Giuseppina Ranalli – I camini inquinano, è un fatto.
Affermare però che le centrali a biomassa sarebbero una valida alternativa all’inquinamento prodotta dai camini non ha senso.
Cerco di spiegare brevemente perché.
Le centrali a biomassa si propongono per produrre energia elettrica. Tuttavia solo il 20% del potere calorifico della legna può essere convertito in energia elettrica (per limiti fisici).
Per mascherare tale fallimento energetico propongono la cogenerazione, cioè l’utilizzo del restante 80% di calore per scaldare le abitazioni.
Il camino e la stufa si accendono quando è freddo: nei mesi invernali e solo in alcune ore della giornata. Pertanto le emissioni rapportate all’anno sono contenute.
Le centrali a biomassa lavorano anche nei mesi estivi e di notte. E quindi il recupero energetico, nei fatti, può essere garantito solo in alcuni periodi dell’anno e solo in alcune ore. Inoltre, per ragioni di sicurezza, gli impianti non vanno collocati a ridosso delle abitazioni e il trasporto del calore ad una certa distanza comporta elevate dispersioni.
Inoltre, la combustione nei camini e nelle stufe non raggiunge temperature molto elevate, significa che il particolato che si forma è grossolano. Fa certamente male alla salute ma è meno dannoso di quello prodotto dalle combustione nelle centrali a biomassa che, raggiungendo temperature più elevate, producono particolato avente dimensioni più piccole.
Gli effetti degli incentivi.
Nel 2000 la produzione primaria di legna da ardere, pellet e materiali legnosi era di 1.179 ktep (oltre 2 milioni e 600 mila tonnellate).
Nel 2018 la produzione di legna è stata di 7.065 Ktep cioè 15 milioni e 700 mila tonnellate.
L’importazione è passata da 488 ktep nel 2000 (1 milione di tonnellate) a 1.465 ktep nel 2018 (3 milioni e 250 mila tonnellate.
Come data di osservazione sullo stato dei boschi, non si può prendere il 1800 o il dopoguerra, come propongono gli interventisti dei tagli: è evidente.
Si deve fare riferimento al periodo in cui sono stati assicurati gli incentivi economici alla legna.
Finanziaria 2019:
Proroga degli incentivi agli impianti a biogas, la cui matrice è costituita per il 40% da reflui zootecnici, per altri 20 anni.
Decreto milleproroghe: proroga degli incentivi a tutti gli impianti a biogas con potenza massima fino a 300kw.
E qualcuno ha ancora la faccia tosta di dire che gli impianti a biogas/biometano servono per produrre energia!!
Ma veramente ci vuole una grande faccia tosta!!
Se tali impianti fossero in grado di produrre energia utile (maggiore cioè di quella che consumano) dopo 15 anni di lauti incentivi si reggerebbero da soli.
È facile da capire.
I veri numeri del biogas.
La tabella estratta da Eurostat, riferita al 2018, il fabbisogno totale di energia e l’energia prodotta dal biogas sia per la UE sia per l’Itala.
Facendo il rapporto si osserva che in Europa l’energia da biogas è pari allo 0,9%, in Italia è dell’1,1%.
Come è evidente, con oltre 2 mila impianti in Italia e circa 17 mila impianti in Europa si ottengono percentuali risibili di energia da biogas. Metà degli impianti sono stati realizzati in Germania, gli altri Stati della UE, ad eccezione dell’Italia, non hanno incentivato molto tale settore.
Da precisare che la Germania produce impianti a biogas e quindi ha interesse a mantenere in vita le sue filiere produttive.
Le produzioni di biogas, riportate nella tabella, sono lorde, significa che non sono decurtati i costi di trasporto della biomassa, di spandimento del digestato, di riscaldamento della biomassa nel digestore, di purificazione del gas, di compressione…..
Ora, con il pacchetto clima ed energia 2030, si intende puntare al biometano. Tale tecnologia è prospettata come una evoluzione di quella del biogas.
Si tratta, invece, di una follia peggiore del biogas. Infatti agli elevati costi energetici, sopra riportati, si aggiungono quelli per separare la CO2 e per comprimere il metano.
Nel 2006 tutti i principali giornali nazionali riportarono con enfasi la notizia che gli alberi vivi erano pericolosi perché emettevano troppo metano.
Distruggerli per il bene dell’umanità appariva l’unica soluzione sensata. Alcuni giornali usarono proprio questo titolo: “Gli alberi sono troppi”.
La notizia, che evidentemente i giornalisti riportarono senza un’ombra di critica, o di cautela, derivava da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature in cui si affermava che gli alberi emettevano molto metano, un gas più climalterante della CO2, con conseguente accelerazione dei cambiamenti climatici.
Lo studio, come è ovvio, si rivelò sbagliato, ma la notizia fu certamente funzionale ai biomassisti.
Tagliare le foreste per produrre biocombustibili è sempre stato criticato dagli esperti di energia, come anche gli altri usi energetici delle biomasse, per via delle basse rese.
Anni prima, le biomasse erano state definite rinnovabili nella nota conferenza sul clima svoltasi a Kyoto: questo consentiva di incentivarle.
Tuttavia, nonostante gli aiuti economici, questo settore non decollava perché gli esperti di energia affermavano l’ovvio: le biomasse non sono una fonte rinnovabile ed è impossibile ottenere rese accettabili.
Con lo studio, che dimostrava che gli alberi erano pericolosi, fu facile stroncare le resistenze di chi si opponeva al crimine ambientale di tagliare le foreste per produrre i biocombustibili e bruciare la legna al posto del carbone per produrre energia elettrica.
A causa di quella leggerezza, per anni si è disboscato impunemente.
Oggi, in vista dell’obiettivo rinnovabili 2030, che prevede ulteriore utilizzo di biomasse (legna da ardere per il settore termico, legna per produrre energia elettrica nel settore elettrico e biometano e biocarburanti nel settore trasporti), i biomassisti si sono nuovamente ringalluzziti.
A dare loro una mano, di nuovo, si prestano “scienziati” i quali affermano che le superfici forestali negli ultimi anni sono aumentate.
E i giornali enfatizzano questa fandonia, smentita dalle fonti statistiche ufficiali, senza la minima critica e con lo stesso atteggiamento ossequioso di quando riportarono la notizia che gli alberi erano pericolosi perché emettevano metano.
Ci sono anche studi che affermano che “gli alberi con tante foglie sono pericolosi”.
E così dallo slogan di 16 anni fa “gli alberi sono pericolosi” si è passati a “sono pericolosi solo gli alberi con troppe foglie”.
La verità è che le biomasse non sono una soluzione energetica né potranno mai esserlo per un problema legato al potere calorifico. Nessuna norma umana può stravolgere le leggi della chimica e della fisica.
Ma la propaganda degli affaristi riesce a far credere di compiere il miracolo di produrre energia pulita.
Tutte queste tecnologie sono a energia a perdere, significa che si spreca più energia di quella che si produce.
Occorre fare fronte comune, raggruppare le forze e le energie e bloccare gli affaristi delle biomasse prima che la loro cupidigia distrugga l’ambiente e la nostra salute.
Fabrizia Jezzi – Il nemico degli alberi e’ potente: tagli abusivi, collusioni, complicita’, mafia, agronomi, consulenti ed esperti universitari collusi, politici ed amministratori collusi, pellet, centrali a biomassa finanziate dallo Stato(inquinanti e non rinnovabili) sperimentazione 5G, ditte e filiere del legno poco trasparenti, devastazioni dei boschi, distruzione del Corpo Forestale dello Stato, Polizia municipale non competente, assenza di controllo sul territorio, capitozzature ovunque, vivaisti e imprese del verde rampanti, esposti non recepiti, condanne minime o nulle per reati contro il patrimonio arboreo e del verde pubblico…
Ma peggio di tutti il rincoglionimento quasi totale della gente affetta da psicosi degli Alberi assassini e del Pino killer che permette e consente tutto cio’.