistema che applicare alle estreme conseguenze le sue stesse regole!
…e il ccongegno ccollassa!
E’ ovvia la strategia per cui i CFS questo lo tace; quanto alle organizzazioni sindacali il loro compito statutario è tutelare gli interessi lavorativi e retributivi dei loro iscritti.

Infatti l’unico svantaggio sarebbe che la retribuzione nel comparto sicurezza è maggiore che nella pubblica amministrazione, ma tuttavia sarebbe un affatto esoso prezzo della libertà e della vittoria contro l’arroganza del potere, un beau geste degno di tutti i Forestali vissuti e morti da Forestali, a cominciare da quel Giovanni Gualberto che si ritirò a Vallombrosa proprio in polemica contro l’arroganza delle gerarchie e contro lo strapotere fiorentino!

Insomma se anche i ministri della difesa, delle finanze, dell’interno macelleranno il Corpo Forestale non riusciranno a nutrirsene … e lasciarli a becco asciutto non ha prezzo!

Parigi val bene una messa!

prof. Antonella Giordanelli

COSE TURCHE

cose turche

In Turchia c’è una Forza Armata forte di oltre 100.000 uomini (più dell’Esercito e quasi il triplo degli appartenenti alla Marina).
La stessa è distribuita capillarmente su tutto il territorio nazionale con caserme quasi in ogni municipalità. Attraverso questa forza armata, inoltre, ci sono “presidi” militari presso il Palazzo del Presidente della Repubblica (guardie presidenziali), il Ministero della Difesa (dipendenza diretta), il Ministero degli Interni (uffici interforze), il Ministero della Salute, il Ministero del Lavoro, il Ministero dei Beni Culturali, il Ministero dell’Ambiente, il Ministero degli Esteri (sicurezza delle ambasciate), il Ministero delle Finanze e il Ministero della Agricoltura e Foreste. In nessun altra nazione Europea o occidentale è presente una situazione simile.

A breve, per pervicace volontà governativa, in questa Forza Armata saranno fatti transitare coattivamente (per legge) circa 7.000 dipendenti CIVILI (uomini e donne) di una piccola forza di polizia. Tutto questo nonostante il vigente Codice dell’ordinamento militare prescriva in quel paese l’arruolamento nelle forze armate solo su base VOLONTARIA e nonostante la militarizzazione forzata per le donne non sia prevista neanche in caso di conflitto bellico in atto.

Tutto questo mettendo fuori legge ben sette organizzazioni sindacali. Tutto questo nonostante il partito di governo sia iscritto al PSE. Tutto questo per mano di un sedicente democratico.

P.S. Mi sono sbagliato, non è la Turchia. È l’Italia, oggi.

Gordon Cavalloni

SETTETE: COLPO DI STATO!

addio democrazia
E’ noto che i poteri dello stato sono tre: legislativo, esecutivo, giudiziario; se l’esecutivo esautora gli altri si instaura la dittatura.
Si propone un confronto d’inizio regime:
1922 – Il duce, riceve la fiducia dalle Camere come presidente del consiglio, poiché  era stato il 3° deputato più votato dall’elettorato costituito, togliendo le precedenti limitazione d’età per gli analfabeti, da tutti i cittadini di sesso maschile (il diritto di voto delle donne verrà esteso alle elezioni politiche del Regno d’Italia col decreto Bonomi nel 1943).
Il mandato gli è conferito da un monarca costituzionale per grazia di Dio e volontà della nazione, detto re Soldato come sovrano della più antica dinastia d’Europa combattente alla liberazione di Trento e Trieste.
Il duce forma un governo con 
3 ministri fascisti, 2 popolari, 2 democratici-sociali, 2 liberali, 1 nazionalista, 2 militari, 1 indipendente. 
2014 – L’ enfant-prodige  riceve la fiducia delle camere benché non si sia mai presentato ad elezioni politiche e,  nonostante il suffragio universale, nessuno lo abbia mai votato. 
E’ nominato da un presidente anticostituzionale non per grazia divina (in quanto ateo), nè per volontà della nazione (il Parlamento non gli ha mai conferito proroga al mandato presidenziale) soprannominato re Giorgio perché vetusto comunista di regimi totalitari plaudente all’invasione di Budapest e Praga.
L’enfant forma un governo con
PD: Presidente del Consiglio dei Ministri, 9 ministri, 3 viceministri e 23 sottosegretari
NCD: 3 ministri, 1 viceministro e 9 sottosegretari
UdC: 1 ministro
DS: 2 viceministri
SC: 1 viceministro e 1 sottosegretario
PSI: 1 viceministro
CD: 1 sottosegretario
Indipndenti: 3 ministri e 4 sottosegretari. 
A seguire si nota che l’enfait-prodige del re-padre-padrone, non solo va esautorando il Parlamento del potere legislativo tramite decreti-legge e decreti-attuativi di vaghi disegni di legge, ma va abolendone addirittura il Senato!
 
A colpi d’eccesso di delega, l’esecutivo si sta arrogando il potere legislativo eludendo la rappresentanza e la sovranità popolare.
Gli ultimi sviluppi riguardano il potere giudiziario, che nella storia repubblicana ha spesso supplito lo stato di diritto dal governo Craxi a Berlusconi, il quale invano l’ha contrastato anche molto platealmente.  
Ebbene il PD dell’ enfant prodige, sommessamente, esaminando in commissione parlamentare l’atto del governo n. 306 (relativo al decreto attuativo scritto dal comandante generale dei carabinieri Del Sette) ha inserito nel parere di maggioranza l’applicazione dell’articolo 237 del TUOM (Testo Unico d’Ordinamento Militare) per i Forestali operanti nelle procure. Secondo tale articolo 237 del TUOM, indipendente da quanto stabilito nel Codice di Procedura Penale (!), la trasmissione delle notizie di reato rilevate nella  attività d’indagine giudiziaria devono essere trasmesse innanzitutto alla gerarchia militare. Con l’inserimento del TUOM, tutte le forze di polizia civile (e non solo il Corpo Forestale accorpato ai CC) sarebbero di fatto sottoposte alla gerarchizzazione militare e  quindi dovrebbero  informare i loro superiori (addirittura PRIMA), e non più SOLO l’autorità giudiziaria.
Finora, secondo il codice di procedura penale, l‘agente o ufficiale di polizia giudiziaria, prende notizia del reato, impedisce che venga portato ad ulteriori conseguenze, assicura le fonti di prova e ne dà tempestivamente comunicazione all’autorità giudiziaria. Da quel momento è l’autorità giudiziaria ad assumere la titolarità delle indagini.
Nulla è prescritto riguardo a comunicazioni per vie gerarchie della notizia di reato e nessuna intromissione gerarchica è prevista, né è tollerabile. Fino alla comunicazione all’autorità giudiziaria la titolarità è della polizia giudiziaria operante.
In futuro una comunicazione per via gerarchica, con i mezzi informatici a disposizione costituirebbe di fatto un sistematico mezzo di controllo dell’attività di polizia giudiziaria fin dalla sua nascita, un flusso di informazioni verso i vertici, che potrebbe prestarsi a estromettere la magistratura dall’esercitare i suoi compiti di indagine e controllo su attività illecite o criminose. 
Et voilà, les jeux sont fait: sparisce anche i potere giudiziario!
…e la libertà!
Quod non fecerunt fascisti (dello statuto albertino) fecerunt pdini (della costituzione repubblicana): 
 
L’ Enfaint prodige con re padre-padrone gioca a BUBU Del SETTETE: il COLPO DI STATO!
Antonella Giordanelli

GUALBERTO CONTRO LA CORRUZIONE DEL POTERE

I T A L I A N O S T R A

SOPPRESSIONE DEL CORPO FORESTALE DELLO STATO

Con questa riforma si vorrebbe, in nome di ragioni economiche, sopprimere il Corpo forestale dello Stato. Non ci vogliamo soffermare sugli aspetti tecnici ed economici, che tuttavia non condividiamo. Vogliamo provare ad allargare il ragionamento sui tre principi che la legge delega impone: il mantenimenti del livello di tutela ambientale, dell’unitarietà delle funzioni e alle professionalità acquisite.

Cercheremo di dimostrare, con un’analisi più ampia, che queste prescrizioni non potranno essere mantenute, poiché coinvolgono inevitabilmente importanti aspetti amministrativi, culturali ed etici.

Uno sguardo meno miope avrebbe permesso di osservare che la Forestale non è solo la somma delle competenze elencate per legge, è molto di più: è una tessera essenziale nella cultura e nell’identità della nostra Nazione. Essa, infatti, più che del settore di polizia, cui appartengono tradizionalmente le altre quattro forze, fa parte della storia dell’Amministrazione forestale, delle Scienze Forestali accademiche, della gestione di quel bene comune che è il demanio pubblico forestale, ed è erede della lunga e paziente opera dei monaci benedettini di Vallombrosa e di Camaldoli.

Il patrono della Forestale, San Gualberto, si distinse nei suoi tempi per la lotta contro la corruzione del potere pubblico ed ecclesiastico, nell’ambito di un vasto movimento per la difesa della moralità dell’amministrazione pubblica, e di un rapporto di uguaglianza con la Natura, di cui è stato erede San Francesco, e che oggi rappresenta il paradigma religioso dell’etica cristiana, come ribadito dall’Enciclica “Laudato sii”, di papa Francesco.

Nella stessa preghiera del Forestale, e nel motto “pro natura opus et vigilantia”, c’è un richiamo alla vera missione di ogni Forestale che, prima che obbedire al diritto positivo, che comprende leggi giuste e ingiuste, perché formulate dagli uomini, risponde invece al diritto naturale, e riconosce alla Natura lo status di “soggetto di diritto”, e non di mero oggetto. In questo, l’etica del Corpo forestale dello Stato, guarda appieno, e forse anche oltre, i principi del nostro ordinamento. Per questo la soppressione della Forestale rappresenta un impoverimento del patrimonio culturale della Nazione, e nello specifico, quel patrimonio che afferisce all’etica civile, ambientalista e cristiana.

La Legge Delega impone il mantenimento dell’unitarietà delle funzioni, ma l’ipotesi di soppressione del Corpo forestale dello Stato rappresenta un altro durissimo colpo all’unitarietà delle funzioni di gestione e controllo del patrimonio naturale, iniziate con il passaggio alle regioni e che, molto probabilmente, culminerà con l’istituzione di nuovi corpi forestali regionali, cui saranno appunto affidate le funzioni di controllo sulle materie regionali, amplificando gli effetti negativi di quel modello delle polizie locali, che ha inopinatamente previsto la coincidenza tra controllato e controllore.

Nella legge Delega è prescritto il mantenimento dell’attuale livello di tutela dell’ambiente. Ma si ottiene questo soltanto garantendo le attuali risorse economiche, strumentali e di personale. Sopprimendo il Corpo forestale dello Stato, non si elimina una semplice forza di polizia, ma si indebolisce la tutela dell’ambiente e del paesaggio, indebolendo la storia, la cultura e la tradizione ambientale nel nostro Paese.

Quello che temiamo, nel passaggio ai Carabinieri, è la morte di una delle branche principali di quel grande albero che è la cultura ambientale, sia nelle intenzioni dei supremi legislatori, sia nell’opera della pubblica amministrazione, sia nella cultura e nell’azione dei cives.

Nella legge delega è prescritto il mantenimento delle professionalità. Ma gli uomini della Forestale, come tutti quelli che indossano un’uniforme, si riconoscono nei loro simboli: l’aquila con i martelli forestali fra gli artigli, le canzoni della Forestale, la preghiera del Forestale e il motto della Forestale. In questa ipotesi di accorpamento non c’è nessun accenno al mantenimento di questa identità della Forestale, condizione essenziale perché il lavoro quotidiano sia portato avanti con le giuste motivazioni che derivano dalla fierezza di appartenere ad un’amministrazione con una storia onorevole e antica. La pretesa di mantenere la professionalità di settemila persone, dopo averle rese orfane dei loro simboli, e private della loro identità, è probabilmente troppo ambiziosa. Questa scelta avrà effetti deleteri sulla psicologia e sulla professionalità dei Forestali, rispecchia l’insensibilità e il profondo significato di essere a servizio del proprio paese in uniforme.

Anche la militarizzazione del personale può rappresentare una limitazione alla tutela ambientale.

Il servizio in Forestale, infatti, coincide per molti con l’impegno civile in associazioni di tutela, come Italia Nostra. Ci preoccupiamo che l’ordinamento militare imponga loro regole più restrittive, sia alla partecipazione, che alla libertà di espressione personale nella società civile, in un settore, quello ambientale, che coinvolge ampiamente le scelte di politica locale e nazionale. L’ambientalismo, purtroppo, è infatti ancora considerato come una semplice opinione politica, e non ancora, come dovrebbe, un preciso dovere civico.

Per finire con una proposta, riteniamo che non sopprimendo, ma potenziando il Corpo Forestale dello Stato, si possano conseguire gli obiettivi della Legge Delega, ivi comprese le esigenze di bilancio pubblico. E difatti l’assorbimento nell’Arma dei Carabinieri deve essere, per il Legislatore, una mera eventualità alla riorganizzazione. Nel linguaggio comune, la parola “eventuale” indica il verificarsi di una seconda possibilità secondaria, preso atto dell’insuccesso dell’ipotesi principale. Vorremmo sapere quali sono stati i tentativi del Governo di riorganizzare il Corpo forestale, perché sono falliti, e quale è stata la motivazione per passare all’ipotesi, appunto, eventuale.

Michele Scola – Presidente della Sezione di Grosseto di Italia Nostra

CHE CI AZZECCA?

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Il Prefetto Gabrielli, persona semplicemente positiva, di quelle che non le mandano a dire le cose, ha espresso con chiarezza il suo parere sull’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato all’Arma dei Carabinieri e quanto ha detto trova preciso riscontro nei dati oggettivi tanto del trascorso dell’Amministrazione che nell’attività quotidiana del CFS.

Ovviamente la cosa non può essere stata condivisa da chi da questa operazione di cancellazione di specificità andrebbe ad ottenere un vantaggio o più aspetti vantaggiosi, certamente leciti sotto tanti aspetti ma anche controversi per altri.

Se da un lato una struttura encomiabile ed indispensabile come l’Arma dei Carabinieri si organizza per allargare il proprio orizzonte operativo, prendendo in un sol colpo tutto quanto di cui il CFS si è occupato sino ad oggi, già da prima della stessa creazione dei CC, è giusto pensare che il progetto nasca sulla base di un impegno destinato ad avere successo, raggiungendo prima o poi una operatività ideale, una capillare presenza, non foss’altro perché diventa proprietaria, fruitrice di tutte le risorse e del know how del Corpo, moltiplicando le proprie sedi in migliaia di località.

Anche se fosse demandato ad altra Amministrazione dello Stato di sostituire il CFS e la si dotasse delle necessarie risorse tecniche, economiche ed infrastrutturali, un sano progetto ed un’altrettanto sana realizzazione dello stesso porterebbero, prima o poi ad una efficienza ottimale.

E quando si usa il termine sostituire e non accorpare lo si fa a ragion veduta poiché come stà accadendo e come è dato comprendere con un minimo di lettura dei dettami del decreto, tutto passerebbe ai CC, salvo alcune competenze ad altre Amministrazioni, ma non certo tutto il personale, limitato dai passaggi necessari per la conversione da civile a militare.

Non si può tacere ovviamente che se gli sforzi economici necessari allo scopo ed i nuovi reclutamenti avessero per destinatario il Corpo Forestale dello Stato, sarebbe il CFS ad incrementare le proprie capacità, magari potendosi permettere di accollarsi altre incombenze o riprendersene alcune cedute ad altre Amministrazioni.

Ma dall’altra parte della medaglia non può non essere considerato che per far questo si pongono in essere due condizioni non proprio in linea con la logica che accomuna molte delle Polizie Europee, e si genera un cambiamento che è di fatto una sconfitta senza battaglie del Corpo Forestale, privato della capacità anche solo di dialogare, di argomentare, di contrastare o di concordare un passo così importante e significativo per la stessa terra Italiana.

Si passa da una struttura radicata sul territorio, entrata nella vita di milioni di persone che vivono, lavorano e riempiono con la loro presenza i nostri centri extraurbani dalle caratteristiche di polizia civile, ad una struttura di polizia militare, nata come tale, efficiente in tutt’altri contesti per questa sua peculiarità, generando una invasione del campo operativo del CFS con logiche ed ermetismi che difficilmente troveranno la collaborazione del cittadino almeno come oggi accade nei confronti del CFS.

Si và nella direzione opposta al contesto europeo, per non dire mondiale, di disporre di polizie civili, lasciando la militarizzazione ai ricordi di tempi passati, per specifici utilizzi e tutt’altro che democraticamente apprezzabili nei ricordi di molti e nella attualità di molte nazioni.

Si crea un mostro di operatività, saturando il territorio, quasi che ci si dovesse preparare a nuove conflittualità o nuovi scenari, privando di fatto l’altra struttura, la Polizia di Stato, anche solo della presenza egualmente importante sul territorio con le caratteristiche già enunciate.

Si inserisce all’interno del contesto della tutela del territorio inteso nella sua globalità di avifauna e ambiente, un elemento chiave avulso per logica che è il Ministero della Difesa, quando per i vari contesti dedicati a ciò operano con esperienza ed abnegazione già il Ministero degli Interni ed i suoi dipartimenti che fanno capo ai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile.

Semplificando il discorso, ma solo per chi non vuole capire, se il territorio lo si tutela dagli incendi con i VVFF, lo si soccorre con la Protezione Civile, lo si sorveglia oggi con il CFS in quanto Corpo specializzato a ciò, in una collaudata e certamente migliorabile ed auspicabile collaborazione, che c’azzecca, direbbe il Di Pietro nazionale, che sul territorio, serenamente civilizzato, entra il Ministero della Difesa e la corposa e concorrente presenza dell’Arma dei Carabinieri non certo a fare quello che altri non hanno mai fatto ma a fare quello che altri, leggi CFS, fanno da sempre?

Ben altra cosa sarebbe stato se il CFS fosse confluito nella Polizia di Stato, evento di ben più agevole realizzazione e rispondente ad una logica più stringente, più calzante, certamente meno indolore e probabilmente ben più rapidamente attuabile.

Da sempre, ed ancor di più nella nostra cara Italia, la sovrapposizione di competenze o lo spezzettamento di esse tra enti diversi ha generato e genera solo disservizi che, quando non sono tali letteralmente, rappresentano solo costi aggiuntivi, quasi che fosse imperativo complicare gli affari semplici, inscatolare alla cinese maniera passi della vita della nazione per definire poi un successo riuscire nell’apertura dei vari involucri, inutili, ingombranti, inessenziali.

Cosa che non sempre riesce e le scatole diventano ingombri inutili.

E’ singolare che la decisione di accondiscendere e favorire la pretesa miglioria dello scioglimento del CFS sia stata presa autarchicamente da un Capo del Corpo che è tale da oltre un decennio, in opposizione alla corretta logica dell’avvicendamento al comando di tutti gli altri Corpi civili e militari, a volte additato per controverse vicende di nepotismo, privo di qualsiasi esperienza militare, in netto e deciso contrasto con la stragrande maggioranza, per non dire della totalità, degli appartenenti al Corpo Forestale dello Stato, quasi che la cosa sia una affare privato e non coinvolgesse migliaia di persone che, volontariamente ed a prezzo di sacrifici hanno faticosamente conquistato il rispetto e l’apprezzamento della nazione e mantenuto alta la bandiera del CFS.

Altrettanto singolare è che da parte del vertice del CFS non sia stata emanata alcuna nota chiarificatrice di quanto si stava ponendo in essere, rimandando alla iniziativa libera dei comandanti regionali o dei funzionari più intraprendenti la spiegazione di alcuni passi di quanto in itinere, talvolta parziali o distorti per non generare allarme o perplessità più che lecite, o semplicemente minimizzati in previsione di aggiustamenti futuri.

Tant’è che il Capo del Corpo, in occasione del Giuramento dei nuovi Vice Ispettori a Cittaducale l’8 Marzo scorso anziché incoraggiare le nuove forze al lavoro, premiarli verbalmente del successo ottenuto con la nomina, ricordare la storia del Corpo e le sue molteplici peculiarità ha dedicato il tempo a sua disposizione a cercare di chiarire alcuni dei previsti passaggi all’Arma quasi che ciò rappresentasse una vittoria ben più importante della importanza della stessa cerimonia.

Considerare tutto ciò atipico ed illogico è quantomeno doveroso, certamente antieconomico per una nazione alla quale quotidianamente viene inoculata l’esigenza di cambiamento verso una più semplice e parca gestione delle risorse, chiamando al sacrificio tutti per il bene di tutti.

Mai e poi mai, in un paese civile, degno di tale attributo, si sarebbe generata una mole di malcontento e di attrito con proprie strutture interne in cui sono impegnate migliaia di persone di vitale importanza per il territorio, destinata a sua volta a generare ricorsi, costi, disservizi e lotte tra Corpi dello Stato per ottenere quello che altri hanno o non hanno.

Il tutto è destinato solo a far contenti pochi, veramente pochi, alcuni dei quali saranno delusi nelle proprie aspettative, altri attesteranno le proprie perplessità, il tutto a totale svantaggio del cittadino finanziatore delle intemperanze di chi, anziché operare nel rinnovamento e nel miglioramento, ha solo aderito alle pretese di prevaricazione di qualcuno.

Ed a nulla serve invocare la certamente valida organizzazione dell’Arma dei Carabinieri utile a abbattere i costi del servizio oggi prestato dal CFS poiché è noto che le forze sono sottodimensionate già per i servizi normali e la riqualificazione di parte del personale del Corpo per l’ingresso nell’Arma imporrà nuovi ingressi ad occupare i posti resisi liberi da chi l’accorpamento non lo accetta o non ne può usufruire.

Banalmente, chi ha deciso di partecipare al concorso per diventare agente del Corpo Forestale scegliendo un percorso lavorativo e professionale caratterizzato da un ordinamento civile, magari scartando per rispettabili motivazioni di candidarsi ad entrare in una struttura militare, oggi si trova a ricevere l’imposizione di convertirsi a militare o a fare altro altrove.

Né è minimamente accettabile definire un obbligo vestire un’altra divisa il fatto di aver prestato giuramento alla Repubblica perché il medesimo giuramento è stato prestato per specifiche appartenenze da milioni di cittadini senza per questo dover essere costretti a convertirsi da insegnanti o medici o archivisti del catasto a militari in qualsiasi Forza Armata.

La cosa migliore che il Governo potrebbe fare sarebbe quella di riaprire il discorso, accettare le proposte di chi il Corpo ha mantenuto efficiente e produttivo per la collettività, e sono tanti, usufruire delle competenze di chi ha operato sul territorio e conosce le peculiarità del Corpo Forestale dello Stato, gettando un occhio anche alla illogicità della sua soppressione mantenendo in essere i Corpi Regionali delle Regioni a statuto speciale che, salvo alcune specifiche competenze, sono copie del CFS ad uso regionale, addestrate e qualificate nelle medesime strutture nelle quali da sempre il CFS ha creato il proprio personale.

Cambiare si può ed in meglio, con costi più contenuti legati ad un adeguamento che non è avulso dal miglioramento dettato dalla modernizzazione del servizio prestato dal CFS, prestando attenzione a non generare qualcosa che contrasta con la logica di portare il servizio, perché tale è, il più vicino possibile al cittadino, ricercando nelle affinità tra Amministrazioni dello Stato i passi utili a fare meglio.

Chi crede di poter cancellare anni di storia e di operatività dall’interno del Corpo Forestale dello Stato sbaglia ed in malafede, forse perché non ha mai calzato gli scarponi e consumato le proprie energie percorrendo il territorio affidatogli sino ai più remoti recessi per il bene di tutti gli Italiani, passati, presenti e futuri.

Chi ritiene che Forestale sia un facile adattamento di competenze disconosce la filosofia stessa del Corpo Forestale dello Stato, fermo riferimento dello Stato ovunque ma al contempo profondo conoscitore delle realtà in cui opera, amico per risolvere ed assistere, prima che sterile repressore, compito al quale non si è mai sottratto quando le circostante lo hanno imposto.

Qualunque cosa si vada a concepire per migliorare la si faccia nell’interesse dell’Italia e non di una parte degli italiani, spesso disattenti agli interessi comuni, capaci di distruggere ciò che di buono esiste nel nome del cambiamento, smentiti fin troppo spesso dai risultati e dai costi di trasformazioni epocali rivelatesi inutili se non deleterie.

ASTOLFO BOSCO

 

Distanze siderali tra CFS e CC‏

distanze siderali

Egregi Onorevoli,
giunti a questo punto della vicenda Corpo Forestale dello Stato, direi, dal nostro punto di vista, in articulo mortis della speranza di salvare principi e ragioni del tutto contrarie ad un progetto che riteniamo sbagliato e depauperante per il Paese, in questo breve spazio che ci è concesso crediamo di poter lasciare agli atti del Parlamento solamente la testimonianza di una grande amarezza: quella di vivere e di subire un genocidio culturale.

Uso appositamente il termine di genocidio culturale per descrivere la cancellazione reale di un pezzo dell’Italia che funziona e che funziona bene da 200 anni, adattandosi alle mutevoli esigenze della collettività nel territorio montano e naturale, perché questo termine è stato coniato ed utilizzato, fino a pochi mesi fa, dal nostro Capo, l’ing. Cesare Patrone per descrivere il processo di cui stiamo ora discutendo, condividendo allora questa drammatica valutazione con tutto il personale forestale e tutte le amministrazioni locali d’Italia, le Unioni Montane, i Consigli Regionali e i Comuni che ci sono stati vicini e che tuttora percepiscono chiaramente l’assurdità di questa riforma.

Abbiamo ormai capito che l’ultima istanza in materia di legittimità dell’operazione di militarizzazione del personale forestale sarà solo oggetto di contenzioso amministrativo, vista la sordità dei nostri interlocutori nel farsi carico di approfondire le clamorose criticità in ordine allo status giuridico di oltre 7000 dipendenti civili dello Stato, e per questo motivo non entro per nulla nell’argomento, ormai privo di interesse politico.

Ma la ferita più profonda ed umiliante, quella che rappresenta la sintesi più completa dell’arco delle errate informazioni e delle mistificazioni su cui si è costruito l’intero procedimento normativo, è l’immagine consegnata alle Commissioni parlamentari dal Capo del Corpo, lo stesso che prima definiva genocidio culturale l’assorbimento della Forestale, quando oggi afferma che “questa scelta è pienamente giustificata dalla contiguità antropologica dei Carabinieri al Corpo Forestale dello Stato”.

Ebbene, se c’è una distanza siderale, proprio nei termini antropologici alla Patrone, è proprio quella tra Forestali e Carabinieri.
Si può dire, anzi, che non abbiamo nulla in comune, a parte il territorio che calpestiamo, così come lo condividiamo con i veterinari o le maestre d’asilo, ma che non per questo vengono militarizzati.

Ci distingue ogni aspetto, dallo status giuridico fino alle modalità di esercizio della responsabilità e dell’autonomia nell’affrontare le situazioni emergenziali, dall’approccio tecnico e scientifico ai problemi della montagna e della popolazione rurale, alla polifunzionalità e alla versatilità nella governance a stretto contatto con le amministrazioni locali, con i Comuni, con gli Enti Parco, con le Associazioni di Volontariato di Protezione Civile e con le Associazioni Ambientaliste.

Mistificazione è quando si dice che la struttura sarà potenziata … Il Forestale, una volta assunto, era esclusivamente per l’Ambiente, era “per sempre”, come i diamanti; adesso sarà a tempo e a ruolo ad esaurimento. Una classe direttiva di funzionari specialisti e laureati in dieci differenti discipline nell’attuale Corpo Forestale, cresciuta anche nelle Scuole della Polizia di Stato, costituirà nel progetto dell’Arma un cimitero degli elefanti, ufficiali militari, che non potrà più disporre di una struttura esclusivamente dedicata all’ambiente, perché a tutti appare chiara l’arbitrarietà e l’aleatorietà della destinazione descritta come “prevalente” nel progetto.

La Forestale, le donne e gli uomini della Forestale hanno incarnato per 200 anni gli sforzi di un intero Paese nel perseguire i principi della sostenibilità delle attività umane in territori delicatissimi, preda del dissesto idrogeologico e della perdita di biodiversità, e li ha conservati integri dopo 200 anni restituendoli come dono al Paese e pronti ad un modello di sviluppo tutto da reinventare da parte di una politica assolutamente ingrata.

Il NOE dei Carabinieri è nato nel 1986, 30 anni fa, e nel NOE non ci sono profili professionali permanenti, ma è piena e reversibile l’intercambiabilità con ogni altra mansione o specialità dell’Arma. Ora questo modello verrà applicato a tutto il personale forestale assorbito, che scientificamente verrà sostituito in pochissimi anni da altro personale militare la cui formazione non potrà che essere altrettanto generica perché non permanentemente finalizzata, ma sempre ancillare alle esigenze prevalenti della Difesa.

Una visione ingrata e miope, perché il Corpo forestale poteva ben definirsi fino ad oggi un’amministrazione smart, leggera, low cost anche per la Corte dei Conti, che si è mantenuta con i proventi dell’attività sanzionatoria soprattutto amministrativa, quella che scomparirà perché poco redditizia sotto il profilo mediatico ma che al contrario è da sempre, dalla nascita dello Stato Unitario, indispensabile per la manutenzione fine del territorio attraverso le norme regolamentari e non solo del codice penale.

Anche la distanza tra la funzione di prevenzione di una polizia civile come la Forestale e la funzione repressiva ed ingessata di una forza Armata è antropologicamente e politicamente siderale. Per non parlare dell’educazione ambientale, svolta ora a 360° da ogni struttura del Corpo, e i cui risultati sono incastonati nella coscienza civile ed ambientalista degl’italiani.

La Forestale è femmina al 20%, è quindi anche madre, madri che verranno come gli altri sottoposte al ricatto occupazionale di dover accettare lo status militare, ovvero una differente e penalizzante programmazione della vita privata, una drastica riduzione degli spazi di rappresentanza, il passaggio dalla giurisdizione della magistratura ordinaria alla magistratura militare dopo anni e decenni di lavoro professionale ricco e gratificante perché denso di rapporti trasversali ed intriso di società civile.
Ci chiediamo quindi dove sta questa contiguità antropologica per cui il Corpo forestale viene fatto scomparire nei Carabinieri.

L’unica contiguità antropologica evidente, a parere degli 8000 uomini e donne della Forestale di oggi, è quella nelle posizioni di Vertice, Forestale e Carabinieri, dalle quali lo stesso Capo della Polizia ha cercato di smarcarsi con molta chiarezza e lucidità politica ed amministrativa, prima di essere richiamato alla stretta osservanza del progetto di demolizione governativo.

Un progetto, già definito un errore, che è stato realizzato per conto del Parlamento con l’esternalizzazione ad una Forza Armata, non solo a nostro avviso, in modo assolutamente arido, ragionieristico, viziato da obiettivi che nulla hanno a che fare con l’ambiente e che dimostra già ora, prima di entrare in vigore, la distanza antropologicamente siderale tra i territori montani, rurali e naturali del Paese ed il soggetto istituzionale che si candida, non solo con obiettivi ed organizzazione confusi, alla loro tutela interna, ma addirittura con ambizioni di proiezione internazionale, utile più ad una diversificazione della propria immagine e di quella dei propri Vertici che alla risoluzione dei complessi problemi dell’Ecosistema ambientale Italiano.

Se non sopravvive, un giorno la Forestale dovrà essere rifondata.
Non basta una macchia di verde su una divisa nera per fare una riforma utile per il Paese.

Roma, 30 giugno 2016
Il Segretario Nazionale DIRFOR
Sindacato nazionale dei dirigenti e direttivi forestali
Maurizio Cattoi