GLI INTRUSI

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Mirko Revoyera – FIABE A CASTELLUCCIO DI NORCIA
Straordinarie fondazioni in giunco e bambù legati con fili di gramigna, che faranno da basamento alla mirabile struttura a impatto zero DELTAPLANO costituita di pareti in terra e canapa, travi in quercia e castagno, coperture in laminato di mais. Vetrature in zucchero laminato, arredi in cartapesta. Per le fondazioni è prevista una colata di terriccio ottenuto con lombrichi della Valnerina.
La piana sarà dunque perfino fertilizzata da questa struttura ecologicamente preziosa.
Come hanno dichiarato le autorità non sarà utilizzato acciaio, e niente calcestruzzo. L’acciaio è solo appoggiato, poi lo tolgono.

Gianluca Scarso – sono in Guardia di Finanza. Ho addestrato 16.500 allievi marescialli. Ho addestrato io i finanzieri del G8 a Genova. Sono stato a Nocera Umbra. Crollava tutto di continuo. Sono stato a L’aquila. Lo rifarei anche ora. Ma per le persone. Non certo per le istituzioni. Ne ho fatti 3 di soccorsi ai terremoti. Gli ultimi 2 senza essere pagato. Purtroppo ci hanno trasformato da servitori a servi. E la disaffezione è il risultato.

Giovanni Mura – sono stato al terremoto come CFS e lo stato si è ripreso tutti i soldi che mi aveva pagato in straordinario, ma questo non mi impedirebbe mai di tornare se Dio mai voglia ci fosse bisogno…. io l’ho fatto, e lo rifarei tutti i giorni se sei un collega sai cosa significa toccare tutto ciò che nessuno nella sua vita vorrebbe mai vedere, infilarti in posti assurdi perchè senti una voce… con la terra che ti si muove sotto il culo continuo a pensare che sono fortunato, per questo dobbiamo farlo, non certo per quelle merde di politici.

Antonello Miconi – Ricordiamoci che siamo nell’interno di un Parco.Non se pò pensà,a di,che era prevedibile, ma volemo scherzà…

Ivan Mazzone – qui nessuno oltretutto ha vigilato, l’esperienza scorsa non ha insegnato nulla.aspettiamoci il peggio, ora arriva la stagione torneranno i motociclisti e le sagre.
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Alessandra Di Gregorio – Il fatto che ci siano i vari operatori a pulire, il mattino seguente, non significa che durante le manifestazioni si debba produrre per forza tutto sto schifo. Penso che in montagna amiamo tutti andarci, ma ci portiamo i sacchi della spazzatura appresso e la roba, se non ci sono bidoni ecc, ce la riportiamo a casa e la destiniamo come si deve. O no?

Osvaldo Moscone – Minimo si doveva fare subito dopo che la grande macchina del giro d’Italia andava via.

Emanuela Biondi – Ma perché pulire …facciamo divertire il vento a sparpagliare la vs monnezza fino al Corno Grande …!!! …TUTTO MOLTO PITTORESCO DEGNO DELLE lauree PRESE COI PUNTI DELLA MIRALANZA !!!

Martina Cervella – Quando si scambia la montagna per un parco divertimenti per il grande pubblico è del tutto normale aspettarsi un tale risultato. La gente che solitamente non vive la montagna non sa che la spazzatura si riporta a valle ciascuno nel proprio zaino. Bene hanno fatto a pulire subito anche se di sicuro per il vento qualcosa è andato sparso per la piana. Che vi devo dire se a voi piace così! Io detesto le folle che solitamente non portando più di tanto denaro ma rischiano di far guai.

Morena Di Carlo – Non oso immaginare lungo tutto il percorso… Schifezze di tutti i generi lanciate anche fuori strada…

Andrea Mancini – Un plauso ai ragazzi del ctgs che hanno ripulito il tutto!

Gianfranco Cocciolone – il grosso e’ stato tolto molto velocemente…ma tanta roba la trovi verso il Duca e altro causa vento forte..che l’ha spostata…Le sporcizie sono attuali e ci sono ancora gli striscioni..delle ditte……La critica va verso chi ha gettato tutta quella roba, chi non ha messo i cassonetti, tanti e necessari per la raccolta differenziata e quant’altro….ma tantissimo altro ancora..compresi i bagni chimici ecc..ecc.. e chi non ha previsto di toglierla subito; ora considerate che, prima hanno tolto tutto quello che stava di fronte l’albergo… che e’ stato li per mesi interi ed era anche pericoloso per la pubblica incolumita”…ecc..ecc… In pratica improvvisazione e scarso volere di far decollare il Gran Sasso…ma queste sono cose che gia’ sappiamo…

Dario Rapino – Il fototrappolaggio di notte non è troppo invasivo? È una domanda che mi sono posto, sopratutto sugli effetti del flash sull’apparato visivo. Ho consultato alcuni studi fatti al riguardo e tutti concludevano sul fatto che il lampo del flash, della durata di pochissimi millescondi, non influiva affatto sui bastoncelli , che sono quelle parti della retina predisposti alla visione notturna. Molto più invasiva sarebbe invece una torcia elettrica, che farebbe riacquistare la vista all’animale solo dopo 5-20 minuti. Risolto questo problema, direi che l’impatto del fototrappolaggio sulla fauna selvatica è enormemente inferiore rispetto a tutte le altre attività antropiche (caccia, fuochi d’artificio, tagli boschivi ecc..) , fotografia tradizionale compresa. Penso che il fototrappolaggio sia il modo migliore per l’osservazione della fauna selvatica ed il meno invasivo. Naturalmente ciò non toglie che vadano osservate molte precauzioni, in primis mutare spesso i punti di posizionamento per non costringere gli animali a cambiare i percorsi abituali.
Repetita iuvant e per favore sturatevi le orecchie: un amico mi segnala che sono stati modificati gli orientamenti dei posatoi che abbiamo messo nel sito dei gruccioni. Ora, il sito è chiaramente pubblico e ciascuno può accedervi, con una limitazione però, che già era stata resa educatamente nota: NON VA ARRECATO NESSUN DISTURBO AGLI UCCELLI! Mettersi a cazzeggiare con i posatoi, ai quali i Gruccioni si erano già abituati (perchè così glieli abbiamo fatti trovare quando sono arrivati) vuol dire allontanarli e disturbarne le abitudini. NESSUNA FOTO PUO’ E DEVE METTERE A REPENTAGLIO LA TRANQUILLITA’ DEGLI UCCELLI. Se quei posatoi non piacciono dove sono, il prossimo anno il mazzo ve lo fate voi o, meglio, trovate un altro sito. Spero di essere stato chiaro una volta per tutte: risparmiatemi la fatica di mandarvi all’altro paese.

Carla Carlotta Speaking Cellamare – La signora Cimberio nel pieno delle sue funzioni è quella che ha deciso la sorte dei falchetti nati sul Pirellone, fiera sostenitrice della caccia e di quella pratica medioevale che è la falconeria.Hanno installato sul corpo dei falchetti dei GPS,hanno creato scompiglio nella famiglia dei falchi, che fanno parte di quella fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale”.
..DURANTE LA COVA E L’ALLEVAMENTO DEI PICCOLI NATI è VIETATO EFFETTUARE FOTOGRAFIE, RIPRESE, ED è VIETATA QUALSIASI FORMA DI DISTURBO ALLA MEDESIMA.
Tutto in nome della ricerca scientifica……..o dei propri interessi !?Si definisce “naturalista”nascondendo quella sua passione per l’arte venatoria, pratica che ogni anno uccide centinaia e centinaia di animali selvatici, compresi i rapaci…..Quei falchetti non le appartengono,sia chiaro soprattutto per chi ha autorizzato tutto ciò #Ispra alla signora Patrizia Cimberio.

Anna Giustra – sulla terrazza del Pirellone, a Milano, hanno nidificato, già da alcuni anni, due falchi pellegrini, che sono stati chiamati Giò e Giulia, per ricordare l’ing. Giò Ponti, l’ingegnere che ha progettato il grattacielo Pirelli e Giulia Vimercati, sua moglie.
Dopo la deposizione delle uova, il 18 aprile sono nati 3 pulli, che oggi, con la cura costante dei genitori, sono cresciuti e diventati 3 bei falchetti che già abbandonano il nido per qualche ora girando per la terrazza.
Sabato 19 maggio si procede ad inanellare i falchetti e su uno di loro verrà sistemato un GPS a zainetto, di norma questo va messo quando i falchi hanno completato il loro sviluppo, metterlo adesso vuol dire che fra qualche settimana non sarà più idoneo.
Noi crediamo che l’operazione di inanellamento, fatta a questa data, sia tardiva. Il rischio che si corre è quello che i pulli, spaventati, possano farsi male, addirittura buttandosi dal palazzo.
Giulia, la mamma, ha avuto da recente un trauma alla spalla e quasi sicuramente non ha recuperato al 100%. Si rischia che la femmina, per cacciare gli intrusi che toccano i piccoli, non avendo la completa coordinazione delle ali vada ad impattare contro qualcosa.
Inoltre abbiamo saputo che i trasmettitori sono forti conduttori di corrente, se il falchetto con il GPS sulle spalle si avvicina a una linea a media tensione può morire in pochi secondi.
In data 8 maggio si erano riuniti gli esperti per valutare se, dopo l’incidente avuto da Giulia, fosse necessario intervenire, ma nel comunicato diramato si recitava “….si è deciso di non intervenire con alcun intervento, ritenendo che possa essere dannoso all’equilibrio in essere nelle cure parentali dei pulli e non strettamente necessario….”
Pertanto visto che i pulli sono molto grandi e capiscono l’eventuale pericolo dato dalla presenza dell’uomo, così come Giò e Giulia chiediamo di annullare sia l’inanellamento che la messa del GPS e di rimandare tali operazioni alla prossima nidiata, magari quando i pulli hanno dimensioni diverse, questo per evitare che si possa alterare l’equilibrio creato fra genitori e figli.
L’intervento tardivo dell’uomo rischia di far finire questa bella favola nata sui tetti di Milano.
La natura è meravigliosa che l’uomo non si intrometta!

Giorgio Paesani – Foto del display senza ritocchi o post produzione perchè rende il..groove. A volte mi viene da dire “grazie”, perchè la meraviglia di questo pianeta a volte ti cerca, ti chiama. Ho girato per isole cercandola (e trovandola ogni tanto) ieri l’ho vista di sfuggita su terra straniera (non la mia, la mia è piena di ferro, non è sabbia e conchiglie) oggi mi si posa davanti, mentre sto chiudendo, fine pausa pranzo. Fugge, prendo la fotocamera, “so” che tornerà, ha tipo il Paleartico dove andare ma so che tornerà. Perdo l’autobus? Questo non è il pianeta degli autobus. Eccola. In posa. Qualche scatto, ringrazio ma non esagero perchè qua tutto è un regalo. Quindi GRAZIE!! Balia dal collare nel giardino dei vicini…

DIVERSAMENTE UMANI

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Roberto Marchesini – Cani e gatti sono presenze fugaci negli anni che corrono, nel dolce e amaro calendario della vita, e ce li ritroviamo in retrospettiva con nostalgia per loro, per noi. Dovremmo ringraziare per i giorni che ci regalano, perché in fondo ciò che resta e ha senso è sempre un dono di momenti fugaci.

Alberto – Una mattina qualsiasi. Sveglia alle 7.00 per iniziare una giornata come tante. Mi attende una mattinata di duro lavoro, consapevole che, da libero professionista, quello che riuscirò a produrre sarà alla base del mio vivere quotidiano.
Forza e coraggio, si parte anche oggi! Uno, due, tre caffè. Al quarto inizia ad impazzire il cellulare: messaggi, chiamate, articoli di giornale! Sta succedendo qualcosa al cantiere! Allora il lavoro si ferma. Si cerca di capire, si freme per correre a dare man forte agli amici che lottano. Ma il lavoro, gli impegni…Fanculo a tutto! È più importante ciò che succede in questa battaglia!
Allora lascio tutto e di corsa raggiungo il cantiere, o magari giro per le strade cercando di capire cosa succede.
Così, per tutta la mattina…
Si calmano le acque, ritorno al lavoro. La concentrazione svanisce, anche perché tra poco ci sarà assemblea. Allora spengo il pc e corro, a sentire nuovi aggiornamenti, a poter dare il mio parere, a poter VIVERE davvero.
Termina l’assemblea…una bellissima assemblea, con quelle persone che ormai sono amiche. E con loro, una birra e due chiacchiere non mancano mai.
Si fanno le 22.00 “ragazzi è tardi. Vado a dormire.” Non è vero: torno a casa, accendo il pc e mi metto al lavoro, magari fino alle 2, le 3 di notte, consapevole di dovermi impegnare per portare a termine ogni impegno, convinto di non aver perso una giornata lavorativa ma orgoglioso di aver guadagnato una giornata di vita.
Questo succede quasi ogni giorno da quel 18 marzo dello scorso anno, quando Tap irruppe con prepotenza nella vita di questa terra. E continuerà fino alla fine, finché non avremo vinto contro questo mostro. Nessuno mi restituirà quei giorni e quelle notti, ma credo che vita migliore non la possa desiderare: resistenza e solidarietà, e in quel giorno lontano non avrò da rimpiangere nulla. Avrò soltanto, vivo nel cuore, l’orgoglio di chi ha lottato, l’amore di tutta la gente che ho conosciuto, la forza per gridare che Tap non mi toglierà mai la libertà.”

Giorgio Paesani – Venti giorni e il “braccio di ferro” continua. Lei fa il suo nido sul divano a dondolo e io glielo distruggo prima che deponga le uova, prima che termini le prime celle. Stamani è lì, presidia la postazione raccogliendo le forze per ricostruire un nuovo peduncolo. Le ci vuole mezza giornata di legno masticato e incollato. La sua caparbietà primordiale sta avendo la meglio.. I suoi avi conoscevano la carta e la geometria quando i miei camminavano da poco su due zampe e prendevano a sassate le carogne per lacerare la carne. I miei successori distruggeranno questo pianeta finendo per estinguersi, i suoi parteciperanno alla ricostruzione dell’equilibrio. Chi sono io per non rispettare una vespa?
Intanto chi dorme nella crisalide che ho trovato nel vano caldaia ben occultata? Una farfalla meravigliosa e colorata o una insipida falena terrore dell’insalata? Si accettano scommesse!

Andrea Meggiorin – Siamo appena tornati da una sessione fotografica con gli Orsi in Slovenia. Eravamo con due biologi triestini e anche grazie alla lunga esperienza accumulata in Africa, non siamo gente che spalanca la porta e se ne va come se niente fosse, non siamo persone avvezze a uscire dall’auto mentre i Leoni o gli Elefanti ci stanno accanto. A parte la bella esperienza, vorrei raccontare un episodio che ci è capitato. Fotografiamo un giovane appena uscito dal letargo: girava ancora con la mamma. Abbiamo atteso 20 minuti prima di uscire dal capanno, dopo che l’ orsa era sparita in un’altra direzione. Poi, si, siamo usciti e invece era ancora vicina. Pensavamo che l’ orsa con il piccolo si fosse allontanata molto dal nostro capanno, invece quando siamo usciti ce li siamo trovati vicini: a pochi metri. Cosa è successo? Niente, è bastato battere le mani e pestare i piedi per terra e se ne sono andati tranquillamente. Perché racconto questa storia ? Perché dimostra che le ” favole trentine ” sono solo montature costruite ad arte, come si era sempre sospettato. Non un feroce predatore, ma un animale che chiederebbe solo di farsi gli affari suoi. Certo, se si vuole comunque accreditare la pericolosità di questo animale, tutto si può dire: la nostra esperienza è stata, comunque questa.
Siamo noi che non sappiamo più rapportarci. Gli animali parlano, cercano di comunicare con noi. Io ho una grande esperienza con gli Elefanti, animali molto pericolosi se non li si ascolta: un elefante comunica tante cose in tanti modi, basta osservarlo, lui osserva te e capisce se hai capito o no, allora dirà altre cose che tu devi dimostrare di comprendere. È bello stare con loro, non ho mai avuto problemi, non sono mai stato attaccato.

Roberto Ermini – Sorpresa nella cassetta della posta di casa mia un uccellino ha fatto il suo nido per il secondo anno e sono nati 5 piccolini. É un bel segnale di speranza per me e la mia comunità e una certezza che la bella stagione é arrivata.

Enzo Suma – Abbiamo trovato un’altro nido di fratino! Ora ci sono 6 uova in totale da proteggere! Due nidi e doppia felicità per questo evento naturalistico. Purtroppo Molta gente andrà al mare sulla costa di Ostuni. Ci serve una mano per presidiare il nido del fratino, specie considerata a rischio estinzione. Dobbiamo fare in modo che le uova di questa specie protetta possano schiudersi. La nidificazione del fratino dalle nostre parti ormai è un evento raro ma ancora più rara è la sopravvivenza delle uova e dei piccoli a causa del disturbo dell’uomo (e dei cani liberi) sulla costa. Dobbiamo proteggere il nido deviando le persone che cercano di passare nelle vicinanze della femmina in cova. E’ un lavoro molto semplice ma estremamente importante. Non abbiamo alternative. Qualsiasi soluzione come la gabbia di protezione e la recinzione sono controproducenti perché attirerebbero subito l’attenzione causando disturbo alla cova e probabilmente la distruzione delle stesse uova. Non ci resta come unica soluzione quella di presidiare i due nidi. Abbiamo tutti il dovere di assicurare un futuro ai pochi spazi naturali rimasti nella provincia di Brindisi e alle future generazioni la possibilità di poter ammirare la bellezza della natura e di tutte quelle specie che oggi sono a rischio estinzione. Nel gruppo di volontari oggi fanno parte persone di tutte le età, anche bambini dai 10 anni in su che insieme ai genitori si mettono a disposizione per informare i passanti della presenza del raro e protetto fratino invitandoli a fare un giro più largo per non arrecare disturbo alla cova. Per mantenere il presidio sempre attivo sui due nidi c’è la necessità di aumentare il numero di volontari coinvolti!
Anche ieri sera all’imbrunire si è ripetuto il rito dell’arrivo del fratino maschio che prende il posto della femmina nella cova delle tre uova. Sono passati ormai 21 giorni e ogni sera questo rito si ripete. La coppia mostra un grande attaccamento alle uova che difendono a tutti i costi. Mancano solo 4 giorni alla schiusa. Questi ultimi giorni saranno i più difficili.
Ieri è nato il primo piccolo! Oggi altri 4! aspettiamo si schiuda l’ultimo. Un risultato fantastico! Merito di tutti i volontari che si sono presi cura con amore dei due nidi  Adesso inizia la seconda fase. Potenziare il presidio per proteggere i piccoli indifesi che già camminano e seguono i genitori, barcollando. Per almeno un mese saranno prede facili di cani lasciati liberi, curiosi di passaggio nell’area di riproduzione, fotografi della domenica che disturbano genitori e piccoli e vandali. Serve gente tutti i giorni !
Nell’incredibile primo giorno di vita del primo fratino nato, i suoi primissimi passi dopo poche ore dalla nascita. Il piccolo fratino appena nato sulla costa di Ostuni rappresenta la speranza che tanti piccoli gesti come il nostro del “Presidio del Fratino” possano cambiare il mondo. La speranza che ancora siamo in tempo per cambiare rotta e restituire più natura al nostro paesaggio. Ma la cosa più importante è che rappresenta la certezza che fare del bene senza secondi fini può solo portare cose belle.

Mauro Cheli – Io da tanti anni ho partecipato al Servizio denominato Adorno, in Calabria, per tutelare la migrazione del Falco Pecchiaiolo, volgarmente definito Adorno, appunto. Quest’anno per varie ragioni non sono potuto andare. Questa mattina, tornando alla mia Stazione Forestale, dopo il servizio Meteomont ho veduto in fondo alla valle, un gruppo di rapaci che stavano volteggiando. A colpo d’occhio mi sono sembrati dei Pecchiaioli, però non ne sono sicuro in quanto, quando ho potuto arrestare la macchina, poco più a valle e dopo qualche minuto, non sono riuscito più a vederli. Però ho pensato, che se fossero davvero Pecchiaioli come probabilmente lo erano, Hanno questo modo di migrare: volteggiano e si alzano fino a quando non trovano la termica giusta. Dopodiché partono velocissini e diretti…. siccome non sono potuto andare io, sono venuti a trovarmi loro. La cosa è straordinaria. L’amicizia è una cosa importante. Dopo un po’ di lavoro sono riuscito a tagliare tutta l’erba nel giardino del mio Comando Stazione. I merli che conosco da molto tempo, mi venivano dietro….. 😊….ad erba tagliata è più facile per loro, trovare un insetto o un verme. Osservi una coppia di merli mentre accudiscono i propri nidiacei e capisci che sono avanti anni luce da noi, dal nostro modo inconsulto di vivere…..noi che inviamo i nostri piccoli ad un asilo nido….o peggio ancora, inviamo i nostri anziani in degli ospizi….. Sono quindi doppiamente soddisfatto per aver aiutato a nutrirsi i miei amici merli e per aver reso ancora più piacevole la mia Stazione Forestale, che già è bella di suo.

Antonella Grazia Meriello – La MIA POVERA TERRA…preda sempre e cmq di GENTAGLIA… quando a Montescuro bimbetta vi vedevo in Campagnola m’innamoravo sempre di qualcuno di voi Forestali…eravate i miei PALADINI DEL BOSCO.
Giorgio Santilli – la tradizione locale imponeva che si sparasse ai falchi Pecchiaioli in transito in Calabria per migrare nel nord Europa per una questione di adulterio-infedeltà in famiglia. Per fortuna grazie anche alla nostra presenza di Forestali questo fenomeno diffuso negli anni passati, si è ridotto di moltissimo.
Francesco Curcio – vorrei precisare: “non grazie anche alla nostra presenza” ma “SOLO ED ESCLUSIVAMENTE GRAZIE ALLA NOSTRA PRESENZA DI FORESTALI”.
Marcello Olivucci Sarà per voi giovani, come lo è stato per noi anziani, un insegnamento di vita a protezione delle cose belle in natura, insegnamento che ci accomuna nel nostro cammino di vita.

Alessandro Bottacci – Sono passato da Monte Morello e mi sono fermato al cippo che ricorda la grande opera di rimboschimento condotta, con capacità e tenacia, da Domenico Mariani ai primi del novecento.
Grazie all’impegno di questo forestale, la montagna di Firenze ha ritrovato il suo manto verde dopo secoli di degrado che l’aveva ridotta a nuda roccia.
Le buche create nel calcare con la dinamite e poi riempite di terra trasportata dalla pianura con i muli, sono il segno della grande importanza che si dava allora alla presenza del bosco.
Il confronto è andato subito alla situazione attuale.
Allora i fondi pubblici erano impiegati per costruire (e ricostruire) i boschi, oggi si vorrebbero utilizzare per tagliarli.
Mala tempora cucurrunt.

LA RATIO

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Paolo Rosa – Ci sono idonei di concorsi da poco espletati… invece no… altri soldi per nuovi concorsi… per piazzare quelli bocciati nel precedente?

Franca Di Costanzo – Il problema non e’ essere idonei e pretendere lo scorrimento delle graduatorie!! E’ non fare nuovi inutili concorsi, come hanno sempre fatto con la scuola.

Alberto De Miranda – Sono operaio a tempo indeterminato che da 20 anni lavora con la Forestale, volevo dire che nel 1995 sono idoneo non vincitore del concorso da maresciallo dell arma dei carabinieri…

Francesco Iaccarino – In sintesi essere idonei non vuol dire essere vincitori e per legge la graduatoria non è tenuta a scendere…bisogna farsene una ragione, è capitato anche a me nel concorso per direttore tecnico in polizia “auspicare” uno scorrimento è giusto, ma non pretenderlo per legge…perchè la legge sui concorsi pubblici è chiara se non sopraggiungono altri “impedimenti”…e nel caso specifico il corpo forestale ha cambiato parrocchia. E’ un concorso pubblico e segue le leggi di un concorso pubblico, se hanno voglia di rifarlo lo rifanno e basta… la cosa non giusta è aver modificato il corpo in corsa, ma i concorsi funzionano così, se sei idoneo non è detto/dovuto che ti chiamino, punto. Lo possono fare, lo fanno tutti: scuole, ospedali…il cavillo c’è sempre. Vincitore diverso da idoneo, più che ingiustizia è sfiga, scorrono in molti meno la vostra.

Valentina Forzelin – La legge dei concorsi pubblici è anteriore alla legge D’Alia 125/2013 che dice che prima di indire nuovi concorsi le p.a. devono (e sono obbligate) scorrere le graduatorie esistenti, e le graduatorie durano tre anni (più le varie proroghe). I carabinieri hanno assorbito tutti i rapporti attivi e passivi del CFS. La nostra graduatoria ancora valida appartiene a loro, ma loro siccome già odiano di per sé tutti gli uomini della forestale che si sono dovuti assorbire e siccome ovviamente noi non siamo loro raccomandati, si sono inventati che non possono seguire la Legge D’Alia perchè hanno un regolamento interno che fa durare le graduatorie 18 mesi. La legge in Italia si sa non è uguale per tutti.
Se sei idoneo e la tua graduatoria è ancora valida, tu per legge non puoi bandire un nuovo concorso ma devi prima esaurire la graduatoria.Ultimamente stanno facendo scorrere graduatorie del 2008-2010-2012…inail, guardia di finanza, vigili del fuoco, polizia…sono documentata: noi stiamo subendo un’ingiustizia… e io non ci sto… perchè se fosse ancora esistito il CFS a quest’ora già starei dentro…io a quest’ora avrei già un lavoro.
Se tu vuoi indire un altro concorso per ispettori sapendo che devi prima utilizzare la mia graduatoria, o mi dai una motivazione valida per cui fai un nuovo concorso spendendo milioni di soldi pubblici oppure tu stai andando contro la legge…I carabinieri non rispettano la legge infatti, ma a loro tutto è dovuto per questo dico che la legge non è uguale per tutti.  Per esempio il ministero della giustizia prima di fare il concorso per assistenti giudiziari è andato ad attingere da una graduatoria dei barellieri della croce rossa…quindi la mia graduatoria potrebbe essere utilizzata anche da altre amministrazioni…E qui si tratta di sfiga

Michelangelo Andrulli – …ci sarebbe anche il concorso mai andato in porto 393 allievi agenti c.f.s…
12000 ragazzi/e che hanno aspettato “inutilmente” oltre 1 anno e mezzo!

Marco Mazzocco – E io una parola la spenderei per tutti gli altri esodati… gli oltre 300 nei VVFF che hanno subito duplice danno senz’altro di superiore entità… i 120 della PS abbandonati ad altre mansioni alla spicciolata, tra chi è rimasto nei Reparti a 250 km dalle famiglie e chi comunque rientrando si è trovata ad affrontare un lavoro comunque totalmente differente…i colleghi mandati in G.d.F. a cui nessuno più fa cenno. A tutti quei colleghi che transitati nei ruoli civili sono stati ricacciati nei meandri della PP.AA.. Tutte queste persone hanno perso contatto con il loro comando stazione, che per i CFS in nero è rimasto tal quale, come tal quale è rimasto il collega/colleghi di sempre…. credetemi un conto è vivere questa situazione mantenendo una base invariata…. un conto è cambiare in toto attività, tipologia di lavoro, ma soprattutto location e colleghi. Bisogna reinventarsi da capo e cercare di farsi accettare pur nella diversa origine….cosa più difficile poi è dover anche coordinare. Questa la realtà, e tenete conto che molti benefici che per chi è transitato nell’arma sono ancora presenti nelle altre amministrazioni sono stati comunque tolti o ridotti, partendo dal trasferimento d’ufficio passando per la settimana corta, in parte il buono pasto e quant’altro…. E magari capita pure di essere guardati anche con invidia dai vecchi colleghi. Scusate l’escursus ma mi sembrava doveroso per i tanti colleghi che i riferimenti dell’Aquila ad ali spiegate purtroppo li hanno persi… ma li tengono ancora ben stretti.

Carmine Buffone – Dopo tanti rimpianti ed elogi mi chiedo dove era il corpo forestale dello stato nella terra dei fuochi, dove era il corpo forestale nelle terre di Calabria devastate dalle vacche sacre, dove era il corpo forestale dello stato in Sicilia a contrastare la prepotenza della mafia nei terreni di piccoli ed inermi contadini Certo che le cose non cambieranno con l’assorbimento del personale nei carabinieri altra istituzione militare che non ha impedito l’espansione in tutto il territorio nazionale delle varie mafie, non parliamo poi della g.di f. che non è stata in grado di arginare la evasione fiscale. Tutte queste polizie militari si accavallano nei compiti senza risolvere un solo problema, in compenso arricchiscono le loro bandiere con medaglie con riconoscimenti per le carriere degli alti gradi che assicurano stipendi favoloso e privilegi di varia natura. Questo è il quadro desolante di questo paese governato poi da politici che risparmio di definirli per carità cristiana ma che trovano pronti quei corpi a sbattere loro i tacchi.

Antonio Di Lizia – Vorrei dire tante cose ma ne basta una: terra dei fuochi, Bussi sul Tirino, discariche materiale radioattivo Basilicata, Porto Marghera, La Spezia… tutte indagini partite dal CFS… poi qualcuno ha pensato bene di fermarci. Qualcuno a cui era scomodo avere una ff.d.p civile che avesse la libertà di interloquire direttamente di fronte l’autorità giudiziaria. Senza gerarchia. ed eravamo in tutta Italia quanti sono i vvu di Roma.
Ragazzi che chiedete lo scorrimento della graduatoria, sì, avete ragione ma con tutto il bene che vi voglio intanto occorre ricostituire un Corpo Forestale dello Stato dove farvi ritransitare tutti compreso coloro che hanno, a forza, “gettato” tra le fila di altre ff.d.p o vvf o, addirittura, costretti in altri ministeri.
Perché non creare un unico ente tra Polizia di Stato, carabinieri, Guardia di Finanza e Guardia costiera… allora si che possiamo parlare di razionalizzazione e di minori spese e di efficienza nonché efficacia.
Perché nessuno ne parla mai?
Per non parlare del famigerato Numero Unico di Emergenza. Un vero disastro e, a mio avviso, per la semplice ragione che, spesso, chi è a rispondere propende a favorire l’intervento degli appartenenti la sua divisa in barba al coordinamento e razionalizzazione… a tutto ciò aggiungiamo che se serve l’intervento di un Ente diverso la telefonata viene “passata” e certe volte si perde… ne vogliamo parlare?
Basterebbe, come per esempio in Spagna, mettere personale qualificato non in divisa e far si che l’instradamento avvenga da parte dell’operatore senza che questi debba “passare” la telefonata. Io chiamo, un operatore mi risponde e, contemporaneamente mentre prende i miei dati, invia la richiesta d’intervento agli enti preposti e che dovrebbero essere solo tre: Polizia, soccorso sanitario, vigili del fuoco… così sarebbe molto semplice il problema è che, anche mettendo un operatore davanti la “semplice” chiamata di furto, già in questo contesto si troverebbe davanti il dilemma: Polizia o carabinieri? Ed ho escluso la guardia di finanza e la polizia locale.
Per non parlare di mezzi aerei… a Pescara per esempio abbiamo polizia, guardia di finanza, carabinieri (che prima era tutto del cfs), vigili del fuoco, guardia costiera per un totale di come minimo 7/8 elicotteri che possono compiere, come di fatto fanno, tutti le stesse operazioni e nel mentre la regione spende circa 40 milioni di euro per due elicotteri dedicati al 118. Compito che potrebbe essere assolto da un gruppo volo unico a costo prossimo allo zero già che sono già pagati… la scusa è sempre che bisogna avere i mezzi “dedicati” in via esclusiva. Beh con quei numeri si potrebbe eccome e, inoltre, si aggiunga la possibilità di avere a disposizione anche aerei per trasferimenti urgenti a lunga distanza. 40 milioni che potrebbero essere destinati per esempio a riaprire ospedali in zone di territorio isolate…

 

 

ALBERICIDI

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Cristina Cinica – Riqualificazione arredo urbano e stradale zona balneare: la prima azione (politicamente trasversale) ottusa e barbara ,contempla sempre e comunque l’abbattimento di alberi. Qualcuno dovrebbe spiegare agli amministratori che gli alberi fornisco ossigeno, assorbono gli inquinanti, mitigano il clima e sono la casa dei nidiacei e che la nostra sopravvivenza è legata alla loro.

Carlo Quercophilus Papalini – Le ghiande dopo i primi anni che impiegano per far scendere il fittone in profondità , cominciano a crescere con una forza incredibile .
Cerri e farnie si aprono la strada nell’asfalto e si adattano ai muri avvolgendoli con delicatezza.
Nelle città e nei parcheggi sono da preferire anche perché le radici in profondità trovano da sole l’umidità necessaria. Invece preferire specie sempreverdi con radici ad espansione orizzontale in città può essere una convinzione soggettiva . Io sono per la democrazia pragmatica e per le tradizioni costanti e sicure.
Le radici a fittone sono le più indicate in città , quelle delle conifere nei parchi o nelle loro zone di origine.
Ogni albero deve essere lasciato crescere nella sua forma naturale , le potature sono solo un’invenzione degli uomini contro la natura e l’architettura con le sue regole. Una delle motivazioni più frequenti che portano alle potature più drastiche è per risparmiare tempo e denaro quindi non oggettiva per la salute dell’albero ma soggettiva del ragioniere . 


Franco Tassi – PERCHE’ OCCORRE CONSERVARE, E CURARE GLI ALBERI URBANI, ANZICHE’ ABBATTERLI
Spesso, a giustificazione dell’abbattimento delle alberature urbane di viali e giardini (e di boschi, foreste e pinete peri-urbani), viene addotto il motivo imprescindibile e urgente di una pretesa pericolosità delle piante, o della presenza di gravi attacchi di parassiti, oppure dell’età ormai troppo avanzata. Questa pratica, priva di qualsiasi base scientifica, risulta del tutto infondata, e per di più tende a consolidare errori molto gravi sul piano ecologico, naturalistico e panoramico, colpendo specialmente il bellissimo e utilissimo Pino domestico (o Pino a ombrello, Pino da pinoli), certamente l’albero più caratteristico del Paesaggio Italiano.
Va premesso che esistono sicuramente, e sono stati talvolta causa di gravi incidenti, alcuni alberi a rischio di caduta (soprattutto con maltempo, venti forti, uragani e nevicate), e quindi da individuare e mettere in sicurezza con urgenza, o nei casi estremi addirittura da rimuovere. Ma va chiarito che questo pericolo non va addebitato all’albero, apportatore di molteplici benefici, bensì alle carenze e colpe umane: primo, per mancanza di controlli e interventi di salvaguardia; secondo, per il fatto che i Pini più vulnerabili (con apparato radicale superficiale) si trovano a breve distanza dalle strade a rapido scorrimento; terzo, perché lungo queste strade vengono adottate pessime tecniche, riparando l’asfalto a prezzo di pesanti tagli all’apparato radicale, che causano lo squilibrio della pianta, facendola quindi inclinare, e infine crollare. Anche la presenza di tronchi cavi, rami e fronde in disseccamento, con attacchi da parte di insetti o funghi, non costituisce valida ragione per l’abbattimento, trattandosi nella stragrande maggioranza di “parassiti secondari”, che non attentano alla sopravvivenza dell’albero, ma ne costituiscono un fenomeno normale, da seguire con attenzione e curare in modo leggero, e mai invasivo.
Gli insetti fitoxylofagi, che nelle parti arboree più elevate svolgono anche un ruolo di alleggerimento e potatura delle chiome, costituiscono in realtà la base alimentare per numerosi uccelli, che sono parte essenziale del paesaggio vivente e dell’ecosistema urbano. Quanto alle potature, che talvolta possono rendersi necessarie, non si può tacere che certe rudimentali tecniche seguite , scolpendo tronchi sgraziati, deformati e focomelici, sembrano rivolte più all’avido accaparramento di abbondante materiale legnoso, che alla cura attenta del patrimonio arboreo.
In altre parole, gli alberi pericolanti vanno certamente individuati e controllati, ma esistono oggi metodi scientifici avanzati, che consentirebbero di intervenire soltanto in casi limitati (pari a circa un decimo delle piante che oggi vengono condannate a morte), salvando quindi tutte le altre.
Resterebbe poi da spendere una parola chiara e risolutiva sulla longevità degli alberi, sfatando anzitutto la leggenda secondo cui il Pino domestico non potrebbe superare i 70 anni di età (sic!) (comoda bugia, architettata in passato a vantaggio dei “pinottolai”, ovvero dei raccoglitori di pinoli). Nulla di più falso! Anzitutto, perché l’albero è per sua natura un essere vivente a “crescita indefinita”, per cui in condizioni favorevoli di suolo, esposizione, clima e cure può raggiungere, come è ben noto, età, dimensioni e caratteristiche eccezionali. Ma anche in una situazione normale, un Pino può vivere per un secolo, e assai di più. Per convincersene, basterebbe osservare le opere artistiche dei secoli scorsi, oppure fare riferimento agli studi recenti, che dimostrano che il Pino domestico – come del resto molti altri alberi dei viali cittadini: Platano, Bagolaro, Leccio, Quercia, Olmo, Acero, Tiglio, Pioppo, Sofora, Albizzia, Melia, Catalpa, Paulownia e così via – può diventare una pianta maestosa e secolare. E talvolta può raggiungere e superare, in ottima salute, i 200 anni di vita (come è stato scientificamente dimostrato nella Pineta di Fregene),
In conclusione, non sussistono validi motivi culturali, logici, giuridici, socioeconomici, estetici, scientifici, ecologici, biologici, naturalistici, o d’altro genere, che possano avallare questa pratica dilagante di tagli ingiustificati, che sta depauperando il patrimonio arboreo della Capitale, e dell’Italia stessa. E nell’ipotesi che qualcuno volesse sostenere il contrario, spetterebbe comunque ai responsabili delle decisioni e ai loro esecutori dimostrarlo in modo inequivocabile, prima di procedere a qualsiasi abbattimento.
Francesco Bevilacqua – PINO LORICATO DEL POLLINO E LE MOTOSEGHE.
Ogni volta che uno scienziato (nella fattispecie un botanico o uno zoologo) dà la notizia di aver scoperto una specie mai segnalata prima in un certo luogo, oppure, come nel caso recente del pino loricato pluricentenario sul Pollino la cui notizia è apparsa su Repubblica, dice di aver calcolato età, altezze, dimensioni mirabolanti di un esemplare, mi viene l’orticaria! Mi fa ridere con gusto il fatto che non abbiano voluto rivelare dove, questo immaginifico pino sia dislocato. Perché? Di cosa hanno paura? Che qualche escursionista passi troppo vicino all’albero e col sudore modifichi il suo habitat? Ma lo sanno, questi giornalisti da strapazzo, che Franco Tassi, trent’anni fa aveva già spiegato che molti dei grandi pini loricati del Pollino hanno più di mille anni di vita? E che quegli alberi sono fra le conifere più vecchie d’Europa? Che c’è di nuovo nella notizia data con tanta enfasi da Repubblica? Niente. Assolutamente niente! Solo un dettaglio: l’asserita esatta età di un unico esemplare che sarebbe pari – a seguito di complicate misurazioni – a 1230 anni. Ossia un trastullo per professorini che devono spaccare il capello in quattro (con tutto il rispetto degli esperti che hanno condotto l’operazione in questione: non ce l’ho con loro personalmente). E che, per decenni hanno finto di non sapere quel che Tassi e tutti noi (grazie a Tassi) già sapevamo ed ora hanno fatto la scoperta dell’acqua calda. Ovviamente, impedendo a noi comuni mortali – che, prima e più di loro, ci siamo battuti contro tutti e tutto per tutelare il Pollino e le sue risorse – di vedere questa “meraviglia”. E allora, tanto per far capire di che parliamo, c’è uno delle centinaia di pini loricati millenari da me fotografati in tanti anni di cammini sul Pollino: sta abbarbicato su un ripidissimo canalone che da Celsa Bianca scende verso Valle Piana. Affermo, senza misurazione, che, con buona probabilità, è perfino più vecchio di quello appena “scoperto”. Se quello dei professorini si chiama Italo, questo lo chiameremo, chessò, Michele, Domenico o Ermenegildo, in onore di quei tanti, comuni ed anonimi alberi (monumentali e non) che vivono in un’area protetta dove ogni giorno si fa scempio di loro e dei loro parenti. Per produrre combustibile per le centrale a biomasse, perlopiù. E non parlo solo del Pollino, ovviamente. Bene, forse sarebbe opportuno che questi grandi esperti di misure e record, invece di inanellare altre ovvietà facendole passare per scoperte, si decidessero, una buona volta, ad aiutarci a fermare il massacro di alberi che è in corso dentro e fuori le nostre aree protette. E che invece di contare gli anelli del tronco di Italo, si mettessero, una buona volta a contare quante motoseghe, nel momento in cui scrivo, stanno seminando morte e distruzione sul Pollino e altrove. Ce l’ho con chi dà le notizie in questi termini e di fatto non fa nulla per proteggere gli alberi. Con buona pace della scienza e della botanica.
Emanuele Cabriolu – Sfido chiunque nelle condizioni del nostro verde taglia oggi taglia domani sfollamenti sradicamento cemento cordoli tombini alla fine… sul verde urbano delle nostre città da mettersi le mani nei capelli eppure io non ho la competenza del professore questo vuol dire che tutti possiamo con un minimo di conoscenze e buona volontà fare del bene difendere queste alberature urbane che non essendo in formazione boschiva non vengono particolarmente tutelate ma lasciate alla sensibiltà dei nostri amministratori che a riguardo non eccelle .Ci vorrebbe davvero una legge che tuteli a corpo il verde pubblico e istituisca una sorta di vincolo paesaggistico categoriale su questa fattispecie magari in modifica al TU 42/2004

Renato Domenico Orsini – Gli alberi in città devono essere piantati fuori dai marciapedi, devono essere allevati in modo di non sporgere sulle corsie carrabili e devono essere potati regolarmente, usando preferibilmente specie sempreverdi. Dato che in città le alberature sarebbero poste a lato delle corsie pedonali e carrabili lo spessore dei cassonetti, da stabilizzare con calce viva sfogata sulle pietre, devia lateralmente l’espansine del sistema radicale che non danneggia le strade. I corsi d’acqua che attraversano gli abitat non dovrebbero avere sponde cementificate e le alberature potrebbero sviluppare i sistemi radicali verso il terreno del fondo del corso d’acqua, riducendo la velocità di corivazione e determinando un equilibrio dinamico tra erosione e deposito dei materiali sospesi. Le panchine e il pic-nic si possono fare bene proprio sulle strisce laterali, che possono essere adeguatamente attrezzate per la raccolta dei rifiuti.

Paola Marconcini – Ovvero non si piantano più alberi… no marciapiedi, no chiome che sporgono … chissà perchè poi tutti parcheggiano sotto gli alberi, quando ci sono!!! E un pic-nic non si fa al sole ma sotto le chiome, le panchine preferiscono l’ombra ecc ecc

Laura Scaramuccia – In ambiente urbano le potature sono importanti, anche se devono essere fatte nel rispetto della fisiologia e del portamento naturale della pianta; mi riferisco a potature di contenimento della chioma eseguite con taglio di ritorno a cadenza regolare e nella giusta stagione nel rispetto appunto della fisiologia e del portamento naturale dell’albero. Certo prima di piantare un albero in città bisognerebbe usare una serie di accorgimenti che non vengono mai rispettati…

Emidio Mozzoni – Si devono rivedere i luoghi di piantumazione. Le amministrazioni pubbliche devono capire le esigenze delle essenze arboree e non viceversa. Chi glie lo fa capire?

Francesco Ferrini – Decalogo per gli amministratori pubblici

1) Io non capitozzo perché la capitozzatura causa uno stress fortissimo e riduce la durata della vita degli alberi
2) Io non capitozzo perché espongo gli alberi all’attacco dei parassiti
3) Io non capitozzo perché riduco i benefici degli alberi sull’inquinamento e l’effetto mitigante sul clima
4) Io non capitozzo perché riduco la stabilità strutturale degli alberi
5) Io non capitozzo perché un albero capitozzato richiederà una gestione costante e aumento il pericolo di caduta di parti di pianta e il rischio che colpiscano qualcuno
6) Io non capitozzo perché riduco il valore degli immobili e provoco un danno alla comunità
7) Io non capitozzo perché è antieconomico per l’amministrazione che dirigo
8) Io non capitozzo perché è antiestetico in quanto distruggo la forma naturale degli alberi
9) Io non capitozzo perché ho a cuore i miei cittadini e coloro che verranno dopo di me

10) Io non capitozzo perché mi sono informato leggendo quello che dicono i tecnici certificati e la ricerca e ho capito perché non lo devo fare.

Anna Valeri – che piacere sentirsi ricordare che le potature sono solo mutilazioni !!




MODUS OPERANDI

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R. – Come si può attuare il risparmio? Vediamo un po’: militarizziamo il cfs, piloti, tecnici, personale e mezzi specializzati nella prevenzione e lotta attiva agli incendi, stipendi normali della pa bloccati da 8 anni e propensione al contenimento delle spese e alla salvaguardia della natura… e affidiamo il sevizio ai privati, i quali non hanno alcun interesse al contenimento delle spese perché paga Picone e a sopprimere un incendio sul nascere… poi è normale che un incendio dura una settimana e c’è ne siano decine al giorno! “Tutto guadambio” disse qualcuno. Davvero geniale!

E. – Il cfs si occupava di spegnimento degli incendi boschivi fin dal lontano 1975. Allora c’erano i Gruppi AIB permanenti (poi diventati N.O.S. ) che si occupavano di prevenzione e spegnimento per tutto l’anno. Da giugno a settembre (periodo di grave pericolosità), si attivavano anche i NOS temporanei che assieme a tutte le stazioni operavano sia nella prevenzione che nello spegnimento e spesso ci capitava in un normale servizio di prevenzione, spegnere focolai che non diventavano incendi e nessuno se ne accorgeva. Il Legislatore a suo tempo fu molto lungimirante nell’affidare al CFS la competenza nella lotta attiva contro gli incendi boschivi e ripeto BOSCHIVI. La scelta fu fatta sia per la capillare presenza del CFS su tutto il territorio, che per la conoscenza del bosco e delle specie arboree che lo compongono, ma anche per la capacità immediata di prendere decisioni e iniziative fondamentale per un Corpo di Polizia che si occupa di ambiente, possibilità negata ad una forza di polizia a ordinamento militare. Ricordo che il 2007 annus orribilis per gli incendi boschivi, gli interventi furono più immediati e risolutivi. Adesso grazie a chi ha voluto fortemente la schiforma che ha soppresso il cfs violando la costituzione, ha proibito per legge a 8000 forestali di spegnere gli incendi boschivi!!!!!!!! COMPLIMENTI!

Margherita Alessandro – Per altro anche il semplice numero unico, per come è stato implementato, nella mia esperienza è una sciagura: aspetto il doppio del tempo perché mi devono sempre passare un secondo operatore e a volte squilla a vuoto o, più spesso, quando si tratta di vigili urbani/polizia di Roma capitale, mi tocca proprio telefonare di nuovo perché non mi dànno retta (neanche quando l’estate scorsa segnalavo focolai lungo la Via del Mare, per dirne alcune).

Gordon Ka – Un uomo si è appena gettato dal ponte monumentale vicino al mio ufficio. Sotto c’erano i VVF con un’autoscala (lasciata chiusa), e un autobotte per spegnere gli incendi.
Nessun telo. Nessun materasso gonfiabile.
L’uomo è morto.
Mi piacerebbe sapere da qualche vigile del fuoco qual’è il loro modus operandi in queste situazioni.

Antonella Giordanelli – Montefiascone, venerdì 23 dicembre – Francesca facendo spesa al supermercato sente provenire dal tetto un miagolio disperato: è una cucciola che non si riesce a capire come sia potuta finire lassù. C’è solo una scala interna a pioli da cui, aprendo una botola, si può toccare con una mano l’ondulato del tetto in eternit, ma la gattina terrorizzata non si avvicina e il gestore del negozio confessa che la si sente piangere da mercoledì ! Francesca telefona subito ai vigili del fuoco: sono le cinque ma l’intervento di soccorso viene programmato per le nove…della mattina successiva! Poiché non c’è alcuna emergenza in zona, nulla giustifica l’omissione di soccorso e il venir meno al preciso dovere stabilito nel regolamento dei Vigili del Fuoco.
Nel frattempo il direttore commerciale accondiscende a posizionare sul tetto acqua e cibo per la gattina che da giorni è digiuna al freddo e al gelo, sia per alleggerire le sue responsabilità sia per salvaguardare il buon nome del Todis: interviene anche il direttore nazionale della catena.
La mattina alle 9,30 arriva una squadra dei pompieri con la scala, ma il tetto è troppo ripido, quindi viene chiamata una seconda squadra che dà una rapida occhiata panoramica usando il cestello sospeso, dichiara che la gattina non è più sul tetto e se ne va. In venti ore nulla di fatto: si può agevolmente calcolare il danno erarialedi 2 squadre con relativi automezzi impiegati per raggiungere tale risultato.
Francesca chiama la guardia zoofila che con un elevatore individua e fotografa la micina rifugiata tra l’ondulato del tetto e il canale di cemento della grondaia; vi posiziona la gabbia trappola, dentro cui la piccola affamata entra la sera… così da essere recuperata in tempo per trascorrere la vigilia di natale al calduccio di una casa! Una semplice dotazione di servizio di cuore e cervello non ha prezzo!

P. – E si avvicina una nuova stagione, le premesse non sono delle più buone. Dos (direttori operazioni spegnimento) che viaggiano da una provincia all’altra, boschi che si lasciano bruciare finché in pericolo non siano le abitazioni… Ormai anche le parole sono finite, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!! La macchina macina soldi anche per questa stagione sarà attivata è questa la cosa importante…

Antonio Di Lizia – non sarebbe meglio ricostituire tutto il Centro Operativo Aereo del CFS anche se inglobato nei VVF? Quel personale, con quei mezzi, potrebbero continuare ad operare con le stesse regole e per le medesime ragioni oltreché si potrebbe ragionevolmente utilizzare la stessa formula fatta di convenzioni adottata nelle regioni come la Sicilia che ora è costretta a bandire un appalto con i privati. Quanto ci costerà tutto ciò? Parlo al presente perché come si è pensato di distruggere può benissimo essere ricostruito, anzi, migliorato… ovviamente se non dovessero ricostruire un CFS cosa che tutti auspichiamo!

Paolo Parentela – ANCHE QUEST’ANNO LA CALABRIA BRUCERÀ? 🚒 🚁🔥
La giunta regionale della Calabria approvi presto il piano Aib 2018, per non ripetere il disastro dello scorso anno, in cui andarono in fumo più di 400 chilometri quadrati di bosco.
A differenza della Sicilia, la nostra regione non si è ancora dotata del nuovo piano. Calabria Verde è coinvolta da grossi scandali e non si vedono azioni concrete per la prevenzione, l’eterna assente. Ad esempio, servono azioni efficaci per rispettare la legge 21 novembre 2000 n. 353, in particolare la manutenzione delle piste taglia fuoco, le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio.
Inoltre i Comuni, secondo l’attuale normativa nazionale, dovrebbero gestire un catasto delle aree percorse dal fuoco, essenziale per applicare la legge stessa, che impedisce per dieci anni di costruire sulle aree percorse dal fuoco. La legge c’è, ma i Comuni devono censire le aree bruciate, altrimenti il divieto viene aggirato.
Lo scorso anno per verificare quanto disposto dalla normativa nazionale ho inviato a tutti i comuni della Calabria una richiesta per sapere e conoscere se avevano mai attivato e aggiornato il catasto incendi. Su 404 comuni mi hanno risposto solo in 5 e tra questi nessuno aveva ancora aggiornato il catasto all’anno 2017. In questo triste quadro occorre ricordare che il disastro dell’anno scorso è stato determinato in particolare alla distruzione, qualcuno lo chiama ‘riassorbimento’ – del Corpo Forestale dello Stato, voluta dal ministro Madia insieme a Renzi, che hanno fatto sparire anche la funzione del Dos, il Direttore operativo dello spegnimento, fondamentale nel coordinare le operazioni contro gli incendi.
Se non bastasse, di 32 elicotteri degli ex forestali 16 sono stati assegnati ai Vigili del fuoco e 16 ai Carabinieri, questi esonerati dal servizio antincendio e con i velivoli ricevuti non più impiegabili per lo spegnimento in aree impervie.
Senza un piano concreto Aib anche quest’anno gli incendi potrebbero continuare a devastare il nostro patrimonio boschivo, il nostro capitale naturale e le tasche dei calabresi. Con la gioia immensa della mafia dei boschi, pronta a divorare altra biomassa utile per fagocitare gli impianti per la produzione energetica.Un business milionario su cui le procure, anche grazie alle nostre denunce pubbliche, stanno finalmente rendendo giustizia.

Sebastiano Lasaponara – fate emettere dai sindaci ordinanze di pulizia dei terreni dalle sterpaglie e dai rifiuti entro il 15 maggio.


Mario Rosu – Importante approvare il Piano A.I.B. 2018 ma in assenza del C.F.S. la vedo grigia.

Antonella Giordanelli – Per un efficace Anti Incendio Boschivo bisognerebbe
– chiudere le centrali a biomasse vicino alle quali s’è verificato un incendio (sulla Sila le macchie di leopardo delle zone andate a fuoco erano tutte nel raggio di 80km da una centrale a biomasse: in un bosco incendiato si recupera nulla della biodiversità e della vita, ma ben il 70% della biomassa;
– togliere gli incentivi per le fonti energetiche alternative se è vero che dal consultivo di una centrale a biomasse calabra risulta che il guadagno è per 10 milioni costituito dalla vendita d’energia e i restanti 39 milioni dal finanziamento pubblico pagato nelle bollette enel;
– abolire il nuovo testo unico forestale che distruggerà TUTTO il patrimonio boschivo per incenerirlo;
– ripristinare il Corpo Forestale dello Stato.

SIMBIOSI E PARASSITISMO

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L’edera svolge un ruolo ecologico di fondamentale importanza per l’equilibrio del bosco e per la fauna. Innanzitutto, è bene ricordarlo, la Natura non fa nulla per caso. Ogni specie, anche la più sgradita e insignificante, occupa un posto chiave nelle complesse dinamiche ecologiche. Talvolta questo ruolo sfugge non solo alle persone comuni ma anche agli scienziati che, di frequente, sono costretti a rivedere le teorie più consolidate alla luce di nuove conoscenze. Molti agricoltori e operatori forestali sono convinti, ad esempio, che l’edera sia una specie “nociva” responsabile del soffocamento e del disseccamento degli alberi e per questo la recidono, credendo di fare un servizio utile al bosco. Sfatiamo un mito della scarsa conoscenza botanica e della cattiva gestione selvicolturale: l’edera non si nutre della linfa dell’albero, è un rampicante (come la vite) e ricerca nella pianta ospite solo il sostegno, un tutore cui avvolgersi. Tagliare l’edera è sbagliato per numerose ragioni. Eccole: – la copertura di foglie che avvolge i tronchi offre una eccellente ”coibentazione” agli alberi, proteggendoli dalle temperature rigide; – l’edera opera la selezione naturale del bosco. La possiamo definire come il “lupo degli alberi”, perché con il suo peso, contribuisce a far cadere gli esemplari meno resistenti o malati. Accelera così il processo di maturazione e di rinnovo del bosco.

Mauro Cheli – Bisogna vedere in che tipo di bosco sei… Ad esempio in un bosco di robinia le cose vanno diversamente…. La robinia é una leguminosa e attraverso i tubercoli radicali fissa l’azoto atmosferico nel terreno e incoraggia le specie nitrofile a crescere smisuratamente, come edera e vitalba. Dopo qualche anno queste specie avvolgono le piante di robinia e spesso le fanno “scosciare” e cadere rendendo il terreno favorevole anche al verificarsi di frane in terreni caratterizzati da forte pendenza… Bisogna quindi analizzare in quale tipologia di bosco ci troviamo …

Alessandro Bottacci – È una lotta impari. Non si riesce a far capire il valore ecologico dell’edera.
Anche i miei operai delle Riserve avevano il vizio di tagliare l’emersione appena la trovavano
Per fortuna ora hanno capito di lasciarla fare. Alcune piante soccombente alla presenza dell’edera ma sono quelle più deboli. È un meccanismo naturale del quale non aver paura.

Cristiano Manni – Per gli antichi l’edera era il simbolo dell’amicizia. L’ignoranza popolare, ancor oggi, la considera un parassita, quando invece vive in simbiosi con l’albero di sostegno. Le loro radici intrecciate e saldate si scambiano nutrienti, e l’edera contribuisce con la fotosintesi invernale e precoce, senza mai invadere la chioma dell’ospite.
Ma qualcuno ha pensato di interrompere il bellissimo abbraccio di questi due amici, tagliando l’edera, che tra poco morirà. Complimenti al bruto che ha rovinato tanta bellezza, e complimenti alla Regione Toscana, che non accenna ad un minimo divieto, nei suoi regolamenti, a questa brutale pratica così diffusa e liberamente esercitabile.

Laura Conte – Il problema è che la regione ha dato in gestione il patrimonio boschivo della provincia di Grosseto e Livorno all’Unione dei Comuni Colline Metallifere che ha dichiarato di non avere mezzi finanziari e personale per amministrarlo e quindi ha deciso di vendere lotti di terreno per il taglio dando la priorità a ditte che hanno la certificazione FSC o PEFC, ma a quanto pare qui tagliano quel che trovano. Bisogna considerare che i comuni, ovvero i cittadini, oltre all’assenza di finanziamenti così si trovano a dover spendere per la gestione delle foreste. Il comune di Livorno quando la gestione è passata di mano ha subito imposto all’Unione far rimuovere dei rifiuti che erano nel bosco da anni con un dispendio enorme perché l’Unione non avendo i mezzi ha dovuto incaricare una ditta. A questo punto sarebbe più utile costituire delle associazioni di cittadini che si prendono in carico la gestione del bosco magari cercando di ottenere finanziamenti europei, privati o…… della regione. E’ questo il giochino, la regione lo dice “presentate progetti”, poi va bene che finanziano chi vogliono ma almeno i cittadini inizierebbero a far vedere che ci sono e invece di andare a votare il nulla si prendono finalmente la responsabilità del territorio in cui vivono.
Al Corpo Forestale si è voluta togliere la gestione e non a caso è stato penalizzato accorpandolo ai Carabinieri, avrebbe avuto molto più senso unire carabinieri polizia municipale e polizia in un unico corpo di polizia.

Luca Pratz – Sbagliate le norme, ricche di lacune, ma soprattutto molto anziane. Tanti gli esempi che si possono fare a partire dalla norma sul vincolo idrogeologico che è del 1923. In un paese a grande rischio ambientale come il nostro, non è più possibile andare avanti con queste norme.
Il bosco si gestisce da solo, non ha bisogno della mano maldestra dell‘uomo……..la selvicoltura serve solo per far guadagnare l‘uomo e non certo per il bene del bosco e degli animali che lo abitano.

Centro Fauna Selvatica Il pettirosso – I cacciatori raccontavano che la caccia di selezione era utile perchè non vi era più il predatore, e fino a qui non faceva una piega se vogliamo. Ora invece che è tornato il predatore, dicono che solo loro sono autorizzati a cacciare…
I lupi non lo sono, non hanno la licenza… (Giuro non è una barzelletta, ma a questi danno anche il porto di fucile!?) E loro che fanno parte della natura, fanno scempi solo scempi!!!
Secondo me lo scempio è dell’intelligenza: ignoranza “SELVAGGIA”.

Cristiano Manni – Nessuna sanzione restituirà questo maestoso leccio al bosco. Epperò è stato trovato, anche se lo avevano tagliato in fondo al più scosceso dei fossi, sperando di farla franca. E purtroppo non era l’unico, altri erano già in catasta.
Così come mai nessuna sanzione farà sollevare dal suolo i rifiuti abbandonati dai tagliatori, se il Forestale non si facesse in quattro anche per questo.

Sergio Costa – Due anni fa lo proposi pubblicamente … ma la cosa fu accolta con freddezza politica … adesso é divenuta indicazione di governo. Ne gioisco e spero che tutti i comuni della Terra dei Fuochi… ma anche gli altri … subito modifichino il proprio regolamento. Chi inquina … chi gestisce illecitamente i rifiuti e l’ambiente … deve andare via dal territorio … non deve più rimanere dove ha minacciato concretamente la salute di altre persone. Ad Maiora Semper

Francesca Fabrizi – Calabria. Due colleghe coraggiosissime sole in un territorio assurdo dove le persone scomode finiscono in pasto ai maiali.
Il loro senso del dovere e dello Stato nonostante tutto sono altissimi , molto più di tanti che si fregiano di medaglie per stare comodamente al sicuro nel proprio ufficio
Ragazze il mio cuore è con voi, orgogliosa di conoscervi.

Il CFS andava difeso prima e dall’interno, non dalla Madia! Invece si sono trastullati in lotte intestine, lotte di potere, biodiversità contro polizia…e potrei aggiungere tante altre cose indegne.

MARTINA, VELENIFICA TARANTA

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Mimmo Giglio – VELENI PER DECRETO, LA PUGLIA UNA CAMERA A GAS A CIELO APERTO!
Nel centro-sud della Puglia stiamo vivendo momenti tragici dal punto di vista ambientale e salutare. A causa al Decreto Martina del 13.02.2018 a partire dal mese di maggio 2018, comincia l’irrorazione FORZATA di insetticidi, a base di Neonicotinoidi, che si protrarrà da Maggio ad Agosto per 2 interventi più altri 2 fino a dicembre, per tutto il territorio agricolo compreso tra l’Adriatico e lo Ionio e da Martina F. Locorotondo e Fasano fino al Capo di Lecce ,4.2 Milioni di litri di insetticida x 700.000 Ettari circa di territorio. Sia l’aria che i prodotti alimentari Pugliesi saranno potenzialmente contaminati da insetticidi a base di Neonicotinoidi, neurotossici per insetti impollinatori, Molto tossici per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata (H410).
In più il decreto (gazzettaufficiale.it/eli/gu/2018/04/06/80/sg/pdf) obbliga a mezza regione Puglia , da Martina F. – Fasano a S. Maria di Leuca , l’aratura e/o diserbo, meccanico o chimico di tutti i campi urbani ed extra-urbani. Una misura del genere in un periodo di piena fioritura come Aprile, mese in cui le Api e Bombi fanno il “pieno” alimentare in vista della stagione secca e siccitosa estiva , provoca la sicura decimazione (o estinzione) dei pronubi in mezza Puglia, e della biodiversità delle piante selvatiche da cui provengono le verdure che oggi mangiamo.
gazzettaufficiale.it/eli/gu/2018/04/06/80/sg/pdf. Dal2013 ad oggi ci sono una marea di situazioni incredibilmente paradossali ma forzate dai “Teatranti” (per es. le prove scientifiche prodotte dal CNR di Bari che dimostrano la correlazione di causalità tra batterio Xylella e Disseccamento Rapido in realtà dimostrano il contrario http://temi.repubblica.it/…/xylella-dalla-scienza-piu-dub…/…) per imporre delle misure fortemente invasive. E’ chiaro che il vero “regista ” non si vede ,ma in questo momento storico ,in cui c’è un vero e proprio assalto alla diligenza Italia grazie all’avvento Neoliberista , è facile intuire quali multinazionali abbiano potuto creare il l’opera.
I danni causati dalle pratiche agricole imposte dal Decreto Martina ,cioè l’uso indiscriminato di insetticidi nicotinoidi unito alle lavorazioni meccaniche (arature) e chimiche (erbicidi) in aprile causerebbero un danno incalcolabile e dalle conseguenze non prevedibili (come dice EFSA) in quanto la decimazione degli insetti impollinatori provocherebbe non solo il crollo di produzione di frutti di alberi, legumi e ortaggi allogami ma causerebbe l’estinzione delle piante Orwellianamente definite “infestanti” ma che costituiscono la fonte di biodiversità da cui deriva la nostra attuale alimentazione vegetale. Nel solo Sud Italia esiste il 30% di biodiverstà europea, oltre all’incalcolabile danno al turismo, che si troverebbe a villeggiare in mezzo alle irrorazioni di insetticidi e isole desertiche di ulivi eradicati a causa del provvedimento.
Comunque, anche se questa epidemia di Xylella fosse vera, diventa sicuramente di secondaria importanza rispetto al dramma di vivere in una regione “gasata” da insetticida “per Decreto” , neanche la Gestapo di Hitler avrebbe saputo fare di peggio.

Enzo Suma – Riprendono gli abbattimenti a Cisternino. In un piccolo appezzamento 3 ulivi abbattuti ma vengono graziati dall’osservatorio fitosanitario 2 ulivi perchè, considerate le dimensioni, sono stati ritenuti monumentali pur essendo ai limiti dell’applicazione della legge che definisce i monumentali. Ci sono molti ulivi in Valle d’Itria che sono ai limiti della monumentalità. Purtroppo la verità è che la loro vita è nelle mani di una singola persona, l’ispettore di turno, che può decidere o meno se graziarlo.

Natty Zen – Io non capisco come non ci si possa opporre. Perché legalmente siamo impotenti dinanzi a ciò?
Loro arrivano per posta con foto di alberi da abbattere, ti dicono che devi farlo abbattere a tue spese entro 15 giorni pena 1000€ più raggio di alberi intorno, tutto ciò dopo aver fatto delle analisi a cui non possiamo sottoporre controanalisi. Insomma ci dobbiamo fidare di qualcuno che dice che il nostro albero è malato e nonostante si possa salvare dobbiamo comunque ammazzarlo però LORO hanno deciso questo.
Perché è possibile tutto ciò?

Sabrina Sansonetti – Fanno gli spavaldi perché riescono a comprare centri di potere e calpestano in modo presuntuoso le persone, le comunità che continuano a difendere con dignità la propria terra.
Il Parlamento Europeo esprime preoccupazione per la concessione del finanziamento della BEI al progetto Tap, per mancanza di requisiti sul rispetto delle norme ambientali e sociali, ma al momento non chiede la revoca dello stesso…

Serena Fiorentino – È strabiliante vedere come dopo un sequestro del cantiere e un parere negativo del parlamento europeo sui finanziamenti, TAP se ne esca con un post sul master a Londra (piatti di lenticchie in cambio di devastazione). RIDICOLI! Lungo il tracciato del “tubo”, la campagna è viva. La rabbia per la devastazione perpetrata ai danni di questa Terra innocente non potrà mai soffocare i nostri sorrisi e la nostra determinazione. Un fiore sarà sempre lì a lottare per la vita e la bellezza; un fiore sarà sempre lì a darci il “Buongiorno resistente”, erbe spontanee che oggi crescono laddove qualcuno prevede per un futuro solo gas, metallo e cemento. Questa terra va conosciuta, amata e difesa!

Antonella Giordanelli – Martina e tutto il Consiglio dei Ministri, perfino non rieletti, continuano a decretare! Si veda anche il nuovo Testo Unico Forestale emanato il 16 marzo e firmato il 3 aprile da Mattarella, (che sarebbe il garante della Costituzione!…entra in vigore a Camere sciolte da esattamente 2 mesi, quando è cambiato il Parlamento che ha dato delega (in eccesso) a ministri che non sono neanche stati rieletti! Una Avvocatura regionale potrebbe impugnare il DLgs n 34/ 3 aprile 2018, in GU n. 92 del 20 aprile a motivo della competenza concorrente con cui si sono elaborate norme, in conflitto d’attribuzioni, finalizzate ad una gestione economicistica del patrimonio boschivo invece che alla tutela della foresta come sancito dal dettato costituzionale:
1) è stato emesso in carenza di potere trattandosi di un provvedimento di straordinaria amministrazione, adottato dopo lo scioglimento delle Camere deleganti;
2) considera le foreste esclusivamente sotto l’aspetto economico, in contrasto con la tutela costituzionale dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 9 e 117 Cost.);
3) contiene articoli volti alla distruzione del bosco, per esempio non considerando tale il bosco recentemente ricostituitosi a seguito dell’abbandono dell’attività agricola oppure il rimboschimento realizzato nel recente passato, anche con fondi europei;
4) contiene norme di dettaglio che ledono la competenza delle Regioni in materia di agricoltura e foreste;
5) non semplifica per nulla il quadro normativo vigente e non recepisce gli impegni e le indicazioni dell’UE;
6) trasferisce al Ministero dell’Agricoltura uno spazio operativo in tema di politiche forestali in antitesi con il quadro costituzionale, che attribuisce le foreste alla legislazione regionale;
7) rimette in discussione la disciplina della viabilità forestale, di competenza delle Regioni, le quali già hanno legiferato in materia;
8) non prevede norme e fondi per un rilancio delle politiche forestali a salvaguardia dell’assetto idrogeologico e per il recupero produttivo agrosilvopastorale inseriti nella “programmazione regionale di sviluppo rurale” attraverso quel coofinanziamento pubblico che giustifica sia la normativa vincolistica, che il sostegno a favore dei terreni boscati e montani;
9) non assegna copertura finanziaria, ma complica la precedente normativa con ulteriori iter burocratici ed economici a carico della proprietà forestale
10) rinvia a ben sette successive decretazioni ministeriali ed ulteriori pastoie autorizzatorie.

Michele Giovinetto – La cosa strana di questa vicenda e’ il silenzio mediatico, a parte qualche sparuta notizia, nonostante petizioni email, pareri negativi si e’ proseguito ad oltranza, secondo me l’osservatorio sulle biomasse si doveva istituire prima di questo testo unico forestale quando hanno iniziato a parlare con molta enfasi sull’ aumento dei boschi e della soppressione del c.f.s . Si doveva capire l’aria che tirava, trovo assurdo che con la potenza del sole da cui potremmo ricavare molta energia e alla lunga abbassare le bollette e forse in futuro anche la benzina che tutti noi paghiamo per andare a lavorare si debba parlare di aumenti delle bollette per le biomasse che incentivano il taglio boschivo: non so se ridere o arrabbiarmi.

Maurizio Boscheri – Il decreto “biomasse” è un ecocidio!

Simone Lonati – se lasciassimo invecchiare i boschi ed accumulare carbonio nell’humus, i boschi diventerebbero più fertili e risolveremmo per una percentuale importante il problema della CO2 che verrebbe bloccata nel suolo in quantità rilevanti; è vero che dobbiamo produrne meno ma prima di tutto non siamo attrezzati a farlo da oggi a domani ma solo in almeno 20 anni (questi sono gli obiettivi internazionali) e poi noi dobbiamo ridurre anche la quantità di carbonio nell’aria che abbiamo immesso nell’ultimo secolo bruciando i fossili…

Ottone Taddei – E certo che tagliando piu’ spesso, anche la sostanza organica nel terreno diminuisce con relativo rilascio di carbonio gassoso… hanno fatto malissimo i conti!!

Lucia Daniza Salvatore – Ho ascoltato il sindaco di Farindola, il paese a cui era legato l’hotel Rigopiano, il sindaco ha riferito che l’unico fax relativo alla pericolosità del meteo lo ha ricevuto il 24 gennaio, quando la tragedia si era già consumata! In un paese sperso tra le montagne, dove spesso manca l’energia elettrica e Internet non funziona le notizie , anche quelle importanti, arrivano in ritardo o non arrivano affatto,…. alla domanda della giornalista che chiedeva come avevano fatto in passato a dare l’allerta meteo in tempo opportuno, ha risposto che veniva informato dal CORPO FORESTALE DELLO STATO…senza polemica credo che Renzi abbia sulla coscienza anche queste vittime della slavina.

 

GIGANTI AUTENTICI E INTERPRETAZIONI DI LEGGE

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Dario Rapino – Ho letto le motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale di Sulmona ha mandato assolto (ancorchè con formula dubitativa) l’imputato C.A. dall’accusa di aver ucciso con un colpo di fucile nel 2014 un orso marsicano. Naturalmente è superfluo ripetere che tutte le sentenze vanno rispettate, il che non vuol dire che non possano essere sottoposte a vaglio critico. Confesso che terminata la lettura sono stato assalito da un diffuso stato di sconcerto ed i quarant’anni trascorsi sui testi di diritto sono completamente svaniti. La prima domanda che mi sono posto è stata se fosse possibile che io non avessi capito assolutamente nulla dei princìpi informatori del diritto penale, con specifico riferimento a quelli attinenti la formazione e la valutazione della prova. Perchè in sentenza si dà atto delle attività di indagine svolte dai Carabinieri e dai Forestali, delle risultanze dell’esame medico legale e di quelle balistiche, dalle quali si evince che l’orso venne attinto a distanza di qualche giorno da ben due fucilate: la prima a pallini, a carattere non letale, la seconda con nove pallettoni, dei quali sei andati a segno, che provocarono una peritonite e la successiva morte dell’orso. Inoltre, vennero rinvenuti nell’abitazione dell’imputato cartucce del tutto compatibili con quelle esplose, nonchè, nella corteccia di un albero del giardino i tre pallettoni mancanti. Si accertò inoltre che l’orso prima di essere ucciso aveva mangiato galline e frutta, ossia quanto presente nel terreno di A.C. Ebbene, a fronte di tale robusto quadro indiziario (grave, univoco e concordante) il Giudice ha ritenuto che esso non integrasse gli estremi della prova, ben potendo l’animale essere stato ucciso da altri abitanti della zona (quali, perchè, come non è detto). Non solo, lo stesso imputato, sentito nell’immediatezza del fatto, alla presenza del proprio difensore, ammise che l’orso una sera di introdusse nella sua proprietà, che egli uscì armato, che, spaventato, scivolò esplodendo accidentalmente i colpi. Dunque, secondo l’imputato la visita dell’orso ci fu ed i colpi furono esplosi: una palese confessione su uno dei punti decisivi della vicenda. Ma il tribunale glissa, perchè, dice, può darsi che l’orso sparato dall’A.C. fosse un altro. Insomma, a fatti certi si risponde con congetture, ossia l’esatto contrario di ciò che le regole processuali penali impongono. Può darsi che io mi sia distratto e tali regole siano state riscritte, nel qual caso chiedo venia. Morale della favola, abbiamo perso uno dei pochi esemplari di orso marsicano rimasti, la cui ferocia è dimostrata dall’essersi pappato un po’ di galline e di mele, mentre il responsabile di tale delitto se la gode alzandoci davanti agli occhi il dito medio. Ora si attende che la Procura Generale, di fronte a tale obbrobrio giuridico, sollecitato dalle Associazioni ambientaliste, appelli quella sentenza. E che “In nome del popolo italiano” giustizia sia fatta.

Enzo Fauna – Un complesso probatorio del genere sarebbe stato sufficiente a condannare qualcuno per omicidio doloso. Evidentemente il favor rei viene dilatato fino ad essere stravolto, se il reato prevede la pena di una tirata di orecchie, al contrario, opera in modo limitato se sono in gioco pene severe. La cosa è decisamente strana. La verità è che leggendo il tuo resoconto della vicenda, la sentenza non andava pronunciata in nome del popolo italiano, ma di sua sorella.
Mi dovrò informare su chi sia l’illuminato difensore del diritto che ha dato alla luce la sentenza. Lo aggiungerò a quell’altro che ha sentenziato su Bussi, nel mio personale Pantheon dei giudici memorabili.

Eliana Fanelli – aprile 2017, La strage degli ulivi di Oria continua nell’indifferenza dei suoi cittadini. Il meraviglioso ulivo 7.60 di circonferenza non è ancora stato distrutto. La sua proprietaria ha deciso di sradicarlo dopo aver ricevuto la notifica di abbattimento perché dichiarato infetto. È nostro dovere difenderlo. NINO era lì anche oggi. Già da domani questo ulivo sparirà, tagliato a pezzi e sradicato. Quando si sveglieranno i cittadini di Oria? Quando avranno fatto il deserto e sarà ormai tardi? L’ulivo è in contrada Frascata, Oria.
aprile 2018 – Era stato “salvato” presentando esposti alla procura di Brindisi e chiamando i cc della forestale a tutti i livelli. Era stato salvato appellandosi alla legge regionale n. 4 del 29 marzo del 2017, a settembre del 2017 viene applicata una “interpretazione autentica” che ne stravolgerà la portata. La distruzione di questo ulivo ne è l’applicazione. È dal 2013 che in Puglia accade questo. Ha avuto inizio quando il corpo forestale non era ancora stato smembrato e continua adesso con l’accorpamento ai carabinieri. Xylella è questo che ha segnato lo smembramento di chi avrebbe dovuto proteggerli. Si sapeva a luglio di quell’interpretazione autentica… e nessuno ha fatto nulla…. che gran rabbia.
Questo albero ormai perduto rappresenterà sempre la vostra infamia.
Un anno è trascorso da allora.
 

Le LEGGI a tutela degli ULIVI esistono, ma in PUGLIA vengono ignorate da tutti.
Gli ULIVI sono tutelati dalla legge NAZIONALE n. 144/1951: gli ulivi possono essere espiantati solo in caso di improduttività o morte della piante, MIGLIORAMENTO FONDIARIO, opere di pubblica utilità SOLO su RICHIESTA del proprietario e contestualmente prevede il reimpianto delle stesse cultivar; dalla legge regionale n. 14/2007 tutela e valorizza il paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia. In cui si avviano i CENSIMENTI mai completati. Ed è scritto nero su bianco: sino a quando i censimenti non vengono ultimati gli alberi non si toccano.
Inoltre il D.lgs. 63/2008 ha introdotto, nella categoria delle cose immobili, di cui all’art. 136 lett. a gli «alberi monumentali». Gli alberi monumentali, in quanto Beni paesaggistici a tutti gli effetti, sono, quindi, entrati a far parte del patrimonio culturale nazionale, su di essi, ossia SUGLI ULIVI PUO’ essere apposto il “VINCOLO PAESAGGISTICO” che ne impedisce l’alterazione o l’abbattimento.
L’ART. 2 della Direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente naturale definisce quanto segue:” per piani e programmi si intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità Europea, nonché le loro modifiche elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa dal Parlamento o dal Governo e che sono previsti da disposizioni legislative, 
regolamentari o amministrative.” L’ART.3 riporta:”fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi che sono elaborati per i settori AGRICOLO, FORESTALE, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti,della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni,turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli ”. In base all’art. 4 “la valutazione ambientale deve essere effettuata durante la fase preparatoria del PIANO o del PROGRAMMA ed ANTERIORMENTE alla sua adozione o all’avvio della procedura legislativa”. L’art. 5 stabilisce ”Nel caso in cui sia necessaria una valutazione ambientale ai sensi dell’art. 3 paragrafo 1 deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull’ambiente “.

La DIRETTIVA VAS è stata recepita dall’Italia con la parte seconda del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 entrata in vigore il 31 luglio 2007, che disciplina le procedure per la VAS, per la VIA e per l’IPPC.,modificata e integrata dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 entrato in vigore il 13/02/2008 e dal D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 pubblicato nella Gazz. Uff. 11 agosto 2010, n. 186. L’ART. 3 -ter principio dell’azione ambientale riporta quanto segue: “La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”


Aprile 2017 – All’interno d’un magnifico giardino recintato sono stati monitorati gli ulivi, tra questi tre sono stati trovati infetti da xylella. Come e quando sono stati monitorati questi ulivi? Il vecchio proprietario e la sua famiglia non li sradicheranno, ma li difenderanno. Io sarò con loro.
Aprile 2018 – Con i ricorsi rigettati, i proprietari dovranno tagliare e pagare anche la multa. Domani vogliono abbattere gli ulivi di Cosimino… Angelino… Pasquale… Nino…