LA DECIMA IN TEMPO DI GUERRA

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Beatrice Rendani la natura è perfetta ad ogni pianta corrisponde il suo parassita e il suo antagonista. E così con gli animali: preda e cacciatore. Un esempio illuminante della globalizzazione è il libro di Charles Mann “1493. Come Colombo ha creato il mondo in cui viviamo.” Le migrazioni e la globalizzazione all’inizio non voluta di batteri, parassiti, semi, infezioni, malattie etc. Oggi tutto è stravolto solo per interessi economici . E ci rimettono animali

Claudia Storai Tutto stravolto… E dall’Ego umano, che si esprime attraverso il dominio assoluto su tutto e tutti, che pretende siano al suo servizio. E questo è strettamente collegato agli interessi economici, naturalmente! L’uomo si crede al centro dell’universo. È questa la causa della distruzione e auto distruzione.

Antimo Palumbo – Ma che c’entrano gli alberi con una voragine?
Mica ci sono alberi in quel cantiere.
Siete proprio sicuri di essere sicuri?
Maria Carolina Salomè -Chiederei di far luce sulla vendita dell’istituto da parte degli ordini religiosi, anche di questo non sento parlare, 10 anni fa fu venduto tutto l’esterno della scuola, buttati giù pini fantastici e tentai invano di chiamare il comune, la polizia , ma mi fu detto che era uno spazio privato“ Ma è un polmone di verde per tutte le palazzine che ci sono intorno!” Non ci fu niente da fare, sparirono i pini e gli uccelli che nidificavano su quei pini per un anno impazziti sbattevano contro i vetri delle finestre dei dintorni è un gran cartello con scritto “ Vendita Box troneggiava sui cancelli della scuola.
10 anni dopo , ormai assuefatti dal grigiore di quello che ci avevano promesso sarebbe stato un giardino con tanto di panchine e che invece è rimasto una distesa di cemento grigio acquitrinoso con 4 piante più morte che vive, tetto squallido dei box sottostanti ,partono a distruggere e a scavare la voragine!
Subiamo e continuiamo a subire però non ci prendiamo per il culo non si chiama “Voragine”quella che si è aperta a Balduina, si chiama malaffare , si chiama poteri occulti ecclesiastici e politici, si chiama becero interesse, si chiama corruzione e spero di sbagliarmi, ma il tempo saprà dire se ho ragione.
Se c’è una voragine a Balduina di buono ha che è talmente profonda è talmente eclatante che non può e non deve passare inosservata, per l’ennesima volta assistiamo attoniti alla deriva della legge che si appecora ai poteri a discapito dei cittadini, vediamo di svegliarci tutti da questo torpore e riprendiamoci quello che è nostro!

Enzo Suma – La vita segreta degli ulivi, un progetto fotografico notturno che porto avanti piano piano da qualche anno. Con la stessa lentezza… ogni tanto vengono pubblicate le foto sulla pagina di Millenari di Puglia
Ogni fotografia è un’esperienza vissuta nel cuore della notte. Ogni foto per me è ricca di emozioni perchè mi ricorda la sensazione di essere ospite di un mondo fatto di suoni, frusci, versi di animali notturni, ombre imponenti e cieli stellati. A volte anche paura, del buio, dell’ignoto o dell’essere scambiato per un ladro o persino per una preda da parte di qualche rapace notturno. Durante una sessione fotografica notturna in un campo aperto un grande barbagianni mi è piombato addosso! Gli ulivi sono stati selezionati in questi anni di ricerche del progetto Millenari di Puglia e molti di loro si trovano in aree sperdute tra le campagne pugliesi. Trovarsi nel bel mezzo di una campagna, al buio e in totale silenzio è una sensazione impagabile. E quando c’è vento persino le chiome degli ulivi parlano, ognuna con il suo fruscio come se comunicassero tra loro con un linguaggio segreto. I miei giganti millenari: questo è un ulivo a me caro soprannominato l’elefante; quest’altro avvolto su se stesso, nello stesso senso di altri antichi ulivi pugliesi, si piega stanco. Nel suo tronco i segni del tempo e del movimento della Terra… Siamo fortunati e privilegiati ad essere circondati da questo patrimonio. La maggior parte delle persone non ne è consapevole. . Ecco una panoramica dell’ attacco al paesaggio della Valle d’Itria. Gli alberelli in rosso le piante ufficializzate come positive al batterio Xylella. L’area intorno, che corrisponde a oltre 15 ettari, è quella all’interno della quale verranno abbattuti tutti gli ulivi sani e innumerevoli piante della macchia e alberi da frutto considerati specie ospiti del batterio. Tutto questo è la diretta conseguenza di una illogica, inutile e inefficace misura che prevede di cancellare il paesaggio, inutilmente, in nome di un principio di precauzione che non tiene conto delle conoscenze attuali sulla diffusione del batterio, della capacità del vettore (la sputacchina) di compiere grandi distanze e del cuore dei pugliesi (non tutti a quanto pare) indissolubilmente legato agli ulivi e al paesaggio che costituiscono. Confine Ostuni-Cisternino, c.da Acquarossa. Anche oggi si taglia, ed è solo un piccolo appezzamento di ulivi. A breve si comincerà anche in un oliveto che si trova a 450 metri in linea d’aria. Un solo olivo infetto ma verrà abbattuto l’intero oliveto più un boschetto di macchia. Si taglia e si brucia. Si brucia non solo ulivi ma anche il paesaggio. Questo è un momento epocale, dopo millenni di storia e di celebrazione dell’ulivo e dell’olio arriva l’età moderna con la sua chimica, la malattia del disseccamento e la generale crisi olivicola. Il baratro è l’abbandono degli ulivi e il loro abbattimento. I grandi cambiamenti avvengono generalmente a un passo dal baratro e io in questo cambiamento ci spero e sento che è vicino. Tagliare ormai è inutile, so che lo sanno anche i tecnici della Regione Puglia e una larga fetta della comunità scientifica e prima la normativa si adeguerà a questa realtà e più olivi e più porzioni di paesaggio avremo da salvare.
Ieri, mentre si tagliava, ho fotografato tra gli oliveti un fringuello. Era distratto, osservava.

Veronica Spinetta – Mi piange l’anima!!! Là…maestosi, imponenti, eterni e gloriosi….e noi, esseri squallidi che ne succhiamo tutto da loro e viviamo GRAZIE a loro (ossigeno, ombra, OLIO, radici, fonte di ispirazione e riposo della mente…), per assurdo, non solo non diamo loro la impari riconoscenza, ma….vogliamo estirparli. È la strada giusta che ci meritiamo facendo ciò: dolore prima ed estinzione poi!

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Delia Cazeaux – Quando si abbatte un ulivo muore un elfo, si dissolve uno gnomo. E uno spirito antico perde la sua dimora…

Dacia Manto – LA LUPA SELVA , simbolo della Casa Selvatica, creatura adorata, non c’è più. AVVELENATA all’interno del mio terreno, e come lei COSMO, il mio amato lupo scuro e buono. Raccolgo le parole con grande fatica. Ieri mi apprestavo a scrivere un post sui cani SICILIANI di Sciacca. I cani che tentiamo di salvare dal loro destino tragico.
La Casa Selvatica e’ nata per LORO, per loro e per Selva, Cosmo, Lico, Buck e Nina – il mio branco originario- avevo scelto questo luogo inaccessibile, remoto, tra i boschi , da cui la prima casa abitata dista 3 chilometri.
A chi potevano dare fastidio ?
Qui vivevamo felici. Ma questo non è bastato a proteggerci. Non siamo a Sciacca né a Palermo, né in Puglia o Calabria. Siamo nella CIVILE provincia di Cesena.
Eppure Selva se ne è andata così , distesa su un prato gelido a soli trenta metri dalla casa, ieri, in un freddo mattino di febbraio.
Selva e Cosmo erano due creature magiche, buone con tutti, ma questo non ha impedito loro di soccombere alla malvagità umana.
E a me questo basta oggi a dissolvere ogni mio sogno di pace, di un rifugio in cui gli animali vivevano felici e liberi, 30.000 metri di campi e boschi di ginestre, quercie, biancospini, rovi.
Il mio pensiero va di nuovo a tutti i cani siciliani e del sud e a tutti i miei cani, ma anche a tutte le creature selvatiche che muoiono ogni giorno così, in silenzio, nell’erba alta, o in mezzo alla neve.
Di loro nessuno si accorge neppure. Dopo le battaglie di spari finalmente chiuse alla fine di gennaio, ecco in febbraio le esche avvelenate, pronte a distruggere tra dolori atroci quel poco di vita che resta. Illegali eppure mai vinte.
Perché l’uomo non può accettare di lasciare alle altre creature NULLA , neppure un ultimo pezzetto di terra in cui vivere.
Altri tre cani sono dispersi e lo dico con immenso dolore, perché ormai stiamo cercando i corpi. Mai si sarebbero allontanati per più di mezz’ora , senza presentarsi per il pranzo. Così’, in un solo giorno, il dramma si è consumato, immenso. Qui la neve ha ricominciato a cadere oggi , coprendo tutto, ma non lo scempio lasciato da questo dolore.

Roberto Marchesini Non ci volevo credere, mi dicevo forse la mia percezione è esagerata. Ma oggi non posso più negarmelo: c’è una guerra in corso contro gli altri animali. L’obiettivo è distruggerli per poter usufruire di tutte le risorse della terra. Apriamo gli occhi perché può sembrare un’esagerazione, ma non è così. E come in ogni guerra ci sono genocidi nascosti e rappresaglie a opera di delinquenti tollerati dal sistema. Ci accorgiamo di queste azioni eclatanti e infami, che oggi vengono perpetuati nel nome del ruralismo – finzione immonda del ritorno al rurale – fatta di cacciatori e monatti dello sfruttamento del territorio, ma la guerra è più grande e profonda. Ma attenzione: chiamiamola con il suo nome. Guerra a tutti gli animali non-umani.

 

ORCHI ED ELFI

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Alberta Magara Postorino – Io conoscevo uno che abitava a Monghidoro….disse che un vecchio lupo era entrato nel suo recinto….mise un laccio. Qualcuno evidentemente “fece la spia”e si presentarono da lui 2 guardie forestali. Con strafottenza, mostrò alle guardie le orecchie del lupo che,a suo dire, l’animale aveva “lasciato attaccate alla rete di recinzione” mentre scappava , spaventato dal suo cane….I forestali non poterono fare nulla. Io avrei voluto attaccare le palle si quest’ “uomo” alla medesima recinzione e poi dire ai carabinieri, che il “signore” in questione le aveva lasciate attaccate alla rete mentre scappava. Ma mi avrebbero sicuramente arrestata.

Davide Celli – Un lupo e stato ucciso a Loiano, un ridente paesino dell’Appennino Bolognese. Un proiettile gli ha attraversato il cuore. Ci tengo a ricordare che fatti simili non rappresentano una novità. Due anni fa un lupo fu trovato impiccato a Qualto, una frazione del Comune di San Benedetto Val di Sambro. L’episodio in questione in prima battuta fu coperto e si continuò a sostenere che il lupo era morto per cause da accertare fino a quando non incominciarono a girare su Facebook le fotografie di questa povera bestia ammazzata e appesa ad un ramo. Di fronte all’evidenza ci furono persino dei sedicenti amici dei lupi che per inspiegabili motivi tentarono di mitigare l’accaduto dicendo che il lupo era stato impiccato da morto e che comunque era affetto dalla rogna e sarebbe morto comunque. Ma che differenza potrà mai fare se è stato impiccato da vivo o da morto? Il messaggio arriva forte e chiaro: “il lupo è stato giustiziato!!!” Anche in guerra, quando si vuol mandare un segnale, s’impiccano sulle piazze prigionieri che sono morti fucilati. La spettacolarizzazione di un’esecuzione è parte integrante della propaganda militare in zone di guerra. Questo per dire che anche questo caso cadrà molto probabilmente nel dimenticatoio, dato che, a oggi, nessuno ha mai reso nota l’autopsia del lupo impiccato a Qualto. E dire che, (come nel caso del lupo ucciso e appeso ad una fermata dell’autobus nel Riminese) si sa sempre di chi si tratta. Io stesso, anni fa, andai ad una festa, proprio a Loiano, e fra i presenti (quasi tutti a favore di orsi e lupi) c’era un vecchio che disse a più riprese che lui se ne fregava della legge di protezione dei lupi: “se entrano nel mio podere sparo e poi butto la carcassa da qualche parte a marcire”. Ero stato invitato da un’amica che mi aveva presentato al pubblico come una brava persona prima di farmi svolgere l’ennesima conferenza, e quindi non lo presi per il bavero per poi cacciarlo fuori a calci nel culo come del resto mi è capitato di fare in altre circostanze semplicemente strinsi i pugni sotto il tavolo per scaricare la rabbia. Questo per dire che chi ammazza gli animali, nei piccoli paesi, quasi sempre se ne vanta al bar, sanno tutti di chi si tratta, ma nessuno gli va mai a frugare in casa. Conto sul Sindaco di Loiano che mi pare una brava persona, staremo a vedere se andrà diversamente da come sono andate le cose a Qualto. Per il resto non c’è niente da fare, fino a quando non ci organizzeremo come movimento politico, orde di brutte persone, dalle mani sporche di sangue, votate ai più biechi crimini contro gli animali, resteranno impunite continuando ad agire nell’ombra.
Si possono indire petizioni, lanciare appelli, manifestare, ma fino a quando non ci saremo noi all’interno della stanza dei bottoni vinceranno sempre i cattivi. Quelli che avvelenano, sparano, uccidono.

Alessandro Di Rienzo – Politica di gestione del randagismo inesistente o inadeguata. Piacerebbe a tutti (più o meno) di vederli sempre liberi ma non siamo in un romanzo di fantasia, la realtà dice che cani randagi portano problemi che la gente poi risolve in modo drastico. Quando non muoiono già di loro per incidenti, malattie e fame. Il sindaco è responsabile di ogni animale che vive nel suo territorio di competenza e lo è per quanto riguarda il fenomeno del randagismo, della sua gestione e quindi deve rispondere delle inadempienze. Cara signora Francesca Valenti – sindaco di Sciacca, mi spiace ma Lei adesso ha sulla coscienza tutte queste vittime innocenti, se non è in grado di assolvere i compiti che Le impone il Suo ruolo istituzionale, si dimetta e lasci il posto a qualcuno più competente e responsabile. Parla di tutelare l’immagine della Sua città, invece avrebbe dovuto tutelare quegli animali. Forse è più attenta a salvare le apparenze che alla vita di decine di cani. Quindi adesso, invece di versare lacrime di coccodrillo, faccia qualcosa per salvare almeno chi è rimasto vivo, se non vuole altre vittime sulla coscienza. Grazie.

Fabio Dolia – Una vera FOLLIA!!!!La settimana prossima il governo approverà la legge DISTRUGGI-BOSCHI, e la spaccia per forma di tutela!
Ecco cosa prevede:
1) TURNI DI TAGLIO COSTANTI: nessuna cura del bosco in quanto ecosistema e habitat di milioni di animali, ma solo quale fonte di redito per il legname
2) POSSIBILITA’ DI CREARE STRADE E PISTE TEMPORANEE: con la scusa della prevenzione degli incendio, si garantisce un più facile accesso ai mezzi per il prelievo di legname
3) RIDEFINIZIONE DI “AREA BOSCHIVA”: ho il sospetto che l’esclusione di tartufaie, castagneti, noccioleti e altre aree “produttive” dalla definizione di boschi possa limitare l’efficacia dei divieti di caccia, ad esempio dopo gli incendi, nelle aree boschive
4) TRASFORMAZIONE DELLE AREE BOSCATE IN ALTRA DESTINAZIONE D’USO, in cambio dell’obbligo di MONETIZZAZIONE!!! In pratica, chi paga, potrà disboscare… ASSURDO!!!
5) SOSTITUZIONE DELLA GESTIONE DELLE SUPERFICI PRIVATE: se un proprietario SCEGLIE di non SFRUTTARE i boschi nel proprio terreno, se li vedrà sottrarre a favore di imprese o consorzi che li utilizzeranno in sua vece (anche in disaccordo sui lavori da eseguire)!
Queste le parole del relatore, (dis)onorevole Enrico Borghi: “Il bosco torna ad avere un PIENO VALORE, patrimonio non più da contemplare, ma da GESTIRE efficacemente”.
Ancora una volta ci autonominiamo PADRONI della Terra, riducendo l’ambiente a mero aspetto economico. Infatti ad esultare sono proprio gli imprenditori: “avremo più materie prime e si creeranno migliaia di posti di lavoro”
Il cancro umano è ormai inarrestabile.

Enzo Dionisi – Immagini della morte della bandiera della Forestale, atto indegno vergognoso fatto da gente presuntuosa, le bandiere si conquistano sul campo di battaglia no con lerce manovre da sottobosco governativo, penso che il generale che ha preteso che gli venisse consegnata la bandiera ha fatto un atto abominevole, il pseudo forestale rappresentato nelle immagini spero che non sia uno dei veri forestali altrimenti andrebbe preso a calci nel culo, come si permette di consegnare un bandiera senza l’approvazione di tutti, soprattutto quelli come me che hanno indossato la divisa per quarantanni, quella è una bandiera che appartiene a tutti noi a singole persone, è il simbolo del nostro lavoro della nostra dedizione e rappresenta sopratutto quelli che sono morti in servizio,vergognatevi, meriterete tutti di essere presi a calci nel fondo schiena. Abile mossa Renziana: eliminiamo il simbolo così si vanificano tutte le richieste di giustizia che sono state fatte, ormai sono morti. Vergogna vergogna vergogna vergogna se avete un po’ di pudore andatevi a nascondere.

 Dario Rapino – Quasi un’intera giornata di lavoro per ottenere questo unico scatto di un animale rarissimo da avvistare: la Martora. Una lunga scarpinata per arrivare sul posto, preparare tutto, fare prove e controprove, tornare indietro, arrivare a casa ed accorgersi di aver dimenticato di accendere il sensore rifai tutto il percorso che è quasi notte, ti metti a letto distrutto scrutando il cielo e pregare che non piova prima delle otto del giorno dopo, per avere il tempo di recuperare il tutto, perchè non vada distrutto dall’acqua… Scorrere gli scatti: solo tre in un’intera notte, l’ultimo è quello giusto. Voi come vi sentireste? Al settimo cielo, risposta esatta. Perchè il bosco è la mia casa ed ogni animale che vi alberga mio fratello. Proprio così.

A KM ZERO

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Il problema degli incendi boschivi risale alla fine degli anni ’60.

Lo spopolamento della montagna ha determinato l’abbandono delle proprietà terriere con il conseguente rallentamento del controllo del territorio che con il passare degli anni si è fatto sempre più consistente.
La vigilanza che veniva effettuata dagli abitanti dei vari paesi dislocati in collina o in montagna, nel corso degli anni, è stata demandata agli Enti territoriali che hanno istituto squadre di intervento le quali, spesso, avevano una vaga nozione di quello che dovevano contrastare.
Il Corpo Forestale dello Stato ha dovuto provvedere, inizialmente con i propri uomini in seguito addestrando i componenti delle squadre antincendio boschivo, mettere in atto un valido sistema di contrasto. Nel corso degli anni, quasi cinquanta, è stato possibile migliorare le conoscenze per un efficace contrasto.
Sono stati realizzati corsi di preparazione e di aggiornamento, è stato stampato materiale didattico messo a disposizione di tutti gli operatori.
I lunghi anni passati a spegnere incendi ha permesso di mettere in atto una serie di accorgimenti che nel tempo sono stati migliorati attraverso l’esperienza maturata sul campo.
Il personale delle squadre antincendio hanno, nel corso degli anni, avuta la possibilità di apprendere l’importanza della conoscenza: dell’orografia del territorio, della tipologia dei soprassuoli boschivi, della tipologia del microclima del luogo, delle tecniche di spegnimento ed anche a rapportarsi con i mezzi aerei di soccorso.
Con l’intervento dei mezzi aerei sono state poste in essere varie strutture operative quali il C.O.A.U. ( Centro Operativo Aereo Unificato) dove il funzionario forestale era responsabile della valutazione degli interventi aerei, i C.O.R ( Centro operativo regionale ) collocato presso gli uffici del Corpo ed i vari centralini di raccolta di avvistamento dell’incendio. Una struttura calibratasi nel tempo con l’esperienza maturata sul campo.
Il legislatore, quando ha stilato il provvedimento di assorbimento e di spacchettamento dei compiti e delle competenze del Corpo Forestale dello Stato, ha operato con leggerezza non avendo la conoscenza delle differenti particolarietà tra la Forestale e l’Arma.
Nello specifico, il legislatore, non ha previsto che i mezzi aerei acquistati per l’attività di contrasto agli incendi boschivi e quindi facenti parte dei contingenti facenti capo, nei registri dell’Ammini- strazione Statale e che quindi il personale dell’Arma non poteva utilizzare i mezzi trasferiti non avendo l’abilitazione a pilotare gli elicotteri assegnati al Corpo.
Volare nelle valli strette o nelle gole con un secchio pieno di acqua e di ritardante richiede corsi specifici e molte ore di volo. Riempire, in volo, il secchio con acqua e ritardante e volare con questa appendice fino al luogo dell’incendio , sganciare, secondo le indicazioni del D.O.S. il liquido trasportato e ripetere detta operazione per molte ore necessita di un brevetto di abilitazione particolare.
L’assicurazione stipulate, per ogni elicottero, non prevedeva l’utilizzo da parte di personale non abilitato.
Le problematiche degli incendi boschivi sono da ricondurre alla dislocazione dei reparti operativi dei Vigili del Fuoco che sono presenti presso ogni capoluogo di Provincia, mentre gli incendi boschivi si verificano nei territori distanti dai centri abitati con una popolazione di qualche decina o poche centinaia di abitanti ma con una valenza elevatissima dal punto di vista della qualità della vita anche a livello nazionale, della biodiversità floro-faunistica nonché del consolidamento dei versanti collinari e montani per un contrasto alle frane e agli smottamenti.
Dal momento dell’avvistamento dell’incendio alla comunicazione ad un centro di raccolta, (attualmente il numero telefonico è di difficile memorizzazione ) al trasferimento della richiesta di intervento ai Vigili del Fuoco passa un notevole lasso di tempo a cui si deve aggiungere quello necessario a che dal capoluogo di Provincia la squadra di primo intervento giunga sul luogo dell’incendio; altro tempo trascorre per provvedere ad organizzare una specifica attività di intervento che varia a secondo delle tipologie di incendio. La conoscenza dell’orografia del territorio, della tipologia del soprassuolo, della sentieristica, della tipologia del microclima del luogo, della pedologia,delle problematiche delle inversioni termiche le quali determinano la impossibilità di lasciare senza un controllo notturno la zona dell’incendio boschivo con un conseguente riaccendersi dei focolai che comportano un ritardo nelle operazioni di spegnimento, dovrebbero essere il bagaglio culturale di ogni singolo Vigile del Fuoco come lo era per i Forestali.
I tempi di intervento, determinati dalle distanze tra il luogo di partenza ed il luogo dell’incendio, hanno inciso fortemente sullo sviluppo del fuoco determinando la necessità di un elevato numero di ore lavorative sia per i mezzi aerei che per le squadre antincendio della protezione civile, il tutto mentre i Forestali dirigevano il traffico lungo le strade.
Con la Forestale i gruppi di pronto intervento comunali erano preparate attraverso corsi appropriati, diretti e coordinati dal personale Forestale del Comando Stazione.
Gli interventi sono passati da 40.000 del 2016 ai 85.000 del 2017.
Il numero delle aree percorse dal fuoco è rimasto pressocchè costante ( anni 2016- 2017) mentre sono aumentate esponenzialmente le superfici percorse dal fuoco.
Il danno economico riguarda il valore dei soprassuoli bruciati, il costo per ripristinare i luoghi, il danno all’ambiente, alla qualità dell’aria e alla qualità della vita locale e delle località limitrofe, al danno storico e paesaggistico, senza dimenticare che, in tal modo si vengono a perdere tutti gli anni necessari per tornare alla stessa età di vegetazione .
Quantificare in euro la sommatoria di tutti i danni e delle conseguenze porta sicuramente ad una cifra con molti zero per ettaro percorso dal fuoco
Tutto questo in contrasto con la delega del Parlamento riguardante il risparmio di spesa pubblica.
La Forestale spegneva gli incendi boschivi a Km. 0.

Filippo Aldini

Per quanto riguarda la parte elicotteri la pubblica amministrazione paga un tot per la disponibilità dei mezzi nelle varie basi, con determinati periodi ed orari operativi e con un minimo di ore di volo garantite, sia che vengano volate o meno. Poi, solo dopo che il monte ore garantito sia stato superato subentra il pagamento di ore in eccedenza ma a prezzo decisamente inferiore alle prime. Da ciò, in linea di massima ( non tutti i contratti sono uguali ) la convenienza economica dell’azienda sta nel volare il meno possibile e non nel volare più che si può anche perchè, con l’accumularsi delle ore volate subentrano anche altri costi che riguardano le manutenzioni cicliche da fare nel corso del contratto che impongono sostituzione di mezzi, spostamenti di mezzi e di personale, riducendo il margine di utile. Utile che è logicamente meritato per le aziende che hanno investito capitali non da poco per mettere su una organizzazione certificata che gestisce gli aeromobili secondo ferree normative europee. Sulla base di quanto sopra ritengo che ricercare nell’attività dei privati che operano con elicotteri nell’antiincendio una delle cause dei roghi sia fuorviante o quantomeno non rispondente alla realtà. Credo che sia un ragionamento di buon senso affermare che sarebbe preferibile che i boschi non bruciassero, anzi, fossero migliorati, aumentati, tutelati al meglio, non foss’altro perchè in poche ore o giorni, va in fumo ciò che la natura ha sviluppato in decenni e secoli. Ed altrettanto tempo occorrerà per riportare allo stato iniziale ciò che il fuoco ha distrutto. Ciò rappresenta un danno di portata immensa per una miriade di considerazioni che vanno dal dissesto idrogeologico all’inquinamento, alla perdita di fruibilità dei territori per numerose attività, anche solo turistiche. La lotta gli incendi boschivi deve essere prima di tutto la soppressione dell’evento, la minimizzazione del danno, dopo che la sorveglianza condotta pur con la massima attenzione non ha prodotto il risultato di non far accendere il fuoco! E questo è possibile solo con mezzi e persone dispiegate capillarmente sul territorio, addestrate e motivate, attrezzate con mezzi idonei. Se per un incendio di qualche ettaro possono essere impegnate anche centinaia di persone e decine di mezzi terrestri o aerei, per le indagini utili ad individuare cause ed eventuali colpevoli lo stesso evento richiede poche unità, specializzate ed esperte nell’analisi e nella individuazione di eventuali colpevoli. Il CFS ha da sempre svolto entrambe i compiti con la massima diligenza in passato, tanto sopprimendo il fuoco, quanto individuando eventuali responsabili ed assicurandoli alla giustizia. Oggi migliaia di persone del CFS sono state private della loro esperienza e conoscenza per creare una forza che svolge il solo compito di Polizia, prima e dopo l’incendio, lasciando una voragine operativa nella fase essenziale dell’evento che è lo spegnimento, rovesciato sulle spalle dei VVF che, sotto organico e privi dei presidi capillari sul territorio di cui godeva il CFS, danno il meglio delle loro possibilità senza ottenere sempre il risultato sperato. E poco conta se, alla fine, viene individuato il solito ragazzino irrequieto che accende il fuoco per animare la zona con elicotteri e sirene o se le fiamme sono partite dal pentolone della salsa di pomodori fatta in casa perchè in entrambe i casi non ci sarà condanna o sanzione che potrà restituirci quel bosco o ripagare ciò che abbiamo speso per quell’incendio in fatica, rischi, soldi.

ALBERTO BERTI

CARTA CANTA E VILLAN TAGLIA

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 Antonella Giordanelli – Dovremo chiedere l’intervento dei Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale per fermare l’ecatombe dei millenari testimoni viventi della civiltà rurale e dell’olivicoltura preistorica del Salento, distrutti alla luce del sole senza che neanche una schedatura ne tramandi la memoria storica quando in ogni museo archeologico viene repertato e custodito religiosamente ogni coccetto di terrcotta? A che servono decenni di tutele legislative impresse sulla cellulosa?
 
Decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475. Divieto di abbattimento di alberi di olivo.
 
Costituzione 1 gennaio 1948 Articolo 9. La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione
Legge nazionale n. 144/1951 E’ vietato l’abbattimento degli alberi di olivo oltre il numero di cinque ogni biennio. Il divieto riguarda anche le piante danneggiate da operazioni belliche o in stato di deperimento per qualsiasi causa, sempre che possano essere ricondotte a produzione con speciali operazioni colturali.
Il prefetto, in deroga al divieto, in seguito ad accertamenti compiuti dall’Ispettorato provinciale dell’agricoltura e su conforme parere del Comitato provinciale dell’agricoltura autorizza, con proprio decreto, l’abbattimento di alberi di olivo quando sia accertata la morte fisiologica della pianta e la permanente improduttività o scarsa produttività dovuta a cause non rimovibili; quando l’eccessiva fittezza dell’impianto rechi danno all’oliveto; quando l’abbattimento si renda indispensabile per l’esecuzione di opere di miglioramento fondiario o di pubblica utilità.
 
Dpr 10 giugno 1955, n. 987legge 24 novembre 1981, n. 689. misure di salvaguardia e autorizzazioni per intervenire sugli alberi tutelati
 
Direttiva 2001/42/CE per piani e programmi,compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale viene effettuata una valutazione ambientale per i settori AGRICOLO e FORESTALE che deve essere effettuata durante la fase preparatoria del PIANO o del PROGRAMMA ed ANTERIORMENTE alla sua adozione o all’avvio della procedura legislativa e deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull’ambiente.
 
Legge regionale n. 14/2007 la Regione Puglia tutela e valorizza gli alberi di ulivo monumentali, anche isolati, in virtù della loro funzione produttiva, di difesa ecologica e idrogeologica nonchè quali elementi peculiari e caratterizzanti della storia, della cultura e del paesaggio regionale.
Nel periodo intercorrente la pubblicazione definitiva dell’elenco degli ulivi monumentali di cui all’art. 5 , e comunque per non più di tre anni, è vietato su tutto il territorio regionale il danneggiamento, l’abbattimento, l’espianto e il commercio degli ulivi plurisecolari
L.R. n. 36 del 2011 modifica il su indicato articolo sopprimendo le parole e comunque per non più di tre anni. (Tutela degli ulivi monumentali) Con la pubblicazione definitiva dell’elenco, gli uliveti monumentali sono automaticamente sottoposti a vincolo paesaggistico in quanto assimilati a beni diffusi del paesaggio e come tali devono essere individuati negli strumenti urbanistici comunali. Per essi saranno previste adeguate forme di valorizzazione. Ad ogni ulivo monumentale é attribuito un codice di identificazione univoco, anche nel caso in cui quest’ultimo ricada in uliveto monumentale. Gli uliveti monumentali sono sottoposti alle prescrizioni del Piano urbanistico territoriale tematico per il paesaggio.
L r.4 giu 2007 la tutela degli ulivi non aventi carattere di monumentalità resta disciplinata dalla legge 14 febbraio 1951, n. 144 (Modificazione degli articoli. 1 e 2 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475, concernente il divieto di abbattimento di alberi di ulivo), e dalle norme applicative regionali.
 
D.lgs. 63/2008 introduce nella categoria delle cose immobili gli alberi monumentali che, in quanto beni paesaggistici, fanno parte del patrimonio culturale nazionale quindi il “vincolo paesaggistico” ne impedisce l’alterazione o l’abbattimento.
 
GU n. 268 del 18/11/2014 è pubblicato il D. Min. Politiche Agricole, Alim. e Forest. 23/10/2014, in attuazione dell’art. 7, comma 2, della L.14/01/2013, n. 10- stabilisce le modalità per il censimento degli alberi monumentali ad opera dei comuni e per la redazione ed il periodico aggiornamento da parte degli stessi e delle regioni di appositi elenchi, prevedendo l’istituzione di un elenco degli alberi monumentali d’Italia gestito dal Corpo forestale dello Stato. Il tutto, con l’obiettivo di ricondurre ad una maggiore omogeneità l’approccio al riconoscimento e alla selezione degli esemplari monumentali, nonché l’archiviazione del dato informativo, fermo restando che le Regioni sono tenute a recepire a livello legislativo – ai sensi dell’art. 7, comma 3, della citata L. 10/2013 – la definizione di “albero monumentale” fornita dall’art. 7, comma 1, della medesima legge. Il decreto in commento individua altresì le misure di tutela e salvaguardia degli alberi monumentali, stabilendo inoltre che per gli elementi arborei sottoposti a provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, per l’abbattimento e per le modifiche della chioma e dell’apparato radicale occorre richiedere l’autorizzazione paesaggistica.
 
Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile n. 318 del 5 febbraio 2016 revoca lo stato di EMERGENZA giunto a naturale scadenza il 06/02/2016 e la Regione Puglia – Osservatorio Fitosanitario assume la piena ed esclusiva responsabilità della gestione ORDINARIA della lotta alla Xylella fastidiosa.
 
DECRETO LEGISLATIVO 19 agosto 2016, n. 177. Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato assegna la dott. Angela Farina responsabile dell’elenco degli alberi monumentali al Minpaaf a partire dal 1 gennaio 2017,
 
Legge regionale 29 marzo 2017, n. 4 “Gestione della batteriosi da Xylella Fastidiosa nel territorio della regione Puglia” dispone:
“non si procede alla rimozione degli alberi di cui all’articolo 2 della legge regionale 4 giugno 2007, n. 14 (Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia) bensì si adottano misure di isolamento delle piante dal relativo contesto. La Giunta regionale promuove tutte le iniziative volte ad aggiornare l’elenco degli ulivi e degli uliveti monumentali di cui all’articolo 5 della l.r. 14/2007 Secondo la L r.4 giu 2007 la tutela degli ulivi non aventi carattere di monumentalità resta disciplinata dalla legge 14 febbraio 1951, n. 144 (Modificazione degli articoli. 1 e 2 del decreto legislativo uogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475, concernente il divieto di abbattimento di alberi di ulivo), e dalle norme applicative regionali.
 
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 05 settembre 2017, n. 1413 ha aggiornato l’elenco degli ulivi monumentali regionale alla data del 31/12/2016, che ammontano ad un complessivo di 340.327 unità censite e propone l’approvazione provvisoria di ulteriori 423 unità di cui la Commissione Tecnica ha proceduto alla validazione nella seduta del 14 luglio 2017.
 
GU 4 ottobre 2017 è istituita presso il Mipaaf la Direzione Generale delle Foreste, avente competenze istituzionali in materia di politiche forestali nazionali ed europee, tutela degli alberi monumentali, cites, traffico illegale di legno, misure per la biodiversità, coordinamento di tutte le filiere del bosco ed educazione forestale.
 
Eliana Fanelli – Dopo aver ricevuto le notifiche di abbattimenti degli ulivi presunti infetti alcuni proprietari hanno presentato un RICORSO al TAR di BARI che ha accettato la sospensiva e chiesto alla REGIONE PUGLIA una relazione con relativa documentazione dell’iter di monitoraggio, campionamento e analisi, ossia dalla rilevazione GPS, foto, taglio dei rami (da effettuarsi in alto e ai 4 venti), all’imbustamento, trasporto, consegna e analisi. Entro il 20 di agosto la regione avrebbe dovuto consegnare la documentazione e il 6 di settembre il Tar si sarebbe dovuto pronunciare. Passano giorni, per la precisione 11 (solitamente arriva dopo 2 massimo 3 giorni) e il 17 di settembre veniamo a sapere che il Tar ha rinviato ulteriormente, 17 di ottobre, per inadempienza della Regione che ha saputo produrre qualcosa solo per 1 albero.
Nel frattempo viene modificata la nuova legge regionale la n. 4 del 2017, l’articolo 8 viene stravolto: i monumentali se infetti vanno abbattuti; l’UE rinvia la decisione in merito al tanto bramato sblocco del reimpianto che vede la Coldiretti in prima linea e tutte le forze politiche, anche il movimento 5 stelle, compatte nel chiedere lo sblocco.
Riprendono gli abbattimenti coatti ad Oria. Si parla di diffusione del batterio eppure le mimose selvatiche sono ancora lì, in terreno demaniale nonostante l’incendio avvenuto una ventina di giorni fa.
La cosa che colpisce sono le date : 17 ottobre per il Tar e il 18 l’UE.
E in mezzo c’è stato il miracolo dei campionamenti superveloci . .
Questo è il quadro della situazione e di quanto sia importante difendere quegli ulivi.
In questi mesi sono stati inviati esposti alla Procura di Brindisi, i primi nel 2015, e nulla si muove. Se un popolo esiste ancora, è giunto il momento che si faccia sentire. Era il 2015 e l’allora Corpo Forestale sotto il comando del Generale Silletti distruggeva centinaia di ulivi plurisecolari. 2018 si sacrificheranno 1.500 ulivi anche plurisecolari alla mafia Xylella.
Oggi come allora silenzio mentre si distrugge un patrimonio paesaggistico inestimabile. Nella terra di RENATA FONTE questo accade. Se un popolo c’è è il momento che si svegli. Sono i nostri ulivi.
#difendiAMOgliulivi
#oriaresiste
 
Luigi Russo – Abbiamo consultato i legali che collaborano con il Popolo degli ulivi già dall’inizio di questa folle vicenda degli abbattimenti degli ulivi, in particolare il prof. Nicola Grasso, che ci ha immediatamente detto che la prima cosa che bisogna fare è evitare di abbattere volontariamente gli ulivi. Infatti ci sono ampi margini di manovra per fare ricorsi e bloccare questa inutile mattanza. Mai nessuno ha dimostrato che abbattendo gli alberi di ulivo che dovessero risultare positivi alla xylella questi abbattimenti sarebbero efficaci; peraltro la xylella è presente in tutta Europa, quindi che senso hanno le misure di quarantena solo nel Salento? Mai nessuno ha dimostrato seriamente, con il rispetto del metodo scientifico, che la xylella provoca i disseccamenti. C’è però una ragione ancora più importante, secondo Grasso, da tenere presente in questa circostanza, ed è il fatto che il decreto che impone gli abbattimenti presenterebbe profilo di incostituzionalità (in particolare una violazione della normativa sulla difesa e sulla salvaguardia del paesaggio) e quindi chi abbatte, che sia Arif o il privato, rischia di incappare in un reato penale. Per cui prudenza e sangue freddo. Non facciamoci intimorire dalle fandonie e dalle fobie indotte da quelli della setta #stasiccatuttu che, come al solito, non rischiano nulla a provocare allarmismi negli altri; non prestiamo ascolto alle fake news che spingono, anche inconsciamente, a compiere dei reati. Prendete contatti con quelli del Popolo degli ulivi che vi metteranno in contatto con i legali che conoscono perfettamente tutte le falle di questi decreti.
Alfredo Fasiello – Emiliano può dire tutto quello che vuole, la Bei può finanziare Tap anche per 100 miliardi di Euro, il governo può fare tante leggi a favore della multinazionale, il Tar può emettere quante sentenze vuole firmate da Patroni-Griffi col il marchio degli azeri, ma a noi popolo ce ne può fregar di meno, la Tap non la vogliamo e non la faremo fare…..iti capitu o no?
NOUS SOMMES NOTAP
 
Enzo Suma – Brutti giorni sono questi per chi ama gli ulivi. Una settimana fa sono arrivate le prime notifiche di abbattimento ai proprietari degli ulivi considerati positivi al batterio Xylella. Tra Ostuni e Martina per 5 ulivi “positivi” che non presentano nessun sintomo di disseccamento devono essere abbattuti circa 200 ulivi, entro 15 giorni dalla notifica. E sulla strada dei colli di Ostuni verso Casalini dove di ulivi positivi sono 11 potete immaginare che gli ulivi da abbattere sono molti di più. La legge in vigore prevede ancora oggi il taglio di tutti gli ulivi ANCHE SANI nel raggio dei 100 metri da quello infetto e anche delle altre piante ospiti (che sono tante e molte della macchia mediterranea). Una barbara e inutile legge. Anziché mettere in atto politiche di convivenza con il batterio e la malattia si corre dietro a una misura da medioevo.
Cisternino, c.da acquarossa:oggi ha avuto inizio l’opera di distruzione del paesaggio della Valle d’Itria. Le operazioni continueranno ininterrottamente nei prossimi giorni. Un migliaio di ulivi verranno abbattuti e il paesaggio verrà inevitabilmente e silenziosamente cancellato. Per tutto questo dobbiamo ringraziare la legge della Regione Puglia che impone il taglio di TUTTI gli ulivi anche SANI presenti nel raggio di 100 metri da quello infetto. Una legge che devasta il paesaggio che non risolve e non aiuterà minimamente a risolvere il problema della Xylella e della malattia degli ulivi. Una legge da cambiare assolutamente. In tutto questo la politica dov’è?

Popoli, lupi, mastini …e ibridi

Popoli, mastini, lupi.png

Piano Lupo? No Piano Mastino!
Tre problemi per una soluzione ovvero una triangolazione che potrebbe essere funzionale ad affrontare le emergenti problematiche riguardo ai progetti di tutela del LUPO in sinergia con gli esperti della Forestale e il Servizio cinofili dei CC.

1)Il lupo italico è stato riconosciuto come sottospecie unica al mondo e pertanto ne va rafforzata la tutela, di contro vi è uno strumentale allarme lupo tra gli allevatori su presunti danni che questa specie, sull’orlo dell’estinzione negli anni ’80, potrebbe portare alle greggi lasciate incustodite al pascolo.
2)Storicamente la situazione di pericolo fu brillantemente superata nella zona che ha goduto senza soluzione di continuità la presenza del lupo e dei cani da guardiania, attraverso appunto quella che con felice espressione fu definita da Franco Tassi, direttore del Parco d’Abruzzo, “arma bianca”.
La zona appenninica dove sono naturalmente endemici lupi e cani antilupo coincide con le zone colpite da eventi sismici negli ultimi anni che necessitano quindi da parte delle Regioni Abruzzo, Marche, Umbria di un rilancio economico-sociale.
3) L’enorme Riserva naturale in Comune di Popoli (Pescara) versa in una situazione ben nota al dott. De Laurentis (vicecomandante del CUTFAA) che se ne occupò personalmente all’epoca della trasformazione dell’Agenzia forestale.

3’) Fino agli anni ’80 era un centro di allevamento di animali domestici della Forestale. Poi, per varie vicissitudini amministrative, dovute a intrecci di competenze tra diversi ministeri ed enti locali, è rimasta in un limbo perché poco chiaro chi fosse il gestore, il proprietario, e chi o cosa si potesse farne; se non alcune porzioni che sono state usate come centro faunistico e per il recupero della fauna selvatica in linea con i compiti di tutela ambientale del CFS (il centro divenne famoso grazie a una forestale che fece la sua carriera curando i lupi, uno dei quali venne salvato ed allevato col biberon come un figlio).
Da allora, il tutto è rimasto inutilizzato e semi abbandonato, per vari decenni, e quello che rimane è un “centro visita lupo” con animali selvatici tenuti in gabbie, gabbioni e grossi recinti dove si fa(ceva) anche educazione ambientale, gestito dalla cooperativa privata “Il Bosso” legata al WWF locale.
A seguito delle recenti vicissitudini del CFS, il comune di Popoli (dove sorge la struttura) e la locale Riserva regionale delle Sorgenti del Pescara, gestita dal Comune stesso, hanno attenzionato tali strutture, per gestirle loro, puntando anche alla Riserva statale di Monte Rotondo3 di cui s’è sempre occupato il CFS fintanto la sua esistenza. Mancano informazioni precise riguardo la attuale situazione gestionale ed amministrativa, e le competenze delle strutture ad oggi ancora insistenti nell’area, ma il Comune ha già dato l’utilizzo di alcuni locali del complesso, in passato.
La Forestale oggi potrebbe finalmente rimettere in chiaro le attribuzioni e prendere possesso e gestione di territorio e strutture così da riproporre e rilanciare il centro ormai chiuso o ridotto ad essere quasi inutilizzato, finalizzandolo sia per la conservazione della natura sia per la ricerca e l’educazione ambientale
– riorganizzando un’area faunistica legata al Parco nazionale Majella, alla Riserva Statale Monte Rotondo e alle varie aree protette locali che insistono nei dintorni.
– promuovendo le attività turistiche e di educazione ambientale legate alle strutture per Area faunistica e per il recupero della fauna selvatica,
– fungendo da polo di ricerca e didattica per tecnici ambientali e faunistici anche in collaborazione con altri enti di formazione, corsi di laurea, scuole, etc…
– sfruttando la vastità delle superfici scoperte e coperte a disposizioni per una rimessa dei mezzi antincendio boschivo di terra, vista la posizione strategica verso l’Abruzzo interno.
-riprendendo una gestione più conservativa della riserva, la cui pineta è stata sottoposta, almeno negli ultimi anni, a tagli boschivi molto intensi; quando invece potrebbe essere una riserva integrale o con maggiori superfici preservate dal disboscamento ove si possa fare didattica ed educazione ambientale e mostrare come il lavoro del Corpo Forestale nei secoli scorsi è servito per il recupero dell’ambiente e la riforestazione delle zone più degradate d’Italia.
– Il dott. Kevin Cianfaglione dell’Università di Camerino, ha proposto anche un centro sperimentale ecologico e culturale riguardo la gestione e l’importanza dei rimboschimenti a livello ambientale, storico, culturale, paesaggistico e per la qualità della vita. Un laboratorio dove studiare iniziative gestionali e per il coinvolgimento delle genti locali, per cercare soluzioni risolutive od attenuative del conflitto tra popolazione ed istituzioni nel quadro della conservazione della natura.

1’) Inoltre in considerazione della posizione geografica, della vocazione culturale e della vastità della zona si potrebbe creare un centro unico nel suo genere dove gli ibridi di lupo potessero essere studiati in una situazione di semilibertà o ancor meglio essere restituiti alla vita selvatica nel loro branco, magari dopo essere stati sterilizzati. Purtroppo sul lupo ricade la colpa dell’ibrido, benché comunque nel giro di due generazioni torni lupo. Il problema è etologico: nell’ibrido risiede un concetto di preda ancora allo stato ludico, confonde gioco e istinto predatorio e uccide più del necessario, come tutti i cani appartenenti a ceppi impropriamente definiti “primitivi”; il lupo, per un principio ergonomico, per un istinto predatorio maturo e definito, uccide per quanto gli serve e basta, aggredendo la preda più debole. Purtroppo però gli ibridi pagano un vuoto normativo (e scientifico) che li condanna alla mancanza di uno specifico status giuridico e quindi a non usufruire né della protezione del lupo, né dei diritti dei cani. Quindi, quando catturati, non vengono rimessi in libertà e sono invece imprigionati in condizioni peggiori dei canili, mentre sono etologicamente lupi a tutti gli effetti: sarebbe necessario un esame comportamentale che possa prescindere dal DNA, perché un modello comportamentale non necessariamente segue sempre la genetica. Di norma si. Ma non sempre.
Il fatto è che i lupi di 30 anni fa erano invisibili (pochi, ma invisibili), e bisogna che non perdano la loro miglior difesa verso l’uomo: la paura.

2’) Ugualmente l’uomo non deve perdere i suoi tradizionali canoni di convivenza con i predatori naturali dei suoi animali domestici..
Grazie alle specifiche competenze degli istruttori del servizio cinofili presenti all’interno dei Carabinieri si potrebbe valorizzare l’unico vero cane da guardiania, il mastino abruzzese, che ancora si riproduce al brado sulle montagne appenniniche e costituisce vera eccellenza italiana che potrebbe riscattare l’economia rurale delle zone terremotate. Gli abitanti dei comuni montani hanno nei loro cani più che nelle loro greggi, la ricchezza e la cultura atta a superare e correggere la confusione ingenerata dall’ENCI accumunando due razze differenti: l’una del pastore abruzzese selezionata sul campo, col gregge, l’altra del pastore maremmano selezionata in base a criteri puramente morfologici estetici ormai da molte generazioni.
Per salvare i lupi occorre smascherare la deleteria regalia elargita dallo Stato, a spese dei cittadini, ad allevatori alpigiani e toscani di INUTILI pastori maremmani selezionati e venduti da cinofili privati che del cane da guardiania hanno solo il colore bianco, quando bisognerebbe che gli imprenditori che vogliono guadagnare allevando bestiame tornassero a LAVORARE stando in montagna con le greggi e i MASTINI ABRUZZESI, la cui mole di 60 kg scoraggia l’attacco di qualsiasi lupo il cui peso va dai 25 kg delle femmine al massimo dei 35 kg del maschio dominante.
Questo a tutela del patrimonio dello Stato e della giustizia sociale nell’erogazione dei fondi pubblici.
Antonella Giordanelli