Giorgio Paesani – Oggi ho nuotato accanto a una pastinaca, vicino al suo aculeo mortale, poi mi sono messo su uno scoglio, facendomi sopportare da 4 spiriti liberati, 4 caproni selvatici con le loro dinamiche. Ho conosciuto il loro capo, il vecchio e zoppo Alfa e il futuro, Beta, che per un po’ ha pensato se rifilarmi una testata o meno. Poi non si è abbassato a tanto. Mentre Delta ululava con la lingua fuori e Gamma imparava il rispetto. Una giornata normale su questa Terra. Mentre in spiaggia gli umani si contorcevano per sorreggere o scalciare il sole al tramonto mentre si facevano fotografare. Sono restato lì. Sui liscioni della Ribercina e lì, tra gli scogli dei Mangani con gli occhi pieni di bellezza e di lacrime. Poi il sole è tramontato ancora una volta e i pulli del barbagianni hanno ripreso a soffiare di fame.
Antonio Di Lizia – Mi fa specie vedere come il Sig. Cherubini piuttosto che rivolgersi all’unico Ente competentemente e che avrebbe potuto valutare l’impatto e tutte le implicazioni relative il suo tour nazionale ovvero il Ministero dell’Ambiente o, al più al Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei carabinieri, sulle circa 77 associazioni ambientali in Italia, si sia rivolto ad una associazione che, per quanto possa essere “competente”, non è altro che un’associazione di volontari al pari di Italia Nostra, Legambiente, Amici della Terra, Fondo Ambiente Italiano, Club Alpino Italiano, ecc. ecc..
Mi fa specie poi che il WWF, che nelle finalità statuarie riporta la missione di “fermare e far regredire il degrado del nostro Pianeta” con l’obiettivo de “la conservazione della natura e dei processi ecologici in tutto il mondo attraverso il perseguimento della conservazione della diversità genetica delle specie e degli ecosistemi, l’uso sostenibile delle risorse naturali, e la riduzione degli impatti antropici a beneficio delle presenti e delle future generazioni”, possa aver avallato tout court il tour senza imporre nessun’altra restrizione se non quella del divieto dell’utilizzo di plastiche (ma solo quelle che avresti portato da casa!) e la pulizia dei siti!
Diego Infante – L’odore dei soldi
Visto il parziale spacchettamento del Ministero dell’Agricoltura, con la delega al turismo che finalmente torna alle dipendenze del dicastero giusto (MiBAC), un ingenuo potrebbe chiedersi perché le foreste debbano continuare a dipendere da un ministero che fa della dimensione produttivistica il suo scopo precipuo.
La risposta è alla voce “silvicoltura” del Vocabolario Treccani, ove si legge:
“Ramo delle scienze forestali che si occupa dell’impianto e della conservazione dei boschi. Con sign. più ampio, il complesso delle scienze forestali aventi per oggetto il migliore sfruttamento economico possibile dei terreni coperti di boschi”.
Sic (sic!) transit gloria mundi.
La Treccani sarà pure datata, ma lo anche l’approccio della maggio parte dei dottoi forestali italiani (con lodevoli eccezioni, ovviamente) e purtroppo vedo un enorme vulnus in gran parte della cultura forestale italiana, che fa del narcisismo autoreferenziale la propria cifra icastica.
Anziché prendere esempio da maestri quali Susmel, Alessandrini, etc., negli ultimi anni abbiamo assistito a un pauroso e anacronistico salto all’indietro.
Nel silenzio generale dei media le ceduazioni a stecchino stanno stravolgendo il nostro patrimonio forestale, svenduto e derubricato a merce in ossequio a quel riduzionismo economico di cui il Mipaaft, in buona sostanza, si fa portavoce.
In Germania una enorme manifestazione di protesta è andata dritta al punto, portandosi fin sulle soglie del salone dell’auto di Francoforte. Duole constatare che noi italiani siamo distanti anni luce da questo fermento. Malgrado ormai tutti si riempiano la bocca di Green New Deal, in realtà credo che al fondo della questione ci sia solo mero “greenwashing”.
Spostare la competenza delle foreste al dicastero dell’Ambiente sarebbe una rivoluzione di portata epocale.
Ma visti i grandi interessi che ruotano attorno alla filiera del legno, dubito che una riforma del genere possa essere attuata si possono mettere a dimora ex novo foreste in spazi agricoli non utilizzati, cioè fuori foresta. Già accade con la pioppicoltura.
I tagli sui boschi esistenti vanno bloccati del tutto. È la posizione del Fondo Forestale Italiano Onlus
Valido Capodarca – IL FAGGIO DI VERGHERETO E GLI SPORCHI INTERESSI DEL CERCATORE D’ALBERI
Il calendario 2019 Ibc dell’Emilia Romagna, al mese di luglio ci presenta uno splendido faggio in località Casetta, sulle balze del Monte Fumaiolo, in comune di Verghereto (FC), di m. 6,50 di circonferenza. Appena leggo il nome di Verghereto, si risvegliano nel mio animo le sensazioni più brutte provate nei miei 40 anni di ricerche.
Mi rivolgo ora a chi con me condivide la passione per i grandi alberi, cioè agli amici cercatori.
Tu, malato di alberite, dopo un mare di telefonate interurbane dal casa, ti alzi alle tre di notte, fai il pieno di benzina, paghi il pedaggio autostrada, arrivi in zona, ti giri altri 200 km visitando 7 o otto alberi, mangi, per risparmiare tempo e denaro, panino in una mano e volante nell’altra, poi, spento l’ultimo raggio di luce, rifai lo stesso tragitto al ritorno, arrivi a casa all’una di notte, un bacio ai bambini già addormentati e via a letto, perché alle 6 e mezza ti devi alzare per andare al lavoro. E questo lo ripeti per altre 30 volte, prima di completare il tuo libro. Se in uno di questi viaggi ti presenti davanti a una villa sottoposta alla Soprintendenza ai Monumenti, non solo devi pagare il biglietto, ma dovrai pagare un tanto a foto, se le pubblicherai.
Se invece al tuo posto si presenta un rappresentante di un istituto, o una guardia forestale, spesata con fondi dello Stato, rimborsata di vitto e alloggio, quello entra gratis e non paga niente.
Il tutto nasce da un presupposto: la tua viene considerata una attività commerciale perché non è ritenuto possibile che uno sia così scemo da affrontare le fatiche, e soprattutto le spese per trovare degli alberi, se non ne avesse un tornaconto economico. Cioè, se lo fai è solo per lucro. Personalmente, nonostante tutti i miei otto libri siano andati esauriti, con nessuno ho recuperato metà delle spese con gli utili delle vendite. E lo stesso penso possano dire tutti gli altri.
Ma cosa c’entra Verghereto? Quando scrissi “Emilia Romagna, 80 alberi da salvare” (1984-86, era l’epoca in cui, contemporaneamente a me girava per la stessa regione un rappresentante dello Stato, tutto spesato, e diceva ai forestali: a quello non gli dite niente), la stazione di Verghereto mi segnalò solo una quercia di scarso pregio vicino al paese, ma si guardò bene dal segnalarmi questa meraviglia. Chissà perché? Comunque, dopo due anni di ricerche (a mie spese, ovviamente), l’Editore Vallecchi pubblicò il libro e, l’anno dopo ancora, mi pagò i diritti d’autore con i quali recuperai quasi metà di quanto avevo speso, soldi che comunque investii per il successivo libro sull’Abruzzo.
Quando richiamai la stazione di Verghereto, mi sentii raggelare da queste parole: “Capitano, lei ha finito di prenderci in giro, noi le abbiamo dato la nostra fiducia e lei ha fatto solo i suoi sporchi interessi”. Cioè, io avrei speso due anni di tempo libero sottratto alla famiglia, rimettendoci almeno due stipendi, rompendo le scatole ai forestali, per sete di guadagno. Gran senso degli affari!
Capite, amici cercatori, perché dobbiamo fare qualcosa per far sentire la nostra voce anche davanti alle istituzioni?
Alessandro Cerofolini – La gestione ministeriale degli alberi monumentali è scandalosa. La Direzione Generale delle Foreste senza risorse strumentali e logistiche, con pochissime risorse finanziarie e umane, con grande fatica e nel disinteresse generale è riuscita a ottenere nel 2019 e a finanziare dal prossimo anno un Fondo per le foreste italiane. La gestione degli Alberi Monumentali aveva bisogno di strutture territoriali, se non altro per formulare i pareri obbligatori per gli interventi di manutenzione, anche straordinaria, sugli alberi. Bastava firmare due righe di protocollo d’intesa col CUFA ma il CUFA, dopo essersi assoggettato tutte le risorse finanziarie del CFS, vuole ulteriori soldi per far fronte alla convenzione con la DIRezione generale delle FOReste . È stata presentata al Ministro della difesa una interrogazione parlamentare sul perché non è stata sottoscritta questa convenzione, peraltro prevista per legge. Una volta sugli Alberi Monumentali Italiani c’erano dei fondi specifici piuttosto consistenti che addirittura sono stati “restituiti” perché il CFS non è riuscito neanche a spenderli! Tali fondi vanno rifinanziati ogni anno con la legge di bilancio e la DIFOR nel 2019 non aveva neanche i capitoli di bilancio su questa materia….
Alessandro Bottacci – Una volta lottare contro il dissesto voleva dire piantare alberi e fare opere estensive sulle pendici e briglie negli alvei. Ora significa pericolosa canalizzazione dei torrenti, casse di espansione non funzionanti e, soprattutto, distruzione della vegetazione riparia, possibilmente allargando l’intervento ai boschi confinanti.
Costa deve stare molto attento. Delle Regioni non ci si può fidare. lo Stato deve riassumere le competenze in questo settore con una vera legge quadro, non con il decreto cippaboschi del Tuf
Cristiano Autolycos Manni – Quello che si dice circolo vizioso: aumentano i rischi idrogeologici (per aumento della vulnerabilità, non della pericolosità), e si susseguono interventi sui fiumi per mitigare i rischi localmente, aumentandoli globalmente. Oggi in provincia di Grosseto qualche fiume ha raggiunto i livelli di guardia, a fronte di piogge non certo abbondantissime. E tra 2 settimane avremo ancora i livelli idrologici sotto la media, come lo erano fino a l’altro ieri…
Colpa dei pesanti interventi sui fiumi.
Non so come mai, ma ho un certo timore che si finisca l’opera, già in atto, di distruzione degli ecosistemi fluviali in nome della famigerata “sicurezza”. Spero solo che si segua la scienza idrologica, e non le scelleratezze degli “idraulici laureati”. Ho fiducia nel ministro Sergio Costa, ma la maggior minaccia ambientale è nei pubblici uffici, nelle Direzioni generali, negli assessorati, nei genii civili, nei consorzi di Bonifica. Una pletora di, quantomeno, retrogradi che, coi soldi in mano, chissà che ti combina. Prima di distribuire soldi a pioggia, meglio preparare la strada con qualche decreto esplicativo e, soprattutto, come auspicato dallo stesso ministro, da una riforma organica di una normativa, quella in materia idrogeologica, frammentata in leggi, leggine e regii decreti. È assurdo che una materia così importante sia frammentata in una normativa statale e obsoleta, regionale e contraddittoria, che rimanda a una galassia di decreti, delibere, piani e atti di indirizzo che dicono tutto e il contrario di tutto, rendendo difatto arbitrario l’intervento dei soggetti competenti, ed inapplicabili le sanzioni. Uno spiraglio sembra aprirsi intorno all’art. 450 CP (delitto di pericolo colposo di inondazione). Ci sto studiando su…
Il fosso della Banditella: a meno che, oltre che arginato, il povero fiume non abbia anche l’alveo cementificato, nei sedimenti alluvionali forse vi è continuità tra fiume e falda. Non sono separati dall’argine, sotto cui l’acqua passa tranquillamente per via dell’elevata permeabilità…ma in questo caso può anche avvenire l’effetto opposto: l’abbassamento del carico idrostatico e l’effetto Bernoulli, possono convogliare l’acqua della falda collegata al corso d’acqua verso il deflusso. È solo l’altezza del battente idraulico che mantiene il livello di falda, almeno finché dura la piena. L’abbassamento della falda è una perversa conseguenza dell’aumento di velocità di deflusso, dovuto alla minore scabrezza dell’alveo e delle sponde.
Un tempo questi corsi d’acqua erano liberi di esondare, allagando i campi a riposo, fertilizzandoli con i limi di alluvione, e soprattutto ripienando la falda freatica, che garantiva suolo fresco e fertile anche in estate..Recentemente questo ed altri corsi d’acqua sono stati artificializzati e arginati, per impedire loro di esondare, e difendere questa agricoltura: uso di serre e fitofarmaci che inquinano suolo e acqua e, soprattutto il nostro cibo. Serre per spuntare qualche euro in più portando i prodotti 15 giorni in anticipo nei supermercati, invece che attendere la loro naturale stagione.
Questo è il modello per cui paghiamo più volte: coi soldi del nostro contributo di Bonifica, con le tasse, con la perdita di qualità territorio e con la nostra salute.
Ricordiamocelo, quando sentiremo parlare i nostri politici (cialtroni) di agricoltura.
Ma oggi è difficile trovare un bravo idraulico anche per gli impianti domestici…. Figurati per i fiumi!
Mauro Cheli – Questa mattina mi sono fermato un poco ad osservare un ruscello di Montagna. Bello….. l’acqua è bella nel suo scorrere ed è direi poesia…..il suono dello scorrere dell’acqua ha un effetto sicuramente rilassante…..pensi guardandola a tante cose…… pensi a come gli antichi l’abbiano rispettata e l’abbiano usata con rispetto per far crescere i loro popoli, le loro civiltà…..basta pensare agli Etruschi….pensi alle briglie costruite dal Corpo Forestale dello Stato, nei torrenti di Montagna….. pensi ai cantieri forestali stimolati da Amintore Fanfani e affidati al Corpo Forestale dello Stato con i suoi numerosissimi operai specializzati dell’epoca…. rimboschimenti finalizzati a coprire il terreno denudato ed evitare il dilavamento diminuendo la velocità dell’acqua che si doveva poi ritrovare a valle e dalle valli, nelle città. Oggi invece ogni volta che piove è emergenza, perché le montagne sono sempre di più abbandonate e perché gli operai specializzati sono sempre di meno….e ogni volta che piove si chiudono le scuole….. così che la previsione e la prevenzione vengono sempre di più dimenticate, valorizzando sempre di più di conseguenza (intendiamoci, lodevole opera di chi si impegna anche in modo volontario, ci mancherebbe), chi opera in emergenza. Occorre che il buon senso torni a regnare sotto il cielo azzurro della nostra Patria, altrimenti sarà davvero la fine