Antonio Di Lizia– L’attacco alle nostre foreste prosegue.
Prima la distruzione del Corpo Forestale dello Stato con l’immediato affondo della promulgazione del nuovo Testo Unico Forestale che apre la strada ai profittatori.
Contemporaneamente si tagliano ovunque piante e alberature anche cittadine, spesso con la scusa della pericolosità, con il doppio interesse: fornire le centrali a biomassa (spacciando per energia green) e acquistare nuove piante per rimpiazz are quelle tagliate…
ALCUNI CITTADINI E SCIENZIATI SANNO BENE CHE TUTTO CIÒ È ESTREMAMENTE SBAGLIATO PER NON DIRE PAZZESCO. I PORTATORI D’INTERESSE NON PERDONO TEMPO AD UTILIZZARE OGNI MEZZO (SOCIAL, STAMPA, TV) PER SPACCIARE LE LORO VERITÀ RECLAMANDO TRA I LORO SOSTENITORI ANCHE IL MINISTRO DELL’AMBIENTE. NON INTENDO DIRE CHE SIA FAVOREVOLE MA SOLO CHE, IN UN CERTO QUAL MODO, SI FANNO SCUDO DEL MINISTERO E DI CONSEGUENZA ANCHE DEL MINISTRO COSTA PER AVVALORARE IL TUF PARTENDO DAL PRESUPPOSTO DELLA LOTTA AI CAMBIAMENTI CLIMATICI E QUANT’ALTRO… L’USO DI CERTI AGGETTIVI O DI ESPRESSIONI CHE FANNO PENSARE AD UN IPOTETICO NULLA OSTA…. È OVVIO CHE LA MIA RIMANE UNA SUPPOSIZIONE DELLA QUALE COSTA O MEGLIO TUTTO IL MINISTERO È VITTIMA..
ANTONELLA GIORDANELLI– PURTROPPO, LE COMPETENZE ISTITUZIONALI DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE SONO ALQUANTO LIMITATE, NON PER NULLA SALVINI, POLITICO SCAFATO, PRIMA DI SEDERSI A SCRIVERE IL CONTRATTO DI GOVERNO AVEVA PRETESO UNA SOLA PREGIUDIZIALE: AVERE IL MINPAAF, OVVERO QUEL MINISTERO DELL’AGRICOLTURA SOPPRESSO DA UN REFERENDUM E RINATO CON NOME LEGGERMENTE MODIFICATO IN “POLITICHE AGROALIMENTARI E FORESTALI” (COME TI RIGIRO LA DEMOCRAZIA DIRETTA). E NON PER NULLA FIN DAL PRIMO COLPO D’OCCHIO SUL SECONDO GOVERNO CONTI VI SPICCAVA UNA RENZIANA DI FERRO. QUINDI IL NOSTRO VALOROSO SERGIO COSTA NON HA NESSUNA COMPETENZA SU CACCIA, FORESTE, PESTICIDI, RANDAGISMO, CIRCHI, GRANDI OPERE…E SI DEVE PRENDERE LE INVETTIVE DI CHI A RIGOR DI LOGICA CREDE CHE LUI POSSA INTERVENIRE SU TEMI AMBIENTE/ANIMALI ! ECCO PERCHÉ LA DOTT STEFANI PD, VICECAPO DEL CFS, È STATA ASSEGNATA AL MINPAAF, INFILTRANDO L’AMICO CATTOI NEL M5S: CONTINUA COSÌ DA SEMPLICE FUNZIONARIA (A VITA) AD AVERE PIÙ POTERE DI SERGIO COSTA E DI TUTTA LA DIRIGENZA ONESTA DEL CFS, PUNITA CON L’EPURAZIONE NEI VVFF O SVILITA CON TRASFERIMENTI NEI COMANDI PERIFERICI. NON SO SE È DA ATTRIBUIRE ALLA VICECAPO DEL CORPO LA LUNGIMIRANZA PER CUI, SECONDO ME, PRIMA DI CENSIRE GLI ALBERI MONUMENTALI HANNO PRIMA CENSITO LE PIÙ INETTE TRA LE FORESTALI ED ENTRAMBI HANNO FATTO CONFLUIRE IN ELENCO NEL MINPAAF: DEGLI ULIVI MILLENARI DEL SALENTO NEANCHE UNA SCHEDA È STATA SOTTOPOSTA ALLA SOVRINTENDENZA DI BRINDISI, GRAZIE AD UNA CIRCOLARE DELLA DOTT ANGELA FARINA CHE PRESCRIVEVA DI SOPRASSEDERE AL CENSIMENTO NEGLI ULIVETI TROPPO ANTICHI E TROPPO NUMEROSI !!! LA SCELTA È STATA PROVVIDENZIALMENTE OCULATA GIACCHÉ CI S’È RISPARMIATO IL LAVORO ANCHE PER IL FUTURO ESSENDO STATI INOPINATAMENTE ERADICATI GRAZIE A XYLELLA E TAP. TUTTA L’OPERAZIONE E’ ACCORTAMENTE CONDOTTA IN MODO CHE NON RIMANGA ALCUNA TRACCIA DEGLI ENORMI MILLENARI. NON SERVONO NEANCHE I TARLI CHE NE SBRICIOLINO LA MEMORIA STORICA DI UN ARCHIVIO.
MASSIMO BLONDA– SFRUTTAMENTO DEL SUOLO O RURALITA’
Se non ci si riflette, non è automatico afferrare la differenza.
Viste dalla città, e dal bancone del supermercato o del verdumaio sotto casa, sono entrambe agricoltura.Quella cosa che produce cibo per tutti i giorni, e che richiama tante diverse immagini, a seconda della cultura, formazione, dei condizionamenti o della propria storia personale:a volta bucoliche, popolate da sorridenti contadini sotto il sole e sotto cieli azzurri;altre terrifiche, fatte di teschi, veleni e orrende malattie;altre di paesaggi con smisurate distese verdi o dorate che ondeggiano al vento; altre di moderne macchine, droni, satelliti, computer, e così via. Una per ogni sensibilità, insomma.
Ma esistono due estremi di agricoltura ben lontani fra di loro, con qualche intermedio più sfumato.Da un lato c’è il suolo inteso come qualsiasi materia prima industriale, da sfruttare per lucro e seguendo solo quello. Zero paesaggio, biodiversità, cicli biologici, attenzione alla qualità, responsabilità per il pianeta e la salute dei consumatori, sostenibilità. Chi la pratica è anche difficile chiamarlo agricoltore, e spesso non lo è affatto come professione, ma sono grandi società, fatte di gente seduta intorno a tavoli di consigli di amministrazione, che nei campi non è mai stata e non sa neanche dove sono.
In campo, invece, semplici operai, quando non solo macchine guidate in remoto.Estensioni tutte uguali fra cui non spunta una casa, o un boschetto, o un muretto a secco o qualsiasi nota diversa dalla omogenea continuità. Non si vedono animali, insetti, uccelli. E poi consumi di acqua, fertilizzanti, fitofarmaci, carburanti, e quanto di meno “agro” ci sia. Il suolo solo come substrato. Tanto non ci vive nessuno, da quelle parti; e come potrebbe!
All’altro estremo c’è la ruralità, fatta da comunità agricole più o meno grandi, che producono mentre vivono in quei posti: dalla masseria ai piccoli centri a vocazione. Contadini, e non solo, ovviamente.Ed è un altro mondo: vario, misto, spesso bellissimo da colpo d’occhio, popolato, vivo. E se è vivo e vissuto, nessuno lo vuole avvelenare.
Quale migliore garanzia si potrebbe avere, marchi vari a parte, su prodotti di chi ci vive in mezzo tutto l’anno, e manga le stesse cose? Un pochino sul principio dell’”assaggiatore del Re”, se vogliamo essere cinici. E poi c’è tutto il resto sulla sostenibilità, sul recupero e difesa di paesaggi, tradizioni, e antiche varietà, sull’appeal di territori anche per il turismo, sulla diffusione del chilometro 0 e dei gruppi di acquisto solidali, sul bene che fa, soprattutto alle giovani generazioni, conoscere da dove viene ciò che si mangia.
Per non parlare di come questo sistema sia l’unico capace di reggere anche a gravi cambiamenti climatici e ad eventi estremi, ad essere “resiliente”, se è concessa la parolaccia.
Occhio, però! Fra i due estremi, c’è una grande varietà di casi intermedi; potremmo dire “50 sfumature di verde”.
Tutto sta, allora, a scegliere verso che cosa spingiamo, chi sosteniamo.
Industria chimico-tecnologica del suolo (meglio nota anche come agricoltura di precisione) o ruralità agro-ecologica?
Questo governo, la maggioranza dei Parlamentari, la Ministra, il grosso delle associazioni categoriali, pezzi di pseudoscienza, pare abbiano scelto la prima.
Sta a noi fargli cambiare idea.
CRISTIANO AUTOLYCOS MANNI– BELLANOVA<<DELLE IMPRESE MI HANNO CHIAMATA E MI HANNO DETTO UNA COSA SEMPLICISSIMA: CHE SENZA FLUSSI MIGRATORI BEN REGOLATI, MOLTI PRODOTTI MARCISCONO NEI CAMPI, PERCHÉ I LAVORATORI POLACCHI ORA VANNO IN GERMANIA. QUINDI ATTENTI A DIRE PORTI’ CHIUSI’>>
Quindi il senso sarebbe <<bene i porti aperti, perché così le imprese possono impiegare manodopera agricola a prezzi talmente bassi da aver provocato la fuga dei braccianti agricoli polacchi in Germania?>>
Penso piuttosto che i migranti debbano essere accolti per solidarietà, non per convenienza.
Credo che il mondo agricolo vada invece pensato in modo artigianale, dove ogni mano che si abbassa a toccare la terra, debba essere padrona del frutto che ne trae, e non una catena di montaggio, dove il bracciante è alienato dal frutto del suo lavoro, e ripagato da un salario tanto basso da garantire competitività ad un prodotto industriale, soggetto al mercato, che poi diviene il cibo che ci mettiamo in bocca.
Penso che si debba concepire un’agricoltura che crei meno emissioni e consumi meno risorse, frenando i cambiamenti climatici che sono la prima causa delle migrazioni; che i prodotti agricoli debbano costare di più, per ripagare la loro effettiva qualità, che siano a filiera corta, e che debbano essere difesi dalla concorrenza di cibo estero, prodotto con metodi industriali e sostanze chimiche per abbassarne il prezzo; che i tempi siano pronti peruna veloce transizione al biologico, recuperando la diversità agraria che già abbiamo, e che rischia di estinguersi, anche senza ricorrere a OGM.