
Fu nel 2017 / ogni onor deforestato. / Cadde, ahinoi, l’antica quercia./ Il fuoco o l’acqua devastò./
Nodo in terra non fu divelto, /germogliò forte pollone./Tornò l’aquila in volo/grigioverde a rimirar.
PRIMA SEZIONE
DECISIONE
Domanda n. 19979/17
(…) contro l’Italia
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), seduta il 22 aprile 2021 come comitato composto
da:
Alena Poláčková, Presidente,
Péter Paczolay,
Gilberto Felici, giudici,
e Viktoriya Maradudina, vice cancelliere della sezione f.f.,
Viste le predette richieste formulate dai ricorrenti,
Viste le dichiarazioni del governo convenuto che invita la Corte a cancellare i ricorsi dall’elenco,
Dopo la deliberazione, rende la seguente decisione:
FATTI E PROCEDURA
L’elenco dei candidati si trova nella tabella allegata.
Le denunce dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 11 § 1 della Convenzione (divieto di costituire un’associazione
professionale o un sindacato) sono state comunicate al Governo italiano (“il Governo”).
POSTO
In considerazione della somiglianza dei ricorsi, la Corte ritiene opportuno esaminarli congiuntamente in
Un’unica decisione.
A seguito di negoziati di composizione amichevole infruttuosi, il governo ha informato la Corte che stava
proponendo di rilasciare dichiarazioni unilaterali per risolvere le questioni sollevate da queste denunce. Ha
inoltre invitato la Corte a cancellare i ricorsi dall’elenco in conformità con l’articolo 37 della Convenzione.
Il Governo italiano riconosce che i ricorrenti hanno subito una violazione dell’articolo 11 della Convenzione,
fino all’adozione della sentenza della Corte Costituzionale n ° 120 del 2018. Si offre di pagare ai ricorrenti le
somme riprodotte nella tabella allegata e invita la Corte cancellare i ricorsi dall’elenco in conformità con
l’articolo 37 § 1 (c) della Convenzione. Tali somme saranno pagabili entro tre mesi dalla data di notifica
della decisione della Corte. Se non sono stati pagati entro tale periodo, il Governo si impegna ad
aumentarli, dalla scadenza del periodo e fino al pagamento, mediante interesse semplice ad un tasso pari a
quello della linea di credito. Tasso marginale della Banca Centrale Europea applicabile durante questo
periodo, aumentato di tre punti percentuali.
Il pagamento costituirà la liquidazione finale dell’attività.
I termini delle dichiarazioni unilaterali sono stati inviati ai ricorrenti diverse settimane prima della data di
questa decisione. La Corte ha ricevuto una risposta dai ricorrenti che indicavano di non accettare i termini
delle dichiarazioni.
La Corte ribadisce che l’articolo 37 § 1 (c) della Convenzione le consente di cancellare un caso dall'elenco
se:
“(…) per qualsiasi altra ragione che [lei] scopra di esistere, non è più giustificato continuare ad esaminare la
Richiesta”.
Pertanto, in base a questa disposizione, la Corte può cancellare i ricorsi dall’elenco sulla base di una
dichiarazione unilaterale del governo convenuto, anche se i ricorrenti desiderano che il loro caso venga
continuato (si veda, in particolare, la sentenza Tahsin Acar c.Turchia ( questione preliminare) [GC], n.
26307/95, §§ 75-77, CEDU 2003-VI).
Considerando le concessioni contenute nelle dichiarazioni del Governo, nonché l’importo del risarcimento
offerto, la Corte ritiene che non sia più giustificato continuare l’esame delle richieste (Articolo 37 § 1 (c)).
Rileva inoltre che, a partire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2018, i ricorrenti possono
costituire associazioni sindacali professionali alle condizioni e nei limiti fissati dalla legge.
Inoltre, alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che il rispetto dei diritti umani garantiti
dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non richieda altrimenti che essa continui ad esaminare i ricorsi
(Articolo 37 § 1 in fine).
Infine, la Corte ha sottolineato che, nel caso in cui il Governo non avesse rispettato i termini delle sue
dichiarazioni unilaterali, i ricorsi potrebbero essere reinseriti nel registro ai sensi dell’articolo 37 § 2 della
Convenzione (Josipović c. Serbia (dec.) , nº 18369/07, 4 marzo 2008).
Alla luce di quanto precede, queste richieste dovrebbero essere cancellate dall’elenco.
Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Decide di aderire alle richieste;
Prende atto dei termini delle dichiarazioni del governo convenuto e delle disposizioni previste per garantire
il rispetto degli impegni così assunti;
Decide di cancellare i ricorsi dall’elenco ai sensi dell’articolo 37 § 1 (c) della Convenzione.
Fatto in francese, quindi comunicato per iscritto il 20 maggio 2021.
Con provvedimento del 23.4.2020 la prima sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso di dare conoscenza al Governo italiano del ricorso presentato nel marzo 2017 attraverso l’avv. Ascanio Amenduni del Foro di Bari da alcuni agenti del Corpo Forestale dello Stato, soppresso dal decreto legislativo n. 177 del 2016 in esecuzione della legge Madia n. 124 del 7.8.2015, invitandolo in via preliminare a esplorare con noi la possibilità di una regolamentazione amichevole.
Entro il 19.11.2020 sia noi che il Governo italiano dovremo far pervenire alla cancelleria della Corte le nostre proposte di soluzione amichevole, in relazione all’ipotesi di violazione della convenzione europea individuata dalla Corte, e cioè: la privazione di alcuni diritti fondamentali, quali quello di piena libertà di partecipare ad associazioni sindacali e quello di sciopero, a seguito del passaggio ex lege dal Corpo Forestale al corpo dei Carabinieri e anche nel corpo dei Vigili del Fuoco, ove ciò abbia comportato le relative restrizioni.
La Corte europea non ravvisa la sua competenza su tutti gli aspetti sollevati nel ricorso. Purtuttavia, la decisione di imputare al Governo italiano l’ipotesi della violazione dei diritto allo sciopero in danno di chi è diventato, imperativamente, carabiniere, da forestale, ha un grande impatto politico e morale sulla scelta legislativa operata a tal riguardo per l’ indubbio rilievo nazionale.
Grazie alle capacità professionali dell’avv Amenduni prestate senza alcun corrispettivo che non fosse l’orgoglio di compiere il proprio dovere di cittadino e grazie alla determinazione di pochi Forestali, il Comitato ForestaForesta può legittimamente rivendicare che la battaglia da altri intrapresa e persa nell’ordinamento interno, continua in quello europeo, in modo promettente!
Infatti la Corte europea chiede al Governo italiano di rispondere a una serie di contestazioni e quesiti gettando nuove ombre sulla scelta legislativa fatta dal Governo Renzi, e potrebbe creare i presupposti per una controriforma riparatoria.
Infatti se è vero che la Corte Costituzionale italiana, con sentenza n. 170 del 2019, decidendo sulle questioni sollevate dai TAR di Abruzzo, Veneto e Molise, ha dichiarato legittimo l’assorbimento dei Forestali nell’Arma Carabinieri, perché si sarebbe tradotto solo in una discrezionale riorganizzazione legislativa a scopo di contenimento dei costi, ora la Corte Europea potrebbe dichiarare inconvenzionale la stessa legge, a riprova che i livelli di tutela europea dell’individuo secondo il diritto sovranazionale superano l’ordinamento interno.
Il pronunciamento della CEDU conferma quindi la validità della linea d’azione proposta dal Comitato “Foresta Foresta”, nella campagna #salviamolaForestale sostenuta da decina di migliaia di cittadini, tra cui personalità della cultura e rappresentanti delle istituzioni, contrarie allo spezzettamento delle funzioni del già esiguo organico del CFS (circa settemila persone disperse tra il ministero dell’agricoltura e quattro diversi Corpi).
Infatti se sono tragicamente inefficaci gli interventi anti incendio boschivo diretti dai Vigili del Fuoco, mancando loro prossimità con le popolazioni montane e conoscenza sia del territorio che di scienze forestali, si è anche persa organicità nella tutela ambientale affidata all’Arma dei Carabinieri la cui azione è esclusivamente repressiva senza alcuna opera di prevenzione del reato.
Inoltre non solo la rigida catena di comando e la complessa burocrazia dell’ordinamento militare, ma persino l’intralcio della pistola d’ordinanza e della divisa inappropriata obbligatorie per tutto il personale, sia femminile che maschile, sia amministrativo che tecnico, anche durante il servizio di gestione della fauna selvatica e delle riserve naturali, hanno determinato un grave scadimento d’operatività e cura pro patrimonio naturale e biodiversità che il ministero della difesa non è attrezzato nè strutturalmente né vocazionalmente a garantire.
Pertanto il Comitato “Foresta Foresta” che ha voluto condividere il nome dell’Inno forestale intende proseguire la sua azione di cittadinanza attiva fino al ripristino della piena autonomia del bicentenario Corpo Forestale dello Stato, che fino alla sua soppressione risultava essere il più amato dagli Italiani.
prof Antonella Giordanelli
Valido Capodarca – CARABINIERI E CORPO FORESTALE? INCOMPATIBILI!
Vi sono delle realtà che, a volerle mettere insieme si creano dei pastrocchi assolutamente incapaci di produrre qualcosa di buono, perchè uno dei due deve snaturarsi e, ovviamente, sarà quello dotato di minor peso, che così smetterà totalmente di funzionare. Un aneddoto autobiografico sarà ampiamente esplicativo.
Era il 1977, anno più anno meno. Io, tenente del Corpo Automobilistico ero in servizio quale comandante del Plotone RR presso il 19° Btg. Cor. “M.O.Tumiati” e avevo ricevuto l’ordine dal nostro Comando Brigata Friuli di effettuare una autocolonna addestrativa. Le autocolonne! Il mio piatto forte. Presso i Reparti Automobilistici per i quali le avevo effettuate nel 7 anni precedenti mi avevano fruttato più di un elogio, per il preciso rispetto di tutte le regole: efficienza degli automezzi, velocità di marcia, distanza interveicolare, segnaletica in ordine, rispetto esatto al secondo dei tempi di sosta, rientro con precisione cronometrica. Sapendo che al punto indicato per la sosta (un ampio spiazzo sul greto del torrente Marina), ci sarebbe stato il Generale Comandante di Brigata a controllarci, avevo dato il meglio di me nell’organizzare ed effettuare l’autocolonna. Arrivati, precisi al secondo, al luogo di sosta, mi ero appena fermato che venni investito dalle urla del generale comandante. “Tenenteeee! Ma li vede i suoi soldati? Due si sono tolti il basco, altri hanno bottoni della camicia slacciati, il fucile lo tengono dietro il sedile, anziché a fianco, per rispondere subito a un attacco nemico. Molti hanno i finestrini abbassati (si era in luglio), sì che se un terrorista volesse buttare una bomba in cabina, lo farebbe in tutta comodità!”
Già, c’erano 4 operai a spalare ghiaia sul greto del torrente, ma non mi sembravano proprio terroristi!.
Insomma, l’aver eseguito con meticolosità tutto ciò cui ero stato addestrato alla scuola della Motorizzazione, per un generale di Fanteria non serviva a niente, avendo egli ricevuto tutt’altro addestramento alla scuola di Fanteria. Avrei voluto tanto ricoprire di vaffa il mio superiore, ma nella vita militare – come affermava argutamente il mio maresciallo D’Acquarica – c’era questo di aberrante: se due si mettono a discutere, si guardano l’un l’altro sulle spalline e sanno già chi ha ragione.
Eppure, Fanteria e Motorizzazione fanno entrambe parte dell’Esercito.
Carabinieri e Corpo Forestale, invece, provengono da due mondi e due generi di attività completamente differenti. Se la gente comune fino ad oggi vede nel carabiniere il garante della propria sicurezza, nell’agente forestale ha sempre visto l’amico al quale rivolgersi per un consiglio sui problemi dei propri alberi; l’aspetto investigativo e sanzionatorio, pur se presente, fa da contorno all’attività principale. Se il Comandante Regionale dei Carabinieri è un generale di Brigata e il Comandante del Corpo Forestale è un colonnello (correggetemi se sbaglio) è ovvio che sarà l’Arma dei Carabinieri a dare all’ex Corpo Forestale, con le sue direttive, una impronta del tutto simile alla sua, cioè più rivolta all’investigazione di reati e all’attività sanzionatoria. Tutti abbiamo assistito ai problemi che tutta l’Italia, in specie il Piemonte, ha avuto molto di recente con gli incendi. Sarà un caso che sia coinciso con la soppressione del Corpo Forestale? Personalmente, assisto con molta pena alla perdita di decine di alberi monumentali, totalmente abbandonati al loro destino, dopo che il Corpo Forestale aveva impiegato anni per censirli. Ma come possiamo pretendere che l’Arma dei Carabinieri li ritenga una priorità? Io, a questo punto, mi aspetto di tutto, persino una scena del genere. Il Comando dell’ex Corpo Forestale inoltra un messaggio di questo tenore al Comando dei Carabinieri: “Nella nostra provincia una colonia di cerambici sta distruggendo tutte le querce; si prega di impartire direttive.” E il Comando dei Carabinieri che risponde: “Investigate a 360 gradi; individuate i colpevoli e arrestateli!”
Antonella Giordanelli – secondo me prima di censire gli alberi monumentali hanno prima censito le più inette tra le forestali ed entrambi hanno fatto confluire in elenco nel minpaaf: degli ulivi MILLENARI del Salento neanche una scheda è stata sottoposta alla sovrintendenza di Brindisi, grazie ad una circolare della dott Angela Farina che prescriveva di soprassedere al censimento negli uliveti troppo antichi e troppo numerosi !!! la scelta è stata provvidenzialmente oculata giacché ci s’è risparmiato il lavoro anche per il futuro essendo poi ed ancora eradicati grazie a xylella e tap: occhio non vede, cuore non duole !
Gianfranco Oliverio Gentile – non facciamo più le martellate. …le graticciate. ..le gradonate. …
Giuseppina Ranalli – I camini inquinano, è un fatto.
Affermare però che le centrali a biomassa sarebbero una valida alternativa all’inquinamento prodotta dai camini non ha senso.
Cerco di spiegare brevemente perché.
Le centrali a biomassa si propongono per produrre energia elettrica. Tuttavia solo il 20% del potere calorifico della legna può essere convertito in energia elettrica (per limiti fisici).
Per mascherare tale fallimento energetico propongono la cogenerazione, cioè l’utilizzo del restante 80% di calore per scaldare le abitazioni.
Il camino e la stufa si accendono quando è freddo: nei mesi invernali e solo in alcune ore della giornata. Pertanto le emissioni rapportate all’anno sono contenute.
Le centrali a biomassa lavorano anche nei mesi estivi e di notte. E quindi il recupero energetico, nei fatti, può essere garantito solo in alcuni periodi dell’anno e solo in alcune ore. Inoltre, per ragioni di sicurezza, gli impianti non vanno collocati a ridosso delle abitazioni e il trasporto del calore ad una certa distanza comporta elevate dispersioni.
Inoltre, la combustione nei camini e nelle stufe non raggiunge temperature molto elevate, significa che il particolato che si forma è grossolano. Fa certamente male alla salute ma è meno dannoso di quello prodotto dalle combustione nelle centrali a biomassa che, raggiungendo temperature più elevate, producono particolato avente dimensioni più piccole.
Gli effetti degli incentivi.
Nel 2000 la produzione primaria di legna da ardere, pellet e materiali legnosi era di 1.179 ktep (oltre 2 milioni e 600 mila tonnellate).
Nel 2018 la produzione di legna è stata di 7.065 Ktep cioè 15 milioni e 700 mila tonnellate.
L’importazione è passata da 488 ktep nel 2000 (1 milione di tonnellate) a 1.465 ktep nel 2018 (3 milioni e 250 mila tonnellate.
Come data di osservazione sullo stato dei boschi, non si può prendere il 1800 o il dopoguerra, come propongono gli interventisti dei tagli: è evidente.
Si deve fare riferimento al periodo in cui sono stati assicurati gli incentivi economici alla legna.
Finanziaria 2019:
Proroga degli incentivi agli impianti a biogas, la cui matrice è costituita per il 40% da reflui zootecnici, per altri 20 anni.
Decreto milleproroghe: proroga degli incentivi a tutti gli impianti a biogas con potenza massima fino a 300kw.
E qualcuno ha ancora la faccia tosta di dire che gli impianti a biogas/biometano servono per produrre energia!!
Ma veramente ci vuole una grande faccia tosta!!
Se tali impianti fossero in grado di produrre energia utile (maggiore cioè di quella che consumano) dopo 15 anni di lauti incentivi si reggerebbero da soli.
È facile da capire.
I veri numeri del biogas.
La tabella estratta da Eurostat, riferita al 2018, il fabbisogno totale di energia e l’energia prodotta dal biogas sia per la UE sia per l’Itala.
Facendo il rapporto si osserva che in Europa l’energia da biogas è pari allo 0,9%, in Italia è dell’1,1%.
Come è evidente, con oltre 2 mila impianti in Italia e circa 17 mila impianti in Europa si ottengono percentuali risibili di energia da biogas. Metà degli impianti sono stati realizzati in Germania, gli altri Stati della UE, ad eccezione dell’Italia, non hanno incentivato molto tale settore.
Da precisare che la Germania produce impianti a biogas e quindi ha interesse a mantenere in vita le sue filiere produttive.
Le produzioni di biogas, riportate nella tabella, sono lorde, significa che non sono decurtati i costi di trasporto della biomassa, di spandimento del digestato, di riscaldamento della biomassa nel digestore, di purificazione del gas, di compressione…..
Ora, con il pacchetto clima ed energia 2030, si intende puntare al biometano. Tale tecnologia è prospettata come una evoluzione di quella del biogas.
Si tratta, invece, di una follia peggiore del biogas. Infatti agli elevati costi energetici, sopra riportati, si aggiungono quelli per separare la CO2 e per comprimere il metano.
Nel 2006 tutti i principali giornali nazionali riportarono con enfasi la notizia che gli alberi vivi erano pericolosi perché emettevano troppo metano.
Distruggerli per il bene dell’umanità appariva l’unica soluzione sensata. Alcuni giornali usarono proprio questo titolo: “Gli alberi sono troppi”.
La notizia, che evidentemente i giornalisti riportarono senza un’ombra di critica, o di cautela, derivava da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature in cui si affermava che gli alberi emettevano molto metano, un gas più climalterante della CO2, con conseguente accelerazione dei cambiamenti climatici.
Lo studio, come è ovvio, si rivelò sbagliato, ma la notizia fu certamente funzionale ai biomassisti.
Tagliare le foreste per produrre biocombustibili è sempre stato criticato dagli esperti di energia, come anche gli altri usi energetici delle biomasse, per via delle basse rese.
Anni prima, le biomasse erano state definite rinnovabili nella nota conferenza sul clima svoltasi a Kyoto: questo consentiva di incentivarle.
Tuttavia, nonostante gli aiuti economici, questo settore non decollava perché gli esperti di energia affermavano l’ovvio: le biomasse non sono una fonte rinnovabile ed è impossibile ottenere rese accettabili.
Con lo studio, che dimostrava che gli alberi erano pericolosi, fu facile stroncare le resistenze di chi si opponeva al crimine ambientale di tagliare le foreste per produrre i biocombustibili e bruciare la legna al posto del carbone per produrre energia elettrica.
A causa di quella leggerezza, per anni si è disboscato impunemente.
Oggi, in vista dell’obiettivo rinnovabili 2030, che prevede ulteriore utilizzo di biomasse (legna da ardere per il settore termico, legna per produrre energia elettrica nel settore elettrico e biometano e biocarburanti nel settore trasporti), i biomassisti si sono nuovamente ringalluzziti.
A dare loro una mano, di nuovo, si prestano “scienziati” i quali affermano che le superfici forestali negli ultimi anni sono aumentate.
E i giornali enfatizzano questa fandonia, smentita dalle fonti statistiche ufficiali, senza la minima critica e con lo stesso atteggiamento ossequioso di quando riportarono la notizia che gli alberi erano pericolosi perché emettevano metano.
Ci sono anche studi che affermano che “gli alberi con tante foglie sono pericolosi”.
E così dallo slogan di 16 anni fa “gli alberi sono pericolosi” si è passati a “sono pericolosi solo gli alberi con troppe foglie”.
La verità è che le biomasse non sono una soluzione energetica né potranno mai esserlo per un problema legato al potere calorifico. Nessuna norma umana può stravolgere le leggi della chimica e della fisica.
Ma la propaganda degli affaristi riesce a far credere di compiere il miracolo di produrre energia pulita.
Tutte queste tecnologie sono a energia a perdere, significa che si spreca più energia di quella che si produce.
Occorre fare fronte comune, raggruppare le forze e le energie e bloccare gli affaristi delle biomasse prima che la loro cupidigia distrugga l’ambiente e la nostra salute.
Fabrizia Jezzi – Il nemico degli alberi e’ potente: tagli abusivi, collusioni, complicita’, mafia, agronomi, consulenti ed esperti universitari collusi, politici ed amministratori collusi, pellet, centrali a biomassa finanziate dallo Stato(inquinanti e non rinnovabili) sperimentazione 5G, ditte e filiere del legno poco trasparenti, devastazioni dei boschi, distruzione del Corpo Forestale dello Stato, Polizia municipale non competente, assenza di controllo sul territorio, capitozzature ovunque, vivaisti e imprese del verde rampanti, esposti non recepiti, condanne minime o nulle per reati contro il patrimonio arboreo e del verde pubblico…
Ma peggio di tutti il rincoglionimento quasi totale della gente affetta da psicosi degli Alberi assassini e del Pino killer che permette e consente tutto cio’.